CHI E’ DENIS PROKOPENKO, L’EROE COMANDANTE DEL REGGIMENTO AZOV DI MARIUPOL
LAUREATO IN LINGUE, LA SUA FAMIGLIA FU STERMINATA DAI RUSSI, NONNO FINLANDESE COMBATTENTE CONTRO I RUSSI… DENIS E’ UNO CHE NON DIMENTICA E NON SI ARRENDERA’ MAI
Da quasi due mesi il tenente colonnello Denis Prokopenko, il comandante 30enne del Reggimento Azov asserragliato nell’acciaieria dell’Azovstal, è ufficialmente, un “eroe”.
Bell’impresa, quella dei russi a Mariupol: non solo vogliono festeggiare il grande successo della conquista di una città che non esiste più, perché l’hanno trasformata in un cimitero di anime e macerie; ma volevano “denazificare” l’Ucraina partendo dal loro nemico pubblico numero uno, i soldati del Reggimento Azov e invece li hanno trasformati in eroi.
Se non fosse asserragliato nel ventre dell’acciaieria Azovstal, Prokopenko avrebbe appuntata sulla giacca militare di comandante del Reggimento Azov la medaglia dell’Ordine della stella d’oro. Gliel’ha conferita il presidente Volodymyr Zelensky, ed è un altro bel successo di questa Armata rossa che sembra una riedizione delle Sturmtruppen di Bonvi, per quanto è maldestra.
Nel 2019, quando il presidente ucraino gli conferì la Medaglia dell’Ordine di Bohdan Khmelnytsky per “il contributo personale allo sforzo di rafforzare le capacità della Difesa nazionale”, per il “coraggio mostrato durante le ostilità” e “l’esemplare adempimento delle sue funzioni e l’elevato grado di professionalità”, lui gli rifiutò platealmente il saluto militare. Impassibile e marziale, impettito e sfrontato.
Nulla di politico, noi non facciamo politica, disse poi Azov di fronte alle polemiche per quel gesto.
Il loro regolamento, dissero, impedisce di offrire il saluto militare ai civili, politici compresi. Che Zelensky non amasse questo reggimento politicamente orientato a destra, nazionalista e per niente conciliante con le cose della politica e i compromessi di governo, è noto.
Eppure sono tanto geniali nella loro strategia, i russi, che il 19 marzo il presidente umiliato gli ha conferito una medaglia ben più prestigiosa: il titolo ufficiale di “Eroe ucraino” con l’Ordine della Croce d’Oro “per il coraggio personale e l’eroismo mostrato in difesa della sovranità statale e dell’integrità territoriale dell’Ucraina, e per la fedeltà al suo giuramento militare”.
E intanto Prokopenko, che i suoi commilitoni chiamano “Redis”, è stato appena promosso tenente colonnello. Laureato in Lingue nel dipartimento di Filologia germanica dell’università di Kiev, noto ultrà della Dinamo Kiev, sposato con Kateryna – una ragazza che oggi è fuggita in Italia – il comandante del Reggimento Azov di sicuro combatte ciò che odia: la sua famiglia di origine fu sterminata dall’Armata rossa nella guerra russo-finnica del 1939.
Il nonno, che viveva in Carelia quando era finlandese, combatteva contro i russi e fu l’unico a sopravvivere. Dopo la pace, la Carelia fu annessa all’Unione sovietica. E Denys non è uno che dimentica.
Corsi e ricorsi della Storia: lui replica le gesta del nonno da là dentro, dall’Azovstal. Mentre tutta l’Ucraina freme per il dramma di Mariupol, Prokopenko di tanto in tanto parla al Paese e al mondo con brevi messaggi video. Impassibile, marziale: “Sono già 70 giorni – dice nell’ultimo video pubblicato mercoledì – che la guarnigione di Mariupol sovrastata numericamente respinge da sola le forze nemiche. Stiamo difendendo l’Azovstal, è già il secondo giorno che i nemici entrano nel perimetro della fabbrica, sono in corso combattimenti difficili e sanguinari. Sono orgoglioso dei miei soldati che per fermare i nemici compiono sforzi che vanno oltre le capacità umane. Ringrazio l’intero mondo per il supporto colossale alla guarnigione di Mariupol, i nostri soldati lo meritano. La situazione è estremamente difficile, ma nonostante tutto continuiamo ad eseguire l’ordine di mantenere le linee”.
Mangiano zuppe e bevono acqua dei macchinari, eppure niente, non si arrendono.
Gli piove in testa una quantità di missili e bombe che così concentrati si sono visti raramente, nella storia, e non si arrendono.
Il coraggio e l’abnegazione con cui combattono là sotto, difendendo e proteggendo i civili che si erano rintananti nell’acciaieria, lo rivedremo al cinema.
Così non c’è un solo ucraino, oggi, che non li consideri eroi.
In Italia invece continuano a essere considerati ben altro: nei social, e spesso anche nei talk show, vengono definiti “neonazisti” e talvolta “mercenari” o volontari, anche se di fatto il reggimento Azov è integrato da molti anni nei ranghi ufficiali della guardia nazionale ucraina che dipende dal ministero degli Interni.
Ogni volta che affronti l’argomento qui in Ucraina, ti guardano come un pazzo o come un alieno provocatore. “Ma cosa c’entrano i nazisti? Non vedi che i nazisti sono gli orchi?” (chiamano così gli invasori). “Il nazista è Putin, e invece Lavrov dà del nazista a Zelensky e voi italiani vi accodate e date del nazista agli eroi di Mariupol?”, dice Viktor durante l’ultima manifestazione dei parenti, martedì in piazza Majdan a Kiev: suo fratello “ha perso le gambe in guerra, ma non so più nemmeno se sia vivo o morto. Era ricoverato in ospedale ma lo hanno bombardato di nuovo”.
Certo, il battaglione nato nel 2014 raggruppando i volontari disposti a correre al fronte per massacrare i filorussi che si erano presi un pezzo di Ucraina era decisamente orientato verso una destra estrema, come riferimenti… “culturali”. Le rune, l’antica mitologia comune a quella nazista, i simboli che ancora oggi richiamano la svastica. Non è un mistero che molti, moltissimi dei combattenti di Azov siano ideologicamente di destra
Ma il Reggimento Azov, figlio di quel battaglione di volontari, è ormai da anni un raggruppamento militare ufficiale, non il braccio armato di un’ideologia estremista.
Per tutti, qui, anche per chi è politicamente lontano dall’estrema destra, quegli uomini che combattono e muoiono nell’Azovstal sono patrioti e sono eroi.
(da agenzie)
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