“COME MI LIBERO DI TRUMP?”: NEGLI USA SI TORNA A PARLARE DI IMPEACHMENT
MA NON SI ESCLUDONO ALTRE VIE
Ogni giorno lo scontro politico che si sta consumando nel cuore delle istituzioni americane raggiunge un nuovo picco.
Di drammaticità o di schizofrenia, a seconda di punti di vista mai così polarizzati come nell’era di internet, delle fake news e del rovesciamento dell’algoritmo che ha smesso di fare della grande stampa americana un potere pressochè incontrovertibile.
Così oggi ci si interroga sul futuro del presidente americano Donald Trump, con nuove voci che chiedono l’impeachment, prospettiva come vedremo molto improbabile.
Il tutto mentre gli oppositori del presidente cercano altre vie per “liberarsi di Trump”, e l’attivista e regista Michael Moore annuncia un documentario esplosivo che – promette – segnerà la fine di The Donald.
“Can he survive?”. Se lo chiede, drammatizzando un po’ i toni, l’HuffPost Usa dopo l’ultima rivelazione del New York Times secondo cui Trump avrebbe chiesto all’ormai ex capo dell’Fbi James Comey di fermare l’indagine sul suo ex consigliere per la Sicurezza nazionale Michael Flynn.
Il titolo riassume un clima di incertezza alimentato dagli ultimi colpi di scena su Russiagate e guerra degli 007, un clima in cui si torna a parlare di dimissioni o impeachment del presidente. Per ora si tratta solo di voci isolate, che però sono lo specchio di uno scontro politico sempre più avvelenato ai massimi vertici delle istituzioni americane.
A tracciare un’altra via con cui “liberarsi di Trump” è il NyTimes, che in un editoriale a firma di Ross Douthat evoca la “soluzione del 25° emendamento”, in cui si affronta il tema della successione alla presidenza stabilendo le procedure.
Scrive il quotidiano:
“La presidenza non è un incarico come un altro. È diventata, per buone e cattive ragioni, un posto politico semi-monarchico, dove si è sottoposti a inimmaginabili pressioni, e al quale spettano decisioni che possono avere impatto sul mondo”, afferma Douthat, sottolineando che “non c’è bisogno di essere un supereroe per arrivare ad avere questa responsabilità . Ma servono degli attributi base: un ragionevole livello di curiosità intellettuale, un livello manageriale di base, auto-controllo e competenza”. A Trump questi attributi “mancano tutti, alcuni forse non li ha mai avuti, altri probabilmente si sono atrofizzati con l’età . Ha certamente talento politico, carisma e una certa creatività che manca ai normali politici. Non sarebbe stato eletto senza queste qualità . Ma non sono abbastanza, non possono riempire il vuoto lasciato dalle altre”.
La parola impeachment rimbalza da un sito all’altro nelle ultime ore, anche se resta un’ipotesi molto lontana e improbabile, come spiega ad Abc News Jonathan Turley, professore di Legge alla George Washington University.
Ma qualcosa sta cambiando in seno al partito repubblicano: secondo Politico, i repubblicani a Capitol Hill sarebbero vicini a “un punto di rottura con Trump” dopo le ultime rivelazioni sul suo pressing per bloccare l’indagine sul Russiagate.
Questa volta i repubblicani starebbero privatamente iniziando a preoccuparsi di dover, un giorno, sedersi per giudicare Trump, o che Comey sia in possesso di informazioni ancora più compromettenti al punto da costringere il presidente a dimettersi.
Politico parla di un “distinto spostamento” tra i repubblicani al Congresso, un cambio di atteggiamento da parte di chi, finora, si è trattenuto dal criticare Trump.
Non mancano i segnali ‘in chiaro’ di questa insofferenza.
A cominciare dalla richiesta all’Fbi di consegnare tutti i documenti relativi alle comunicazioni tra il presidente e l’ex direttore dell’agenzia, avanzata da Jason Chaffetz, presidente repubblicano della Commissione di vigilanza della Camera, ovvero la principale commissione investigativa dell’Aula.
Chaffetz ha inviato una lettera all’Fbi poche ore dopo l’articolo del New York Times che ha rivelato che Trump avrebbe chiesto a Comey di bloccare le indagini sui rapporti tra l’ex consigliere per la Sicurezza nazionale, Michael Flynn, e i russi.
Una richiesta supportata dallo speaker della Camera, Paul Ryan, secondo cui “è necessario fare chiarezza su tutti i fatti”.
Il deputato repubblicano Adam Kinzinger ha detto di credere che sia arrivato il momento di istituire una commissione indipendente o di incaricare un procuratore speciale per indagare sui legami tra la campagna elettorale dell’attuale presidente e la Russia.
“Credo che sia il momento di fare il necessario per fare in modo che, quando sarà tutto finito, gli americani abbiano la sicurezza che sia stata fatta giustizia […] È il momento di una commissione indipendente o di un procuratore speciale”, ha detto alla Cnn.
Più dura la posizione del repubblicano John McCain. “Abbiamo già visto questo film, sono state raggiunte le dimensioni e la scala del Watergate, ogni due giorni c’è una nuova rivelazione”, ha commentato l’anziano senatore della vecchia guardia che in questi mesi ha più volte preso posizioni critiche nei confronti di Trump.
Parlando con Bob Schieffer, il famoso ex conduttore di Face The Nation, show politico della Cbs, l’ex candidato alla Casa Bianca ha dato a Trump lo stesso consiglio “che lei diede a Richard Nixon e che lui non seguì: fai chiarezza su tutto, non finirà fino a quando ogni aspetto sarà esaminato a fondo e gli americani potranno dare il loro giudizio. E più si rimanda, più la cosa si fa lunga”.
A chiedere apertamente l’impeachment è il senatore indipendente Angus King, secondo cui le rivelazioni contenute nel memorandum di Comey al centro dello scoop del NyTimes rasentano “la definizione legale di intralcio alla giustizia” e potrebbero giustificare una procedura di impeachment.
“Se è vero e confermato penso che si avvicini molto alla definizione legale di intralcio alla giustizia”, ha detto King in un’intervista alla Cnn. Il senatore ha aggiunto, rispondendo a una domanda, che questo potrebbe condurre all’impeachment di Trump. “Con riluttanza devo dire di sì semplicemente perchè l’intralcio alla giustizia è un reato grave, e lo dico con tristezza e riluttanza”. King ha aggiunto che la “Costituzione è molto chiara” prevedendo l’impeachment di un presidente in caso di “reati o misfatti gravi”.
Deputati e senatori dell’opposizione democratica sventolano l’ipotesi dell’impeachment ormai da mesi, fin dall’inizio dell’era Trump.
Una circostanza che indica come le voci di impeachment, in realtà , rientrino più nel campo delle strategie politiche che delle prospettive concrete.
Nella storia americana solo due presidenti sono stati oggetto di impeachment: Bill Clinton (1998) e Andrew Johnson (1868).
L’impeachment di Nixon per il caso Watergate fu approvato in Commissione, ma il presidente si dimise prima che l’Aula della Camera potesse votare.
Secondo la Costituzione statunitense, una maggioranza semplice alla Camera potrebbe votare l’impeachment per “tradimento, corruzione o altri gravi crimini o misfatti”.
Serve però poi la conferma con un voto dei due terzi del Senato. Nè Clinton nè Jonhson furono rimossi, perchè se la Camera votò a maggioranza semplice per l’impeachment, la mozione non ottenne il voto favorevole dei due terzi del Senato.
Sia nel caso di Nixon sia nel caso di Clinton uno dei reati contestati ai presidenti era quello di “intralcio alla giustizia”, lo stesso che si comincia a ipotizzare per Trump.
Almeno per ora, Trump di fatto non rischia nulla in un Congresso dominato dal partito repubblicano.
Servirebbe una rivolta di massa del partito contro il presidente, come avvenne nel caso di Nixon, che lasciò proprio per l’impraticabilità politica della sua permanenza alla Casa Bianca.
Per il tycoon, non si tratta in ogni caso di una minaccia imminente: anche con un Congresso desideroso di far fuori il presidente, servirebbero comunque diversi mesi per realizzare una qualsiasi procedura di impeachment.
(da “HuffingtonPost”)
Leave a Reply