“COME POSSIAMO FIDARCI DI QUALCUNO CHE HA VIOLENTATO UNA RAGAZZA DI 14 ANNI? È UN CRIMINALE”. IL CAPO DEL GOVERNO LIBICO RIFILA UNA BORDATA A ROMA: “NON HO CHIESTO IL SUO RILASCIO ALL’ITALIA. L’ITALIA HA SUBITO LE PRESSIONI DI UNA MILIZIA”
LA LIBIA SCARICA ALMASRI E INGUAIA MELONI, DOPO IL NUOVO MANDATO D’ARRESTO PUBBLICATO DALLA CPI PER 12 REATI GRAVI, TRA CUI OMICIDIO, STUPRO E TORTURA, IL PREMIER ABDUL HAMID DBEIBAH HA PRESO LE DISTANZE DAL GENERALE
In attesa che a Roma il tribunale dei ministri decida sui componenti del governo italiano che nel gennaio scorso hanno assecondato il rilascio e il rimpatrio del generale Osama Njeem Almasri, ricercato dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità, adesso è la Libia che mostra di volersi liberare di lui.
Dopo la pubblicazione di un nuovo mandato d’arresto pubblicato dalla Cpi per dodici reati gravi tra cui omicidio, stupro e tortura, il premier Abdul Hamid Dbeibah ha dichiarato di essere rimasto «sorpreso dal rapporto terrificante della Corte penale internazionale; come possiamo fidarci di qualcuno che ha violentato una ragazza di 14 anni? Non posso accettare la presenza del criminale Osama Njeem dopo aver letto ciò che ha scritto la Cpi».
Affermazioni che seguono la ripresa degli scontri tra le forze fedeli a Dbeibah e le milizie che hanno le loro roccaforti a Tripoli (compresa la Rada a cui appartiene Almasri), nonché l’annuncio del premier di voler liberare il Paese dai miliziani
Ma Dbeibah ha voluto fare un riferimento anche alla vicenda che ha coinvolto l’Italia: «Non ho chiesto il suo rilascio dall’Italia, né lo conosco personalmente».
L’esistenza di una richiesta di estradizione di Almasri da parte di Tripoli (accompagnata da una lettera dell’ambasciatore libico a Roma al ministro degli Esteri Tajani subito dopo l’arresto avvenuto a Torino e motivata con le stesse accuse mosse dalla Corte dell’Aia) è una delle ragioni con cui l’Italia ha giustificato alla Cpi la mancata consegna del ricercato.
Ma quando fu riportato in Libia con un aereo dei servizi segreti, il generale fu accolto con scene di giubilo all’aeroporto di Mitiga, non certo come un
prigioniero da processare per fatti tanto gravi. E dopo non è accaduto nulla.
(da Corriere della Sera)
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