COMUNITA’ MONTANE: SU 130 MILIONI DI ENTRATE, 90 VANNO IN STIPENDI AI POLITICI
I COMUNI ASSOCIATI ALLE COMUNITA’ MONTANE RISULTANO ESSERE 4.201, UNO SU DUE, NEANCHE FOSSIMO LA SVIZZERA… 90 MILIONI L’ANNO I COSTI PER PAGARE CONSIGLIERI, ASSESSORI E PRESIDENTI
Ogni tanto se ne parla, ma i costi veri sono pochi a conoscerli. Ci si chiede anche a cosa servano e a cosa vengono destinati i fondi loro assegnati.
Cerchiamo di fare un minimo di chiarezza, sulla base dei dati ufficiali, forniti al Parlamento dall’ Uncem, ovvero dall’Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani.
Già la lunghezza e la pomposità della sigla indica qualcosa: una struttura che poco non costa. Questo organismo riunisce in pratica le comunità montane italiane, con i 4.201 comuni associati che si presume abbiano un riferimento territoriale alla montagna.
In pratica emerge che la metà dei Comuni italiani sarebbero situati in zona montagnosa, neanche fossimo la Svizzera.
Se questo dà già a pensare, ancor di più alimenta sospetti la macchina politica che funziona dentro le Comunità , a discapito delle iniziative concrete in favore dei paesi e del territorio montano o presunto tale.
I conti forniti parlano due tipi di entrate: i fondi ordinari provenienti dallo Stato e più precisamente dal Fondo nazionale per la montagna, circa 40 milioni di euro, e le entrate erariali (tasse riscosse) pari a 90 milioni di euro.
Che portano il totale delle entrate a 130 milioni di euro.
Vediamo i costi ed è meglio sedersi: circa 80-90 milioni vengono spesi per pagare le indennità , ovvero gli stipendi, ai consiglieri della comunità , agli assessori e ai presidenti.
Se dai 130 milioni di entrate, togliamo le spese per l’apparato politico, è evidente che ben oltre la metà dei quattrini a disposizione non viene spesa per agire sul territorio, come lascerebbe presupporre lo spirito e la natura stessa della Comunità montana.
In pratica i politici coinvolti nella gestione hanno più peso economico della stessa attività di tutela del territorio.
Andando a spulciare i conti, si scopre che i consiglieri costano 1,7 milioni di euro l’anno e gli assessori 70,2 milioni di euro.
Per i presidenti il calcolo è leggermente più complesso essendo divisi in tre fasce: fino a 10.000 abitanti di area di riferimento, percepiscono 2.788 euro, tra 10.000 e 30.000 abitanti prendono 3.098,74 euro ( e sono quelli prevalenti), tra i 30.000 e i 50.000 ricevono 3.460 euro.
Come stipendio non c’e male insomma.
Nonostante un taglio del 17,5% del fondo erariale subito nel 2008 e un altro del 3,27% come contributo ai tagli dei costi della politica previsto nella Finanziaria 2008 di Prodi.
Ma i costi continuano a essere rilevanti: ci sono indubbiamente comunità montane che affrontano problematiche di non poco conto, ma non è obbligatoria questa via per risolverli.
Qua si creano sempre nuove poltrone, poltroncine e sgabellini, quando basterebbe procedere a una razionalizzazione delle risorse, tipo delle unioni di Comuni che eviterebbero la dispersione delle entrate tra enti di varia natura.
Usate quindi concretamente per la necessità del territorio.
Ora si dice che col federalismo fiscale le Regioni avranno maggiori poteri e maggiore responsabilità .
Sempre teoria, perchè se i politici sono sempre gli stessi non si capisce perchè dovrebbero improvvisamente diventare morigerati e risparmiosi.
Magari cambieranno nome alla gabella, ma l’orchestra suonerà sempre la stessa musica.
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