CONSULTA, BERLUSCONI OSTAGGIO DI FITTO
BRUNO IN POLE POSITION, MA SILVIO NON VUOL CEDERE ALLA FRONDA… COPPI AVREBBE RIFIUTATO L’OFFERTA
Se i presidenti delle due Camere non avessero deciso di votare a oltranza, forse l’impotenza del Parlamento sarebbe rimasta pudicamente in ombra.
Viceversa Grasso e la Boldrini hanno convenuto che Consulta e Csm non possono attendere i comodi della politica.
Per cui domani alle 14,30 riprenderanno le votazioni sui 2 giudici costituzionali (decimo tentativo) e sui 3 membri «laici» del Csm rimasti in sospeso.
Il guaio è che il lunedì non è un giorno qualsiasi. Deputati e senatori di regola lo trascorrono nel proprio collegio per fare riunioni, ricevere gente o comunque quello che più gli aggrada.
Rinunceranno alle abitudini per votare come bravi soldatini? Qualche dubbio c’è. Anzi, molti danno per scontato che neppure domani avremo fumata bianca.
Speranza, capogruppo Pd, mette saggiamente le mani avanti: nessuno scandalo, «è sempre accaduto che ci sia bisogno di più votazioni».
Sottoscrive il suo dirimpettaio «azzurro» Brunetta: «I Parlamenti hanno le loro dinamiche e con queste dinamiche occorre fare i conti», procedere a strattoni non ci porta da nessuna parte.
Questo è vero in particolare per Forza Italia. Dove Berlusconi deve vedersela con la rivolta dei suoi «peones», stufi di adeguarsi alle decisioni calate dall’alto e insofferenti nei confronti dei candidati «tecnici», estranei al Parlamento, ancorchè di caratura superiore.
Ne sa qualcosa Catricalà , costretto a ritirarsi venerdì, dopo aver constatato che mai ce l’avrebbe fatta.
Addirittura si stima che, dei 128 «grandi elettori» berlusconiani, oltre la metà voglia decidere di testa propria a costo di provocare una grande frittata.
E la figura potenzialmente in grado di raccogliere più consensi appare Donato Bruno, senatore pugliese, proprio in quanto uno di loro.
Il Pd non solleverebbe obiezioni, fa intendere il vicesegretario Guerini. Se oggi il Cavaliere convocasse Bruno, e gli impartisse la propria benedizione, forse nemmeno le assenze del lunedì impedirebbero di eleggere tanto lui quanto Luciano Violante, al quale mancano un centinaio di voti per toccare il quorum.
Ma Berlusconi per ora non dà segni di vita. Lo raccontano furibondo per lo smacco. Disgustato per lo spettacolo di insubordinazione offerto dai suoi.
Sa perfettamente che nel mirino c’è proprio lui, una parte dei dissidenti mira a rendere Silvio inutile o addirittura dannoso agli occhi di Renzi, incapace di mantenere gli accordi passati e soprattutto quelli futuri.
Dunque il Cav non vuole darla vinta. Sta battendo il terreno alla ricerca di un terzo nome, non più Catricalà ma nemmeno Bruno.
Qualcuno da molto in alto pare abbia sondato l’avvocato Coppi, che però di trasferirsi alla Consulta non ci pensa nemmeno.
Identica risposta negativa da Ghedini. Qualcuno mette in circolo nomi autorevoli, come il consigliere Csm Zanon o come il referendario professor Guzzetta.
Ma poi chi garantisce che non verrebbero impallinati come Catricalà ?
Insomma, Berlusconi è atteso a una scelta difficile.
Se punta su Bruno magari vince la scommessa, ma al prezzo di mostrarsi in balia della fronda di cui l’odiato Fitto è il santo protettore.
Oppure intigna su un «tecnico», rischiando nuove batoste.
E trascinando nella polvere anche il candidato Pd, che rimane a tutti gli effetti Violante.
Tanto che Casini, forte della sua lunga esperienza, invita tutti a non scherzare col fuoco: «Se non si completano gli organi costituzionali, questo è un caso di scuola tipico per sciogliere il Parlamento».
Un monito, precisa, «agli smemorati».
Ugo Magri
(da “La Stampa”)
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