CONSULTA, ULTIMA CHIAMATA PER VIOLANTE E BRUNO, POI SI PASSA AL TANDEM BARBERA-GUZZETTA
SE ALLA PROSSIMA VOTAZIONE I PRIMI DUE NON PASSANO, I PATTISTI DEL NAZARENO COSTRETTI A CAMBIARE CAVALLO PER SBLOCCARE LA SITUAZIONE
Ancora una fumata nera. Poi si cambia cavallo.
Con dispiacere per Luciano Violante a cui però il destino ha riservato uno schema diabolico per cui se cade Donato Bruno cade anche lui, l’ex presidente della Camera, l’ex toga rossa che ebbe il merito, nel biennio ’92-94, di certificare l’intreccio tra politica e mafia.
“Merito” che ovviamente è una grave colpa per certa destra per cui l’ex magistrato resta “il diavolo giustizialista responsabile dell’anomalia giudiziaria in Italia”.
Ma la politica è una scienza perfida dove la logica spesso non fa premio sui fatti. “Simul stabunt, simul cadent” dice, con amarezza, un esponente della segreteria del Pd che segue il dossier Consulta-CSM.
Se cade uno, in questo caso Bruno, cade anche l’altro, cioè Violante.
E da qui si deve ricominciare nel racconto della settimana parlamentare.
Ettore Rosato, segretario d’aula del Pd è tra i titolari del dossier nomine Consulta (due giudici) e Consiglio superiore della magistratura (due membri laici) rinvia tutto a domani, lunedì.
“Il problema adesso è Bruno. È vero che è indagato? Che storia è questa dell’affidamento della consulenza dal suo collega di ufficio? Attendiamo risposte. Che sono decisive. E che lo devono essere soprattutto per Forza Italia. È chiaro che deve interpellare la coscienza e l’opportunità politica la scelta se mandare o meno alla Corte Costituzionale, il giudice delle leggi, una persona indagata”.
Per sospetta corruzione negli atti di un fallimento (Ittierre).
Di opinione opposta Francesco Nitto Palma, ex Guardasigilli, falco tra i falchi. “Non si usi adesso questa storia della consulenza che è vecchia, infondata quindi strumentale” tuona il senatore azzurro alludendo a “quella parte del Pd che non vuole Violante e allora usa Bruno per far saltare il banco”.
Nelle file azzurre c’è chi ricorda come “sia stato il premier martedì scorso a dire una volta per tutte che un avviso di garanzia non puà³ rovinare una carriera politica”.
Dunque martedì sarà l’ultimo tentativo per il ticket Violante/Bruno alla Consulta e Zanettin-Balducci al CSM.
Un poker che è una partita sola. O vince. O perde.
Un’occhiata ai numeri. Il quorum per la Consulta è 570 voti, i 3/5 degli aventi diritto del Parlamento, percentuali alte nate per un Parlamento bipolare ma che adesso sconta il fatto di aver tre e anche quattro teste.
Il recinto della maggioranza più Forza Italia conta 650 voti, più che sufficiente per blindare il poker di candidati senza dover cercare alleanze tra le opposizioni.
Così si è ragionato finora.
Ma le tredici votazioni andate a vuoto hanno dimostrato che le opposizioni – Sel, M5S e Lega – sono invece decisive.
Manca un centinaio di voti.
Spiega un azzurro che ha studiato i flussi dei voti analizzando le schede: “Una trentina di Fi non voterà mai Violante considerato un giustizialista che non si è mai ravveduto nonostante le apparenze. Ugualmente c’è un zoccolo duro del Pd di circa 30-40 che non vuole votare l’ex magistrato perchè troppo legato a vecchie logiche. Sono venuti meno anche una decina di voti dei centristi e una ventina di Ncd”.
A sentire il Pd, invece, è tutta colpa degli azzurri “tanto che noi continuiamo a far votare entrambi i candidati”.
Ma il segreto dell’urna è l’alibi perfetto per i franchi tiratori.
Il presidente Napolitano ha fotografato in poche parole l’empasse imbarazzante che tiene bloccato il Parlamento. “Basta con le rivendicazioni di posizioni settarie, pensate prima al bene comune, evitate il rischio di una paralisi istituzionale” ha scritto la scorsa settimana. Gli hanno risposto picche.
E nonostante il Pd abbia coinvolto Sel e Berlusconi in persona si sia messo a fare telefonate ai leghisti, giovedì, nella tredicesima votazione, a Violante sono mancati ancora 28 voti (542) e a Bruno 43 (527).
Traguardo ancora più lontano per l’avvocato senatore Pier Antonio Zanettin (candidato di Fi al CSM) e per l’avvocato penalista Paola Balducci, ex deputata di Sel, attuale membro del CSM della Corte dei Conti, entrambi destinati a palazzo dei Marescialli.
I quattro giorni di pausa nelle votazioni dovevano servire a definire la partita una volta per tutte.
“Ci siamo, basta ancora poco, martedì si chiude” diceva giovedì pomeriggio Lorenzo Guerini, vicepresidente del Pd.
Ma è intervenuta, come spesso accade, la cronaca giudiziaria.
Con la storia di Bruno indagato, a sua insaputa, dalla procura di Isernia per “interesse privato del curatore negli atti del fallimento”.
La vicenda è quella del fallimento della Ittierre, colosso dell’abbigliamento entrato in crisi nel 2009.
Bruno in quanto avvocato è finito sotto la lente dei magistrati per via di una consulenza da 2,5 milioni che gli sarebbe stata affidata da Stanislao Chimenti che però è anche socio dello studio legale.
La nomina fu decisa dall’ex ministro Scajola. Bruno era presidente della Commissione Affari costituzionali
L’interessato smentisce tutto. “Sono tranquillo, Berlusconi non mi molla. Chimenti non è un mio socio, ha solo una stanza nel mio studio ed era libero di nominare una persona di fiducia”. La parcella di 2,5 milioni “era il minimo della tariffa meno il 10 per cento”.
Ma la partita è tornata avvelenata. “O domani si chiarisce la posizione di Bruno o è chiaro che non possiamo mandare alla Corte uno sospettato di corruzione negli atti di un fallimento” mormora, neppure a voce bassa, la sinistra – e non solo – del Pd. A cui, vale la pena ricordare, Bruno non è mai stato bene perchè “amico di Previti”.
Provvidenziale sarebbe, domani, comunque prima delle votazioni, un comunicato ufficiale della procura. Ma sarebbe un inedito assoluto. Ecco che allora sarà fatto l’ennesimo tentativo. Ma l’ultimo. “Poi si cambiano partita e cavalli” dicono sia dal Pd e che da Forza Italia. Sarebbe allora la volta dei Professori, Augusto Barbera per il Pd e Giovanni Guzzetta per Forza Italia. Zanettin-Balducci seguirebbero a ruota. Al Csm.
A Violante potrebbe andare meglio a novembre, quando Giorgio Napolitano dovrà nominare altri due giudici costituzionali. Il Quirinale andrebbe a fare quello che non ha voluto fare il Parlamento. Ceffone per ceffone, sarebbe un pareggio.
(da “Huffingtonpost”)
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