CONTE: “LAVORATORI SCHIACCIATI DALLA PRECARIETA’, BASTA PRENDERSELA CON I PIU’ FRAGILI”
“MELONI NON NE AZZECCA UNA, E’ SOPRAFFATTA DAL PANICO”
Giuseppe Conte parla da padre legittimo della legge sul salario minimo, prima proposta che ha unito le opposizioni. «Quando abbracci battaglie giuste e hai la caparbietà di portarle avanti, riesci a creare la giusta convergenza», dice il presidente del Movimento 5 stelle, che conferma la volontà di andare avanti con un «dialogo franco» con Elly Schlein e il Pd. Mentre attacca duramente Giorgia Meloni e la sua «goffa epopea»: «Non ne sta azzeccando una, è sopraffatta dal panico – sottolinea l’ex premier – la sua maggioranza è lacerata e inanella solo figuracce».
Eppure, ora sperate che appoggino la vostra proposta di legge sul salario minimo?
«Speriamo prevalga il buon senso e non continuino a prendersela con i più fragili, com’è stato con il reddito di cittadinanza. Questa legge può essere un passo avanti decisivo per tanti lavoratori schiacciati dalla precarietà e dallo sfruttamento. Sono orgoglioso che ci sia il mio nome come prima firma della proposta, non per me, ma per il M5s, che per primo ha combattuto questa storica battaglia».
Sarà contento anche di questa prima concreta prova di unità delle opposizioni, no?
«L’accordo raggiunto dice che la convergenza tra forze politiche si sperimenta su temi e su proposte concrete. I percorsi politici vanno costruiti sui bisogni dei cittadini e non possono essere affidati a photo opportunity o a comizi in tandem».
Il salario minimo non ha unito proprio tutti: Renzi ha preferito distinguersi…
«La proposta unitaria rappresenta la convergenza delle forze politiche che fanno un’opposizione genuina. Non mi meraviglio che non ci sia la sottoscrizione di Italia Viva, che si ritrova a votare in Parlamento più spesso con le forze di governo».
Calenda, invece, ha aderito e vi h anche “bruciato” l’annuncio, uscendo per primo da solo. Infastidito?
«Le rispondo con le stesse parole con cui Benedetto Croce replicava a chi lo invitava a esprimersi sui comportamenti puerili del poeta Salvatore Di Giacomo: “Lasciatelo perdere a don Salvatore, chello è’na creatura”».
Lei e Schlein, però, prendete gli aperitivi insieme e poi perdete di brutto alle elezioni, come in Molise.
«La coalizione che ha sostenuto Roberto Gravina, ottimo sindaco di Campobasso, si è misurata in questa regione per la prima volta e poco ha potuto fare contro un sistema ben oliato e ramificato di potere. Ma il consolidamento di un metodo di lavoro partecipato, che mette da parte gli interessi di bottega delle forze politiche e guarda al solo benessere dei cittadini, non ne esce compromesso. Ed è quello su cui il M5s intende investire».
Quindi, ancora alleanze progressiste con il Pd, in vista delle prossime amministrative?
Ho sempre sostenuto che l’intesa con il Pd dovesse muovere da temi e programmi, non l’abbiamo mai pensata come una necessaria e obbligata convergenza elettorale. La realtà dice che tra di noi permangono ancora differenze e che il consolidamento di un’intesa politica è un processo che necessita di tempo. In questo senso, il dialogo con Schlein prosegue franco e trasparente, nonostante per questo lei debba quotidianamente difendersi dagli attacchi che le arrivano da più lati dalle varie correnti interne del Pd».
Detta così, fossi in Meloni, dormirei sonno tranquilli…
«Non direi, basta vedere il suo nervosismo. La premier è sopraffatta dal panico, non ne sta azzeccando una: la sua maggioranza si muove con la retromarcia e si azzuffa ogni giorno, inanellando solo figuracce. Posso spiegarmi solo così certe sue reazioni aggressive e rabbiose. Il problema è che, più che con una presidente del Consiglio, sembra di avere ancora a che fare con la deputata che, dai banchi dell’opposizione, urlava e inveiva, trasfigurandosi, lasciando da parte ogni regola della sana dialettica politica. Non è un atteggiamento consono per un capo di governo, non rende onore al ruolo che riveste».
A proposito di figuracce, cosa pensa di questo ennesimo rinvio sul Mes?
«È uno spettacolo imbarazzante per noi italiani e per l’Europa intera. La maggioranza si mostra nuovamente lacerata e la finta linea sovranista di Meloni e Salvini – che volevano buttare la palla in tribuna rinviando la discussione al duemilamai – viene lasciata in minoranza. Il risultato? Non si presentano in commissione Esteri, farfugliano in Aula. Meloni non ancora l’ha capito ma scoprirà presto che questo indecisionismo schizofrenico compromette la credibilità del suo governo e ci danneggia fortemente. Vedrete che alla fine farà retromarcia anche sul Mes».
Anche lei, da premier, era andato avanti sul Mes, nonostante la posizione del Movimento fosse da sempre contraria. Ora scegliete l’astensione. Che linea è?
«Guardi, a inizio pandemia mi opposi, con il M5s, alle pressioni interne ed europee che spingevano per attivare il Mes. È un accordo intergovernativo del tutto inadeguato per affrontare emergenze come quella pandemica o energetica, ma noi possiamo vantarci di avere migliorato la versione originaria. La nostra astensione significa che non intendiamo togliere al governo le castagne dal fuoco: tocca a loro assumersi le responsabilità e certo non possiamo dimenticare le infamanti accuse che fecero al mio governo di avere attivato il Mes nottetempo».
A Bruxelles, intanto, Meloni ha tentato una vana mediazione con i suoi alleati sovranisti sul tema dei migranti. Morale?
«È un fallimento che racchiude la goffa epopea meloniana di questi primi 8 mesi di governo. Messo in soffitta il blocco navale, qui abbiamo una presidente del Consiglio che difende l’interesse nazionale dei suoi partner in Polonia e Ungheria, dimenticandosi però l’Italia. A Bruxelles non ottiene nulla sul fronte della redistribuzione dei migranti, eppure grida al successo. Straparla di confini esterni da presidiare, facendo però registrare un drammatico raddoppio degli sbarchi».
(da agenzie)
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