CONTRORDINE GRILLINI: NON BASTANO 2.500 EURINI, GRILLO LI AUMENTA A 6.000 PIU’ ALTRI 5.000 EURO DI INDENNITA’ VARIE
RETROMARCIA SU ROMA: ALLA RIUNIONE SEGRETA L’ARGOMENTO E’ STATO ANCHE LO STIPENDIO DI PARLAMENTARE… E GRILLO SI E’ RIMANGIATO I 2.500 EURO NETTI
Arriva il giorno in cui va in scena il Beppe Grillo che non ti aspetti.
Pronto, a sorpresa, a fissare a 6 mila euro netti al mese uno stipendio equo per i parlamentari a Cinque Stelle.
Pronto, soprattutto, a esigere trasparenza, senza però reclamare scontrini o ricevute anche per le famose caramelle o per un caffè.
Summit con i parlamentari nel casale alle porte di Roma, venerdì scorso.
«Ragazzi — dice il Fondatore — l’importante è essere presenti in Parlamento, fare il proprio lavoro onestamente e in modo trasparente. Io non ho mai eccepito sugli stipendi, ma solo sui vitalizi!».
Tradotto, anche la diaria dei parlamentari è equa e non si tocca.
Riavvolgiamo il nastro.
In campagna elettorale lo slogan grillino promette stipendi parlamentari da 2.500 euro al mese. Un dato reale, che non tiene però conto della diaria di 3.500 al mese.
A quella — a onor del vero — i grillini non avevano mai promesso di rinunciare.
Ma si erano impegnati a rendicontare ogni spesa, in nome della massima trasparenza.
Torniamo al casale della periferia romana.
Alcuni deputati — «i più radicali sono i giovani, i senatori sono più riflessivi», sbuffa uno dei presenti — sollevano il problema: se le spese non raggiungono i 3500 euro, potremmo restituire la parte eccedente.
Si scatena la discussione.
Un paio di parlamentari si oppongono: «Ragazzi, non scherziamo! Se la mettiamo così finisce che dobbiamo portare anche gli scontrini delle gomme da masticare e dei caffè. Così non ne usciamo, diventa un lavoro. E noi un lavoro da parlamentare già l’abbiamo…».
Applausi, voci che si confondono.
Tocca al Capo indicare la via d’uscita, un placet alla diaria senza perdersi dietro ad eccessi contabili.
E senza restituire la parte eccedente.
La questione, in realtà , è da tempo sotto la lente d’ingrandimento di un gruppo di lavoro grillino a Montecitorio e resta in bilico, visto che i più radicali continuano a invocare la scure per limitare le retribuzioni.
La soluzione dovrà arrivare entro il 27 aprile, quando ai parlamentari sarà accreditato il primo stipendio.
Un compromesso potrebbe obbligare tutti i “cittadini” cinquestelle a indicare i capitoli di spesa — dal cibo all’alloggio — senza indugiare sulle singole voci di spesa.
E nemmeno sulle singole ricevute.
Resta invece intatto l’impegno sottoscritto in campagna elettorale sulla paga base, che per i grillini risulterà dimezzata: da 10 mila a 5 mila euro lordi al mese (circa 2500 netti).
I soldi fatti risparmiare allo Stato potrebbero finire in un fondo indennità , dove i grillini più ‘radicali’ vorrebbero far confluire anche la parte eccedente della diaria.
Anche qui, però, il nodo non è stato ancora sciolto.
Per il fisco l’autoriduzione potrebbe non contare, “gonfiando” ingiustamente il reddito dei parlamentari e mettendone a repentaglio anche alcuni benefici fiscali, come le detrazioni per chi mantiene famiglie numerose.
Resta il fatto che rinunciando solo al 50% dello stipendio base, ma non a tutte le alre voci (diaria, viaggi, indennità di funzione, telefoniche) che fanno 8.600 euro al mese, alla fine il grillino rivoluzionario guadagnerà oltre 11.000 euro netti al mese, appena 2,500 in meno degli altri.
Alla faccia della lotta alla Casta.
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