COSA C’E’ DIETRO IL VIAGGIO DI RENZI E CARRAI A DUBAI?
“HO UNA BUONA RAGIONE E MI SONO PAGATO TUTTO DA SOLO” FA SAPERE RENZI… I LEGAMI CON TOSCANA AEROPORTI SOTTO LA LENTE
Un nuovo viaggio di Matteo Renzi a Dubai dopo il caso Khashoggi scoppia in questi giorni: il senatore di Scandicci è atterrato il 6 marzo e ha alloggiato nel Burj Al Arab Jumeirah, un hotel a forma di vela gigante situato su un’isola privata: solo suites da 1500 euro a notte.
Il viaggio non è stato nè annunciato nè pubblicizzato ma a parlarne è stato Niccolò Carratelli su La Stampa: dopo la pubblicazione della notizia Renzi ha minacciato di querelare il direttore del quotidiano Massimo Giannini ma senza spiegare per cosa ha ritenuto diffamatorio l’articolo.
Oggi però qualche spiegazione è arrivata insieme a un’altra notizia: con il leader di Italia Viva, scrive sempre La Stampa, c’era anche Marco Carrai, suo finanziatore, testimone di nozze e amico strettissimo.
E qui c’è un possibile legame illustrato dal quotidiano: Toscana Aeroporti, la società di cui Carrai è presidente, ha come azionista di maggioranza la Corporacion America Italia dal 2017 (che è stata anche donatrice della fondazione Open per un totale di 75mila euro).
Il 25% delle quote di CAI è stato rilevato dalla Mataar Holdings, indirettamente controllata dal principale fondo degli Emirati Arabi, ovvero la Investment Corporation of Dubai. Ma cosa è andato a fare Renzi a Dubai?
Oggi Repubblica spiega che Renzi non si è mosso per andare in vacanza nè per un lavoro retribuito, ma non ha intenzione di dare spiegazioni sui motivi del viaggio. Ma ha avuto “una buona ragione” per volare negli Emirati Arabi, dove “si è pagato tutto da sè: sia il biglietto di andata e ritorno su un volo di linea, sia la suite. E chi sostiene il contrario verrà querelato”.
C’è però da notare che la normativa anti-Covid in materia di spostamenti vieta i viaggi di piacere e di vacanza: è consentito spostarsi a Dubai solo per motivi di lavoro, studio, salute o assoluta necessità e urgenza.
Stavolta la ragione della missione resta avvolta dal mistero: escluso un ingaggio professionale o il viaggio di piacere, tra i fedelissimi si avanza l’ipotesi che l’ex premier abbia discusso di futuri incarichi di lavoro o abbia trattato questioni politico-diplomatiche, sebbene a titolo personale, come dimostra il pagamento delle spese di viaggio.
Ma il ritorno di Renzi tra gli sceicchi ha già minacciato querele e azioni risarcitorie in sede civile (queste ultime sono le più insidiose per i giornalisti).
A difenderlo ieri è scesa in campo ancora una volta la ministra per le Pari opportunità e la Famiglia Elena Bonetti, esponente di Italia Viva, a Radio Capital: “Renzi a Dubai? Si sta facendo di questo un dibattito surreale. Nell’ambito del suo lavoro e delle sue attività il senatore Renzi ha delle relazioni internazionale. Dove si trova non è così importante. Immagino sia lì per lavoro. Se prende un compenso? Non lo so, ma se anche fosse e quando è stato, è sempre stato nella piena trasparenza e legalità . è tutto dichiarato da un punto di vista fiscale”.
Il senatore di Scandicci ci era già stato: nel marzo del 2019 per partecipare al Global Education and skills Forum, organizzato dalla Fondazione Varkey, legata al governo degli Emirati.
Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana è tornato all’attacco: “Già nel 2015 il nostro partito fece una battaglia per impedire che le imprese private con interessi in bandi e società gestrici di servizi pubblici potesse finanziare partiti e fondazioni. Dal Pd e pure dai 5 stelle solitamente così attenti a questi temi allora ricevemmo assoluto silenzio e indifferenza”. “Oggi do un’ulteriore notizia – conclude Fratoianni – quel testo di legge lo stiamo rivedendo, per specificare che vale anche per fondazioni e imprese estere e che debbono essere vietati anche i compensi ai singoli senatori e parlamentari, nonchè ai componenti gli organismi dirigenti di partiti e fondazioni politiche”.
Di certo è la seconda volta che Renzi finisce sui giornali per i suoi rapporti con la penisola araba: a fine gennaio, in piena crisi di governo, ha dialogato in un video sul Rinascimento arabo con il principe ereditario Mohammed bin Salman accettando 80mila euro da un paese che viola i diritti umani.
Le critiche sono aumentate quando la Cia ha rivelato che bin Salman sarebbe coinvolto nell’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi. A scoprire l’impegno (pubblico) di Renzi e a parlarne per primo era stato Emiliano Fittipaldi su Domani, mentre già il giorno dopo il video in cui il senatore di Scandicci, a colloquio con Bin Salman, diceva che l’Arabia Saudita poteva essere il posto giusto per un “Nuovo Rinascimento” e di invidiare “il costo del lavoro” nel paese era già diventato un must sui media italiani e su Twitter. Una situazione abbastanza prevedibile visto che nel frattempo Renzi aveva fatto cadere il Conte-Bis, stava per far crollare l’ipotesi di Conte-Ter dopo l’esplorazione del presidente della Camera Roberto Fico e per questo si trovava nell’occhio del ciclone della politica, attaccato dagli ex alleati del MoVimento 5 Stelle, del Partito Democratico e di Liberi e Uguali. Proprio quel giorno il governo dimissionario di Conte revocava la concessione delle licenze per l’export di bombe verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, con un tempismo che sapeva proprio di battaglia politica.
Nei giorni scorsi Renzi ha annunciato una querela al Fatto Quotidiano e a Marco Travaglio per il titolo in prima pagina in cui si scriveva che “si tiene i soldi insanguinati” mentre persino uno come Giuliano Ferrara sul Foglio scriveva che “con Bin Salman ha fatto qualcosa di più e di peggio di una gaffe, un errore politico. Non avrebbe dovuto fare quell’intervista sul Rinascimento saudita con Lucrezio Bin Borja, assassino di un giornalista d’opposizione con sega elettrica incorporata. Non in quel modo, non con quelle parole, non con quella faccia tra l’impudente e l’imbarazzato, non in quel momento. Sarà rimproverato finchè campa per un gesto troppo disinvolto e immoralistico, se lo dico io credetemi, difficile scampare a un errore politico in un ambiente di finti moralisti”.
Oggi tra i renziani c’è molto imbarazzo a parlare di una vicenda che è esplosa in tutta la sua virulenza dopo l’episodio del proiettile inviato a mezzo posta. Tra di loro in molti nemmeno conoscono i motivi del viaggio a Dubai, così come non sapevano nulla del duetto con Khashoggi programmato in Arabia Saudita. E chi lo sapeva si interroga su come sia finita sulla stampa la storia, visto che in altre occasioni i viaggi di Renzi non erano stati accompagnati dai riflettori. C’è chi si spinge a portare avanti anche ipotesi di complotto che toccano le forze dell’ordine italiane. Ma intanto sulla graticola c’è ancora lui.
(da Today)
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