COSA C’E’ DIETRO LA TELEFONATA DEL DISGELO DI MELONI A MACRON: DONNA GIORGIA HA BISOGNO DELL’ELISEO SULLA STRATEGIA UE PER LE IMPRESE
LA FREDDEZZA DELL’ELISEO SULLE QUESTIONI MIGRATORIE: MACRON NON VUOLE DARE ALCUNA SPONDA A MELONI
Alla fine Giorgia Meloni ha preso il telefono e ha chiamato Emmanuel Macron. Meloni ha bisogno di Macron. E ne ha bisogno in vista del Consiglio europeo del 9 febbraio, quando i leader dovranno esprimersi sulle politiche migratorie e sulla proposta di riforma degli aiuti di Stato, ideata dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen per rispondere al piano di sussidi anti-inflazione di quasi 400 miliardi di dollari messo in campo dal presidente americano Joe Biden. L’Ue è terrorizzata dagli squilibri di mercato.
Ma non tutti i Paesi membri hanno in mente la stessa ricetta da contrapporre a Washington. O meglio: l’obiettivo è lo stesso. Il modo per arrivarci è differente. Von der Leyen propone un allentamento immediato delle regole, per permettere un deciso sostegno alle imprese. I Paesi che ne gioverebbero di più sono quelli con uno spazio fiscale – cioè una capacità di spesa – maggiore. Su tutti, la Germania, patria della presidente della Commissione. L’Italia invece guida il fronte di chi, avendo meno agibilità finanziaria e un debito pubblico enorme, vorrebbe maggiori garanzie, attraverso un fondo comune europeo, da attivare subito, contestualmente all’alleggerimento dei vincoli. Magari, sul modello del Next Generation Eu e del Sure, due strumenti di debito comune nati durante la pandemia, e citati esplicitamente ieri da Giancarlo Giorgetti.
Durante la riunione con i colleghi, all’Ecofin, il ministro dell’Economia italiano è stato netto: andare nella direzione immaginata da Von der Leyen potrebbe essere «un autogol» e «aggraverebbe le divergenze economiche all’interno dell’Ue». Il semplice allentamento delle regole in Italia potrebbe tradursi in debito che si aggiunge a debito, mentre ancora non è chiaro che fine faranno le vecchie regole di bilancio europee, sospese prima per il Covid e poi per la guerra in Ucraina. Giorgetti aveva in programma un bilaterale a Bruxelles con il ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire, ma non se n’è fatto nulla per gli impegni che hanno costretto quest’ ultimo a tornare in patria. Il governo italiano ha capito che non può fare a meno della Francia, se vuole minimamente sperare di non far prevalere le ragioni dei tedeschi al vertice di febbraio.
Ma spezzare la storica alleanza tra Parigi e Berlino non è semplice, tanto più che tra quattro giorni i due Paesi festeggeranno assieme i 60 anni del Trattato dell’Eliseo. Macron è da sempre un sostenitore del rafforzamento dell’autonomia industriale europea, senza il quale l’Unione non sarà mai in grado di competere con gli altri giganti globali. Agevolare le imprese è necessario, si può discutere su come farlo. «Sui meccanismi da mettere in atto per rafforzare gli investimenti e il sostegno ai progetti industriali strategici» Macron non è stato sordo alle lamentele di Meloni.
L’Eliseo fa una ricostruzione più fredda. E liquida «le questioni migratorie», lasciandole in coda ai punti toccati durante il colloquio, senza aggiungere dettagli in più. Macron non vuole dare alcuna sponda a Meloni e alla destra italiana su quale sia la strada migliore per affrontare l’enorme tema dei migranti, anche se è d’accordo sul fatto che la soluzione debba essere europea e che sia giusto rafforzare i confini esterni. Proprio per questo, per cercare più alleati possibili in vista del Consiglio, Meloni volerà a Stoccolma.
(da la Stampa)
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