COSA VUOL FARE MARONI DA GRANDE?
LA RINUNCIA ALLA LOMBARDIA APRE NUOIVI SCENARI: UN POSTO DA MINISTRO NEL GOVERNO BERLUSCONI O RISERVA DELLA REPUBBLICA DA SPENDERE IN CASO DI GRANDE COALIZIONE?…. SALVINI NON PUO’ STARE TRANQUILLO
Cosa vuole fare Roberto Maroni da grande? Ieri alla fine del vertice del centrodestra che ha certificato l’accordo tra Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia è arrivata anche l’indisponibilità dell’attuale governatore della Lombardia a ricandidarsi in Regione.
La domanda che però ora attanaglia tutti i retroscenisti italiani è: cosa vuole fare da grande Maroni?
Il problema che potrebbe aver spinto l’ormai ex governatore al passo indietro, secondo alcuni, si chiama legge Severino.
Maroni è tra gli imputati a Milano al processo con al centro le presunte pressioni per far ottenere un contratto di lavoro e un viaggio a Tokyo a sue due ex collaboratrici dell’epoca in cui era ministro dell’Interno, Mara Carluccio e Maria Grazia Paturzo. In caso di condanna arriverebbe una sospensione già in primo grado ed è chiaro che a quel punto il suo mandato sarebbe a rischio.
D’altro canto il suo correo è stato già assolto in secondo grado e il processo, secondo i legali, sarebbe ora in discesa anche per lui.
In più, Maroni ha smentito che dietro la decisione ci fossero ragioni “di salute”, escludendo così le altre piste che potevano sorgere nell’indagine sul suo futuro politico.
Non ne rimane quindi che una: quella di ministro in un governo di centrodestra che sembra sempre più prossimo.
L’uomo che ha tentato di mordere la caviglia di un poliziotto in via Bellerio allo scopo di impedire la perquisizione della sede della Lega Nord quindi sarebbe una riserva della Repubblica, pronto a bere l’amaro calice del sacrificio di reggere un ministero di grande peso nel prossimo governo che vedrà Silvio Berlusconi come deus ex machina.
E la vicenda non può non suonare come un campanello d’allarme per Matteo Salvini.
Al Consiglio Federale, ricorda oggi la Stampa, quando venne deciso l’abbandono della parola Nord accanto a Lega, Roberto Maroni era assente con Umberto Bossi.
Anche se ai molti che glielo chiedono il Governatore quasi ex ripete: «La mia decisione non è contro nessuno. Non farò mancare il mio impegno in campagna elettorale».
Nella posizione di ministro poi Maroni potrebbe ottenere anche altro.
Francesco Verderami sul Corriere della Sera segnalava che il vecchio Bobo potrebbe trasformarsi nel capofila dei «dialoganti» all’interno del Carroccio, e appoggiare il disegno di Berlusconi per sostenere un governo chiamato a gestire «nell’interesse del Paese» una fase di transizione.
Questo però potrebbe accadere soltanto nell’ipotesi che Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia non ottenessero i numeri necessari per governare e che li ottenesse una maggioranza composita (?) tra Partito Democratico e Forza Italia.
Il punto è però che ad oggi non basterebbero quei numeri per ottenere una maggioranza a meno che tutti i senatori dei collegi vinti dal centrodestra non diano l’ok (e a patto che lo facciano anche tutti quelli eletti dal Partito Democratico).
D’altro canto, come sappiamo, ci sarà una divisione equa nei candidati nei collegi tra Forza Italia (che ne esprimerà il 50% tenendo con sè quelli aderenti al quarto polo) e il resto della coalizione: un’approssimazione che ci permette di pensare che al Senato, ad esempio, ci saranno 34 o 35 senatori eletti in quota Forza Italia.
Visto che gli azzurri eleggerebbero così in totale 70 senatore e 80 li eleggerebbe il PD, ecco che siamo a pochi voti dalla maggioranza in Senato (ma quella alla Camera sarebbe ancora lontana).
In ogni caso è oggi prematuro fare questi conti perchè è più probabile che il centrodestra ottenga la maggioranza assoluta in almeno una delle due Camere.
Di certo lo spauracchio del governo con Renzi potrebbe aiutare a tenere a freno Salvini.
Il quale ieri ha sbandierato l’abolizione della legge Fornero come suo grande risultato ottenuto in cambio dell’apertura al quarto polo, anche se il comunicato congiunto parlava di fermare gli effetti deleteri della riforma, non la sua cancellazione.
Senza contare la totale assenza dell’Europa nell’ambito degli accordi programmatici. Magari non sarà l’unico boccone amaro che Salvini dovrà ingoiare.
Con il fantasma di Maroni alle spalle.
(da “NextQuotidiano“)
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