DA FONDATORE A SFONDATORE: GRILLO PICCONA DI MAIO
L’ALA BARRICADIERA RIANIMATA DALLE SUE PAROLE … E IL CASO DICIOTTI STA PER MANDARE ALL’ARIA LA GIUNTA DI TORINO
Basta aggiungere una consonante all’appellativo di cui si fregia, ed ecco che il fondatore diventa lo sfondatore.
Nella sua due giorni romana Beppe Grillo non si esime dal togliersi qualche sassolino dalla scarpa.
Che arriva come lanciato da una fionda sulla testa di Luigi Di Maio. “Secondo me con Luigi bisogna avere un po’ di pazienza, ha 32 anni e ha ministeri impegnativi”, spiega il comico, atteso in serata a Roma per il bis del suo spettacolo, Insomnia.
La palla viene colta al balzo da uno dei parlamentari dissidenti. Che scoppia a ridere e commenta tagliente: “Come con gli studenti”.
E in effetti le parole di Grillo tagliano come una lama l’aria pesante che si respira in casa 5 stelle dopo il voto contrario all’autorizzazione a procedere per Matteo Salvini. Una situazione confusa e affatto risolta.
“Quasi il 90% del gruppo sta con Di Maio”, spiega un esponente di governo. Realistica o ottimistica che sia, la lettura accredita almeno una quarantina di parlamentai sul piede di guerra. E non sono pochi. Una situazione che sta avendo pesanti ripercussioni sui territori.
Come a Torino, dove la giunta di Chiara Appendino sta traballando.
Le consigliere Maura Paoli e Daniela Albano sarebbero a un passo dall’addio. Via dal Movimento, pur continuando a votare a favore dell’amministrazione.
Perchè il problema sarebbero le decisioni nazionali, quelle che stanno facendo vivere al Movimento ore da barca sballottata dalla tempesta.
La stessa sindaca — che nei giorni scorsi prima si è espressa per il sì al processo e poi ha fatto marcia indietro — ha dovuto diramare una nota, in cui manifesta l’auspicio “di comprendere, perchè capita, non ci si deve sempre riconoscere al cento per cento in quello che accade ma il Movimento è la nostra casa e spero che continui ad esserlo per tutti”.
Una situazione potenzialmente esplosiva, che è sul tavolo dei vertici già da qualche giorno, e che dovrebbe prevedere, venerdì, un incontro per tentare di farla rientrare. Senza contare che Nogarin e Cozzolino, sindaci uscenti di Livorno e Civitavecchia, hanno già annunciato che non si ricandideranno, e il primo cittadino laziale ha specificato che non ha nessuna attenzione di ricandidarsi alle europee.
In una situazione come questa le parole di Grillo pesano come il piombo.
E arrivano dopo quelle pronunciate martedì sera durante lo spettacolo, quando ha abbracciato Marco Travaglio — robusto fautore del sì a mandare Salvini alla sbarra — dicendogli “quello che scrivi… io ti amo”.
E aggiungendo oggi un’altra sferzata: “Dobbiamo essere noi a influenzare Salvini sui nostri temi, che forse abbiamo un po’ tralasciato, che sono l’ambiente, l’ecologia, la mobilità “. Come a dire che finora non si è fatto.
Stefano Buffagni, solitamente il pentastellato più realista, conferma la sua fama. E ai microfoni di Pomeriggio Cinque prima si dissocia dal gesto delle manette esibito fuori dalla Giunta per le immunità del Senato dal collega Mario Giarrusso a indirizzo dei colleghi del Pd.
E poi ammette: “Dentro M5s stiamo affrontando un momento difficile, ma siamo come una famiglia e i problemi li affrontiamo insieme, questa è un’occasione per crescere. Certo abbiamo avuto difficoltà con Beppe e le abbiamo avute in Abruzzo, ma ora è il momento per fare un salto di qualità “.
Che non arriverà in Sardegna, dove la debacle è annunciata e a Montecitorio si spargono veleni preventivi contro la deputata Emanuela Corda, “rea” di voler da sempre gestire la regione e di aver scelto il candidato sbagliato.
Il fondatore rimane isolato. L’ordine di scuderia è quello di non attaccarlo nè di commentare le sue esternazioni.
Ma nessuno dei big, fatto salvo per il ministro della Cultura Alberto Bonisoli e di una manciata di peones, è andato a trovarlo nella sua due giorni romana.
Nemmeno Roberto Fico, ma, spiega un suo fedelissimo, “per non mostrare il fianco a titoli sul Movimento spaccato, loro si sentono quasi quotidianamente”.
La sua area, ancora in cerca di organizzazione, ha preso forza dalle parole del comico, che pur non avendo nessuna intenzione di tornare in politica, non rinuncia a picconare i bastioni eretti dalla nuova governance, che non gradisce affatto.
“Certo, quello che dice non ha molta incidenza sulla linea politica, ma in buona parte dei nostri le sue parole hanno un peso”, ragiona il lombardo Riccardo Olgiati.
Luca Carabetta se la cava con una battuta: “Di Maio giovane? E di me cosa dovrebbe dire?”. Domanda retorica. Di diverso contenuto lo sono quelle su Tav e autonomie. Con le mozioni sulla prima che incombono e una decisione sulle seconde che va presa. Da lì riparte, se riparte, il Movimento. Quello nuovo, quello che Di Maio sta progettando di trasformare in una “struttura verticale”.
(da “Huffingtonpost”)
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