DA OGGI CHIAMATECI “REGNO DISUNITO”: IL FUTURO E’ UNA FEDERAZIONE
L’ESITO DELLE URNE IN GRAN BRETAGNA POTREBBE SEGNARE LA FINE DEL PAESE E DELLA SUA ADESIONE ALLA UE
È ora di passare al Regno Federale di Gran Bretagna, altrimenti l’esito delle urne, il più sensazionale al 1945 ad oggi, potrebbe segnare l’inizio della fine della Gran Bretagna e della sua adesione all’Ue.
La sinistra nazionalista scozzese ha sbaragliato tutti a nord del vallo di Adriano, mentre la destra conservatrice euroscettica dà vita al nuovo governo britannico solo grazie al trionfo in Inghilterra.
Le due porzioni maggiori del nostro Regno sempre più disunito, l’Inghilterra e la Scozia, sono destinate alla discordia.
Intanto milioni di elettori che hanno votato i Verdi, i Liberaldemocratici e l’Ukip scoprono che il loro voto individuale non ha contato nulla, per via di un sistema elettorale iniquo.
Nei prossimi giorni quello che accadrà a Westminster sembrerà forse normale amministrazione. Un primo ministro conservatore etoniano resterà al 10 di Downing Street, formerà il nuovo governo e scriverà il discorso che la Regina terrà a fine mese alle camere dei Comuni e dei Lord riunite. Se scattate la foto in bianco e nero potrebbe essere il 1951 – o il 1895. In realtà , però, è cambiato tutto e drasticamente.
Nei prossimi anni i temi più scottanti saranno l’economia, l’impatto diseguale dei tagli alla spesa pubblica e il referendum sull’adesione della Gran Bretagna all’Ue, che si terrà prima della fine del 2017.
Ma nell’arco di vita di questo Parlamento sarà necessario ripensare in toto la struttura di questo paese.
Per quanto l’idea possa andare poco a genio al nuovo governo Cameron, la soluzione è il Regno federale di Gran Bretagna.
La rivoluzione silenziosa in Scozia esige un nuovo sistema in seno al quale ciascuna componente del regno eserciti poteri ben definiti.
Il nuovo Parlamento scozzese, che sarà eletto il prossimo anno, potrebbe in realtà essere meno dominato dal Partito nazionale scozzese (Snp) e più aperto a questa idea. (Il voto apparentemente contraddittorio nel referendum per l’indipendenza e in queste elezioni indica che gli scozzesi vogliono avere una torta tutta per sè e mangiarsela in pace. Può darsi che ci riescano.)
Il Galles chiederà di più rispetto alla Scozia. L’Irlanda del Nord è comunque a sè, legata al resto dell’Irlanda con modalità possibili solo grazie al lassismo di una Gran Bretagna inserita in un’Unione europea flessibile.
Attorno a me, qui nel cuore piovoso dell’Inghilterra, odo citare in sordina i versi di G. K. Chesterton: «Perchè siamo il popolo d’Inghilterra / che non ha ancora mai parlato».
L’Ukip tra le altre cose ha fatto implicitamente da veicolo al nazionalismo inglese.
In campagna elettorale il partito conservatore e la stampa hanno svegliato il bulldog inglese che dormiva al grido di «fermiamo l’Snp».
Stabilire con precisione a chi siano devoluti i poteri in Inghilterra sotto il profilo federale (alle regioni? alle contee? alle municipalità ?) è un enigma, ma ora va affrontato.
La proposta più coerente e più radicale viene da un grande conservatore, il marchese di Salisbury, discendente del precedente e ancor più grande Salisbury che fu il David Cameron del 1895.
Contro i suoi interessi propone che la Camera dei Lord sia abolita e trasformata in una camera alta (un Senato, forse?) per l’intero Regno federale.
La Camera dei Comuni dovrebbe diventare il Parlamento inglese, così che ogni nazione del nostro stato quadrinazionale disponga di un’assemblea democratica propria.
Visto che ogni nuova assemblea acquisita dalla Gran Bretagna adotta un sistema di voto sempre più proporzionale, il Senato non farebbe eccezione.
Questa soluzione andrebbe in qualche modo a rimediare allo scontento di milioni di singoli elettori il cui voto nell’attuale sistema è privo di efficacia – inclusi, va detto, quelli dell’Ukip. Anche il Parlamento inglese finirebbe per essere costretto in direzione di un sistema elettorale più rappresentativo. In tutto ciò la questione europea è imprescindibile.
In fin dei conti in Gran Bretagna il problema riguardo all’adesione alla Ue è stabilire chi agisce, cosa fa e a quale livello.
E’ quello che interessa alla gente della rinegoziazione che Cameron porterà avanti, secondo la sua visione, con Bruxelles.
Questi accordi a più livelli si posso definire anche con un altro termine, federalismo, appunto. In effetti il primo governo Cameron ha fatto un grande lavoro di approfondimento dei diversi poteri esercitati dall’Ue – per poi nasconderne i risultati, perchè indicavano che la bilancia non pendeva affatto a svantaggio della Gran Bretagna.
Anche in questo caso quindi la soluzione per il nostro paese trasformato è il regno federale.
Il mio ragionamento può suonare forse freddo e accademico dopo l’esito elettorale più sensazionale che io ricordi, ma in realtà così non è.
L’impatto emotivo del voto è così forte perchè in ballo non c’è solo il benessere economico e sociale della società britannica ma la configurazione stessa del paese: all’esterno, in Europa, e all’interno, tra Inghilterra e Scozia.
Quindi bisogna pensare in grande. Ci vorranno anni per arrivarci.
Ma lunedì, una volta recuperato il sonno perso, i britannici dovranno necessariamente iniziare a progettare le fondamenta del nuovo Stato di cui hanno bisogno: il Regno federale di Gran Bretagna.
Timothy Garton Ash
(da “La Repubblica”)
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