DAL DIRE NO AL VOTARE NO
BERSANI, CUPERLO E FASSINA COMBATTONO LA SVOLTA AUTORITARIA SOLO NEI CONVEGNI, POI VOTANO IN AULA LE LEGGI TRUFFA
Oggi la Camera vota in seconda lettura (su quattro) la cosiddetta riforma della Costituzione, con il nuovo Senato e il nuovo titolo V sulle autonomie locali.
Il nuovo titolo V è una buona idea, e va a correggere la pessima della legge costituzionale imposta a colpi di maggioranza dal centrosinistra nel 2001, riportando allo Stato alcune competenze ora sparpagliate fra i vari enti locali con interminabili conflitti fra i vari centri di potere e di spesa: dovrebbe essere stralciato dal resto della “riforma” per essere approvato da tutti senza ostacoli.
Il nuovo Senato invece è una pessima idea, per i motivi che hanno spinto il Fatto l’estate scorsa a lanciare una petizione “Contro i ladri di democrazia” e oltre 350 mila cittadini a firmarla, allarmati per quella che illustri costituzionalisti hanno definito — in combinato disposto con la legge elettorale Italicum — una “svolta autoritaria”
In sintesi.
1) Un pugno di capi-partito continueranno a nominarsi due terzi dei deputati a propria immagine e somiglianza (con i capilista bloccati per la Camera).
2) Anzichè abolire — come promesso — il Senato (scelta discutibile, ma che avrebbe almeno il pregio della chiarezza e del risparmio), lo si mantiene con poteri decorativi e organici ridotti a un terzo, e si abolisce l’elezione dei senatori, che saranno anch’essi nominati dalla Casta (5 dal capo dello Stato e 95 dalle Regioni, di cui 74 consiglieri regionali e 21 sindaci) e per giunta blindati con l’immunità -impunità .
3) Il Parlamento diventerà anche di diritto lo zerbino di un premier-padrone, “uomo solo al comando” senza controlli nè contrappesi, con una maggioranza spropositata su un solo partito (premio alle liste, anzichè alle coalizioni) che gli permetterà di scegliersi personalmente, oltre ai parlamentari, anche un presidente della Repubblica ad personam e parti significative della Corte costituzionale, del Csm e della Rai, mortificando le opposizioni, indebolendo i poteri di controllo e influenzando vieppiù la magistratura e l’informazione.
Questo cocktail obbrobrioso veniva giustificato con la lealtà al Patto del Nazareno con B.: ma, se è vero — come dicono tutti — che quel patto è saltato, non c’è alcun motivo di perseverare a rispettarlo.
Basterebbe azzerare l’Italicum e tornare al Mattarellum (o, meglio ancora, copiare il sistema francese a doppio turno); e, quanto alla Costituzione, diversificare i ruoli delle due Camere, lasciandole elettive e dimezzando il numero e lo stipendio dei parlamentari.
Invece Renzi tira diritto da solo, non si sa se più per puntiglio o per vocazione padronale, per conficcare l’obbrobrio a viva forza e a tappe forzate nella nostra Costituzione, scardinandone i principi fondamentali pur senza formalmente modificarli, e stravolgendone lo spirito trasformando una democrazia orizzontale, partecipata e bilanciata in un regimetto verticale, centralizzato, castale e dunque autoritario che infesterà la vita pubblica per chissà quanti anni.
A meno che il premier non incontri sulla sua strada qualcuno che gli imponga l’alt. Chi, per dovere d’ufficio, dovrebbe fermarlo per primo è il capo dello Stato, Sergio Mattarella, che ha giurato sulla Costituzione (quella vera, quella del 1948) poco più di un mese fa: ieri ha battuto un primo colpo importante su un’altra legge porcata, quella sulla responsabilità civile dei magistrati.
Ma intanto c’è da augurarsi un colpo di reni del Parlamento, dove la partita non è ancora chiusa.
I 5Stelle, Sel e Fd’I hanno sempre votato contro la riforma costituzionale.
La Lega le ha prima prestato il suo Calderoli come relatore al Senato (lui, avendo collaborato ascriverla, la definì davvero intenditore “una porcatina”), ma ora annuncia voto contrario.
Poi c’è Forza Italia, o quel che ne resta: B., per i motivi inconfessabili che animano ogni sua decisione, ha comunicato il suo No dopo aver partecipato al Nazareno alla stesura originaria, a sei mani con Verdini e la Boschi, e averla poi fatta approvare l’estate scorsa a Palazzo Madama.
Se mai oggi riuscisse a controllare il suo partito, del che è lecito dubitare, si ritroverebbe per l’eterogenesi dei fini a salvare per la seconda volta la tanto detestata Costituzione (la prima fu nel 1998, quando fece saltare il tavolo della Bicamerale D’Alema).
Ma tutti questi No non bastano: sono indispensabili anche quelli della minoranza del Pd, vista anche la transumanza in direzione governativa degli “ex grillini” voltagabbana: “cittadini” eletti al grido di “vaffa al Pdl e al Pdmenoelle” che fino a un anno fa, prima di andarsene o essere espulsi, combattevano le “riforme” renziane con parole di fuoco e gesti eclatanti, dopodichè giurarono che si sarebbero dimessi da parlamentari, salvo poi restare a pie’ fermo con tutte le diarie e le indennità , e ora mendicano poltrone ministeriali e di sottogoverno in cambio dell’atterraggio morbido a corte.
I Bersani, i Cuperlo, i Fassina vogliono continuare a combattere la svolta autoritaria nei convegni, nei talk show e nelle interviste ai giornali, per poi votare ogni schifezza in Parlamento?
Oppure intendono riappropriarsi finalmente dell’articolo 67 della Costituzione (“Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”) per difenderla tutta intera?
Perchè è per difenderla, non per demolirla, che furono votati due anni fa. Renzi, mai eletto da nessuno se non per fare il sindaco di Firenze, degli elettori può tranquillamente infischiarsene: loro no.
Un giorno saranno chiamati a rispondere del loro voto di oggi.
Marco Travaglio
(da “il Fatto Quotidiano“)
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