DALL’ANATEMA AI DIECI SÌ: L’ASSE CASALEGGIO-DI MAIO COSTRINGE GRILLO A DIALOGO
COME IL TANDEM DEI “TRATTATIVISTI” OTTIENE IL CAMBIO DI ROTTA
L’inimmaginabile si consuma tra le tende di broccato e le tele antiche dello studio di Luigi Di Maio.
In un pomeriggio rivoluzionario, il Movimento cinque stelle pronuncia “dieci sì” al Pd sulla riforma elettorale, mentre il vicepresidente della Camera assume fragorosamente il comando dei pentastellati.
In poche ore, al culmine di un confuso ping pong di accelerazioni e frenate, Gianroberto Casaleggio impone la linea del confronto, piegando Beppe Grillo e mortificando la sua furia telefonica.
L’epicentro del caos è il quartier generale di Di Maio.
È ancora mattino quando il Pd annulla con una nota del capogruppo l’atteso streaming sulle riforme. Serve una risposta scritta, segnalano i democratici. Lo staff comunicazione del Movimento entra in fibrillazione, si decide di convocare al volo una conferenza stampa.
Senza Grillo, che pure qualcuno nel Movimento segnala in arrivo a Roma. «Nessuna spaccatura», ordina il guru.
Di fronte ai giornalisti, Di Maio si dice «esterrefatto» dal Pd e giura che d’ora in avanti parlerà solo con Renzi.
Non ribalta il tavolo, però, perchè questa è la linea del cerchio magico: «Non vogliamo farlo saltare», giura il “reggente”. Come gesto di buona volontà , anzi, i grillini compiono una mossa che complica lo schema del Pd: elencano i dieci sì al confronto, ipotizzano una legge elettorale con il ballottaggio che assegna alla lista vincente il 52% dei seggi.
Per il primo turno suggeriscono proporzionale puro e preferenze.
Pochi minuti e il vicesegretario Lorenzo Guerini lascia intravedere un spiraglio per riaprire la trattativa. È in quel preciso istante che, come un fulmine, si scarica l’ira di Grillo.
Improvvisa, spazza via ogni velleità di dialogo: «Un confronto democratico e trasparente è oggi impossibile ».
Peggio, i grillini «non possono essere trattati come dei paria da sbruffoni della democrazia. Abbraccio i ragazzi che si sono fatti prendere in giro da questi falsi e ipocriti che parlano di 10 punti, del documento… Da consegnare a casa di chi?». L’ultimo ragionamento è un grido di battaglia: «Non concediamo più un millimetro. Basta, adesso opposizione vera e dura. Stiamo scivolando lentamente verso una dittatura a norma di legge».
La base, in rivolta fin dal mattino sul blog e infuriata con i dem, esulta.
Come i falchi: «Abbiamo avuto fin troppa pazienza – dice del Pd Andrea Colletti – noi possiamo stare al tavolo fino a un certo limite, che è stato però valicato».
Tutto finito? Neanche per idea.
Il Movimento vive ore drammatiche, Di Maio chiama a raccolta alcuni fedelissimi come Danilo Toninelli, Ilaria Loquenzi e Silvia Virgulti. Rocco Casalino chiude a chiave la porta. La tensione è altissima, il telefono bollente.
Il vicepresidente, maniche di camicia arrotolate, concorda con il guru la correzione di rotta del comico genovese. Sentono anche Beppe.
Poco dopo sul blog – scopre l’Espresso – scompare per un po’ la parte più dura dello stenografico del leader.
E si assiste a una retromarcia bruschissima: «Il M5S ha il dovere di migliorare la legge elettorale e ci proverà fino in fondo. Tra il mio intervento e la conferenza stampa di Di Maio non vi sono contraddizioni».
Ci sono, invece. Ed esplodono a sera, quando dopo un lavoro certosino affidato ad Aldo Giannuli, arrivano le dieci risposte a Renzi: «Così il Pd non avrà più alibi». Preventiva, arriva pure la precisazione: «Non c’è contraddizione fra il gruppo e Grillo».
La fotografia della rivoluzione consumata tra i pentastellati non sfugge però a nessuno: «Per me Luigi ha segnato un punto – sostiene l’avversario-amico Roberto Giachetti – costringendo Grillo a fare marcia indietro».
La pattuglia parlamentare assiste allibita, disorientata. Tacciono i legionari della prima ora. Ma mugugnano, soprattutto quando a sera scoprono che Di Maio è ospite di Mentana in Tv.
Eppure Beppe aveva ”scomunicato” il piccolo schermo solo pochi giorni prima.
Tommaso Ciriaco
(da “La Repubblica”)
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