DIETRO LA CACCIATA DI PIZZAROTTI LA PRESSIONE DEI FALCHI, COSI’ E’ NATA LA NORMA AD PERSONAM
LUNGHE ORE DI PRESSING DEGLI ORTODOSSI E DELLA COMUNICAZIONE CHE SI INVENTANO UN PROVVEDIMENTO NON PREVISTO DALLO STATUTO
L’Epurazione, perchè tale è nella sostanza, per ritrovare l’equilibrio politico. L’Epurazione come valium per il placare il nervosismo interno.
Perchè da ieri, da quando è esploso il caso Pizzarotti, Beppe Grillo è stato subissato di mail, telefonate. Anche dei parlamentari, anzi soprattutto dei parlamentari alla Morra, i falchi, puri, ortodossi in nome dell’“abbiamo sempre detto che ci si dimette per un avviso di garanzia”.
Lo diceva anche Luigi Di Maio, nuovo leader e aspirante candidato premier.
Sulla rete rimbalza la sua intervista a alla Stampa in cui invoca le dimissioni anche di fronte a un avviso di garanzia per abuso d’ufficio, per non parlare della richiesta di dimissioni ad Alfano, quando esce la notizia che è indagato — per abuso d’ufficio — per il trasferimento del prefetto di Enna.
C’è questo fuoco sotto la cenere del caso Pizzarotti.
La richiesta (da parte dei parlamentari) di un incontro con Grillo. “Non la reggiamo, così non la reggiamo” ripetevano i comunicatori pentastellati. “Non possiamo assumere una posizione poco chiara”.
Per un giorno hanno provato a imbastire una linea per uscire dal fuoco di fila del Pd. E per trovare una coerenza tra la copertura dei sindaci indagati e mesi in cui, sugli avversari politici, qualunque reato — tanto abuso d’ufficio, tanto concorso esterno, senza distinzione — è stato caricato come una condanna preventiva, buona per proteste, sfiducie parlamentari, campagne o manganellate mediatiche.
Attività molto redditizia in termini di consenso. E allora: vale la pena scaricare questa Santa Barbara giustizialista in nome della difesa di Pizzarotti?
Già Nogarin è stato difficile da reggere, però andava fatto perchè “ortodosso”. Pizzarotti no, è l’eretico anche con una certa consistenza di consenso.
Con lui i rapporti sono inesistenti da mesi, almeno dallo scorso autunno, di reciproca insofferenza, da “nemici”. Sono di allora gli ultimi contatti. Poi, il gelo.
Nasce da qui la “svolta”, con la decisione di “sospendere” Piazzarotti, maturata nei contatti tra Milano e Genova.
Attenzione, Grillo spiega che non per l’avviso di garanzia viene “sospeso” Piazzarotti ma perchè non ha rispettato il codice della trasparenza, rifiutandosi di mandare i documenti giudiziari richiesti dai vertici del Movimento.
Peraltro dopo aver tenuto per sè il segreto di essere indagato, questo sì a differenza del ligio Nogarin che la notizia l’ha diramata per primo.
Una norma, non presente nello statuto, ad personam che consente a Nogarin di rimanere in sella e di condannare Pizzarotti.
Ad personam, perchè nello statuto non è prevista l’istituto della “sospensione” nè per un avviso di garanzia nè per trasparenza, virtù della quale non brilla neanche il candidato sindaco di Roma Virginia Raggi, che ha omesso di rendere noto il suo praticantato da Previti.
Chi ha la memoria più robusta non può non notare che la sospensione rappresenta un unicum nel mondo pentastellato.
Prima funzionava che Casaleggio decideva l’espulsione, che poi veniva ratificata dal mitico web. Stavolta, via web, è stata direttamente consegnata la sentenza senza avviso preventivo.
E non è sbagliato, parlando con fonti informate, dire che — in fondo — il Direttorio non aspettava altro per liquidare Pizzarotti, vissuto come un fastidioso corpo estraneo nel Movimento.
A monte della scelta c’è una convinzione granitica. E cioè che, nell’elettorato dei 5Stelle, sarebbe stato difficile spiegare il perchè un avviso di garanzia non porta alle dimissioni, non la cacciata di fatto.
E in parecchi ricordano i precedenti: “Dopo le espulsioni non abbiamo mai perso voti, anzi”. Insomma, come diceva Giuseppe Stalin, “il Partito, epurandosi, si rafforza”.
(da “Huffingtonpost“)
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