DOV’ERA LA POLITICA ALLA CAMERA ARDENTE DI GINO STRADA?
FUORI, AL LORO POSTO, A RAPPRESENTARE IL VUOTO TOTALE DELLA MISERIA UMANA
C’è una grande assente nelle 48 ore in cui Emergency ha aperto le sue porte a Milano per dare l’ultimo saluto Gino Strada: la politica. Nessun esponente del governo. Nessun leader di partito. Nessun membro delle istituzioni (a parte il sindaco di Milano Beppe Sala). Zero. Nulla. Il vuoto totale
Ma l’unica domanda sensata da farsi non è: “Dov’era la politica?” bensì “Quando mai c’è stata?”
C’è solo una cosa che avrebbe indignato più della loro assenza: la loro presenza, in una passerella ipocrita che avrebbe fatto rivoltare, per primo, proprio Gino.
Perché quello è il loro posto: fuori di lì, fuori da quella camera ardente, lontani da Gino Strada da morto almeno quanto lo sono stati da vivo
Perché mai avrebbero dovuto essere lì quei politici che per trent’anni lo hanno corteggiato, lisciato, candidato sulla carta a qualunque incarico, che lo volevano al Ministero della Salute e, non appena lui cominciava a parlare di sanità pubblica, spegnevano il telefono e si dileguavano. Quelli di cui lui disse: “Volevano il mio nome, ma non le mie idee”.
Quelli che quando veniva comodo lo sbandieravano come Presidente della Repubblica e, una volta al governo, hanno trattato le ong come criminali e trafficanti di esseri umani, sequestrato in mare quegli stessi migranti che Gino Strada salvava dalle bombe in terra.
Quelli che Gino Strada era “un eroe” finché ricostruiva le gambe dei bambini afghani macellate dalle mine antiuomo, ma, quando faceva i nomi e i cognomi di chi le aveva armate quelle mine, all’improvviso diventava un “pazzo”, un “esaltato”, un “reietto”, un “rompicogl****”, nella migliore delle ipotesi un ingenuo.
I miserabili che gli hanno detto che con Emergency “si è arricchito”, a lui che non ha mai fatto una visita privata in vita sua né ha mai preso 500 lire in più del suo stipendio.
Quelli che, ancora pochi mesi fa, non lo hanno voluto come commissario alla Sanità in Calabria perché uno come Gino Strada avrebbe significato smettere di mangiare.
Nella camera ardente, proprio sopra la sua bara, campeggiava un grande cartello che recitava così: “I diritti degli uomini devono essere di tutti gli uomini, proprio di tutti, sennò chiamateli privilegi.”
Bisogna essere degni di un cartello così, di parole così, di un uomo così. Bisogna meritarselo, uno come Gino Strada.
Altrimenti è meglio rimanere un passo indietro, un metro fuori, in una misera, glaciale indifferenza, che è infinitamente meno scandalosa di trent’anni di ipocrita e pelosa riverenza.
(da NextQuotidiano)
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