E’ ARRIVATO UN NUOVO VENDITORE DI PENTOLE: IL LIBRO DEI SOGNI DI RENZI COSTA PIU’ DI 100 MILIARDI
DEBITI DELLA P.A., CUNEO FISCALE E SOSTEGNO: TANTE CHIACCHIERE, NIENTE COPERTURE
A prendere per buone le parole pronunciate da Matteo Renzi in Senato, ci sarà da svuotare ogni tasca e rompere ogni salvadanaio ministeriale per reperire le risorse necessarie a mantenere le promesse del premier. E probabilmente non basterà .
Non c’è spending review o norma sul rientro di capitali che possa riuscire a saldare il conto salatissimo degli impegni presi nell’aula di Palazzo Madama dal presidente del Consiglio: quasi 100 miliardi di euro.
Come ordine di grandezza, l’Università Bocconi ha stimato a novembre il valore della somma di tutte le maggiori partecipazioni pubbliche.
In altre parole, quanto incasseremmo se vendessimo tutto: Eni, Terna, Snam, Rai, Finmeccanica, Ferrovie, Poste e così via.
Cedere tutto porterebbe nelle casse pubbliche circa 92 miliardi di euro, meno di quanto sarebbe necessario per finanziare l’”Agenda Renzi”.
Sono quattro le misure più importanti annunciate dal premier.
Il primo è un impegno concreto per uno “sblocco totale, dei debiti della pubblica amministrazione”. Che significa, visto che dei 91 miliardi stimati dalla Banca d’Italia il governo ha impegnato risorse — tra 2013 e 2014 — per 47 miliardi di euro, garantire anche i 44 mancanti, trascurando ovviamente i nuovi debiti accumulati.
Cifre pesantissime, che pur reperite attraverso l’emissione di titoli di Stato, rischiano di impattare inevitabilmente su deficit e debito.
Il premier ha ipotizzato già una possibile soluzione: l’utilizzo della Cassa Depositi e Prestiti come possibile veicolo, cioè sgravare dai conti pubblici —almeno direttamente visto che la Cassa è partecipata in maggioranza dal Tesoro – il saldo dei debiti.
Una soluzione che, al di là degli annunci, va verificata considerati i limiti statutari della Cdp.
Ma la vera proposta shock del sindaco di Firenze, e che ha fatto sobbalzare gli osservatori, è l’impegno per un drastico taglio del costo del lavoro, una “riduzione a doppia cifra” attraverso “misure serie e irreversibili, non solo attraverso il taglio della spesa, per avere nel primo semestre del 2014 risultati immediati e completi”. L’obiettivo del premier è costruire una netta discontinuità con Enrico Letta, che malgrado notevoli sforzi è riuscito a inserire nella Legge di stabilità un riduzione molto modesta del cuneo fiscale, inferiore al punto percentuale.
Così come è stata annunciata — senza limiti al reddito e all’età dei lavoratori — l’operazione varrebbe diverse decine di miliardi, ma è più che plausibile immaginare che il premier opterà per una riduzione selettiva.
Uno studio de lavoce.info ha calcolato quanto costerebbe la riduzione di dieci punti per i soli lavoratori under40, almeno 27,5 miliardi.
Secondo Confartigianato, estendendo il taglio a tutti, la cifra lieviterebbe fino a 34-35 miliardi.
Senza entrare nel merito, Renzi ha ribadito un altro degli impegni più onerosi della propria azione di governo.
L’introduzione, attraverso il Jobs Act, di un sussidio universale di disoccupazione che allarghi il paracadute delle garanzie per chi perde il lavoro anche ai lavoratori autonomi.
Al di là degli annunci bisognerà attendere che il responsabile economico del partito democratico Filippo Taddei traduca le parole del presidente del Consiglio in cifre. Pagina99 ha provato a fare i conti in tasca del provvedimento così come è stato annunciato, e aspettando che venga definita con precisione la platea dei beneficiari, stimando in 18 miliardi la cifra necessaria.
Chiude la serie di promesse del governo, l’impegno per un “un piano per intervenire in modo concreto e puntuale sull’edilizia scolastica, un programma nell’ordine di qualche miliardo di euro”.
L’idea è quella di un piano di investimenti pubblici, ancora non quantificabile, ma che possa avere ricadute dirette sul comparto edilizio.
Un modo da un lato per sanare la situazione allarmante degli istituti- secondo Legambiente circa il 40% oggi sarebbe a rischio — dall’altro per dare una spinta alla crescita.
Come a dire: Quand le bà¢timent, tout va, “quando l’edilizia va, tutto — e quindi l’economia — va”. Un refrain carissimo a uno dei predecessori del premier.
Non Enrico Letta, nè Mario Monti: Silvio Berlusconi.
Quasi 50 miliardi per i debiti Pa, seppur attraverso la Cdp, 30 miliardi per la cura shock sul cuneo fiscale, 18 miliardi per il sostegno universale al reddito, 3-4 miliardi per l’edilizia.
Da sole le misure sfondano quota 100 miliardi.
La prima sfida del premier, conclusa l’abbuffata di promesse, sarà ora spiegare come pagare il conto.
(da Huffingtonpost”)
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