E’ PARTITA LA CORSA ALLE REGIONALI: SCHLEIN SOGNA DI STRAPPARE ALLA MELONI LE MARCHE, DOVE GOVERNA IL FEDELISSIMO DELLA SORA GIORGIA, FRANCESCO ACQUAROLI
A SINISTRA SONO CERTI DI RIVINCERE IN CAMPANIA (PREVIO ACCORDO CON DE LUCA), PUGLIA (DECARO) E TOSCANA (GIANNI), A DESTRA HANNO IN TASCA IL VENETO… A PALAZZO CHIGI ALEGGIA UNA CERTA APPRENSIONE: LA PREMIER TELEFONA SPESSO AD ACQUAROLI E HA CHIESTO AI SUOI MINISTRI DI SOSTENERLO IN OGNI MODO
Genova e il referendum. Dopo il referendum, e dopo l’estate, ci sono cinque regioni al voto, sei con la Valle d’Aosta. Praticamente urne aperte tutto l’anno, per la gioia di una politica che è sempre in campagna elettorale, anche a urne chiuse. Figuriamoci quando sono in calendario.
Mentre fuori il mondo va a pezzi, nel Palazzo, infatti, già non si parla d’altro, con quell’attitudine a trasformare ogni appuntamento elettorale in
un’ordalia, da cui dipendono i destini della politica nazionale. E c’è da scommettere che, alla fine del giro, partirà la lunga campagna verso le politiche. Insomma, un clima già da fine legislatura.
Stavolta tocca alle Marche di Francesco Acquaroli, il fedelissimo di Giorgia Meloni che strappò alla sinistra la seconda regione rossa dopo l’Umbria anticipando l’onda che sarebbe arrivata. È presto detta la ragione di cotanta enfasi: da un lato (a sinistra) sono certi di rivincere in Campania, Puglia e Toscana, dall’altro (a destra) in Veneto nonostante le fibrillazioni sul terzo mandato. La Marche dunque fanno la differenza tra 3 a 2, in cui ognuno tiene quel che già ha, e un 4-1, con una Regione strappata, su cui costruire il racconto dell’inarrestabile avanzata.
A Palazzo Chigi aleggia una certa apprensione. E proprio per “spoliticizzare” il voto e l’effetto referendum sul governo non solo non hanno alcuna intenzione di celebrare un unico election day, ma hanno anche in mente la mossa luciferina di togliere le Marche dal “mazzo” di ottobre. È pressoché certo che si voterà il 21 settembre, relativamente presto per una regione balneare. L’obiettivo è accorciare il più possibile la campagna elettorale – per dare meno tempo allo sfidante Matteo Ricci – ed evitare l’effetto trascinamento di un voto dopo le possibili sconfitte nelle regioni dove vince la sinistra.
Lì la partita sembra aperta. E non a caso ieri la premier ha ricevuto Acquaroli, con tanto di foto sui social, per dimostrare la sua attenzione alle Marche. È vero che il centrodestra governa ovunque tranne Pesaro ed è avanti di qualche punto ma non è suonata come rassicurante la classifica del Sole24ore, dove il governatore uscente figura all’ultimo posto della classifica per consenso e fiducia. Peraltro è una partita che Elly Schlein ha molto nelle corde,
Perché il vero punto debole dell’amministrazione uscente è la sanità, segnata da diversi dati negativi: le liste d’attesa sono ingestibili, secondo la fondazione Gimbe la percentuale delle famiglie che ha rinunciato alle cure è tra le più alte rispetto alla media nazionale, i numeri di chi ricorre a visite nel privato sono da record, l’attuazione del Pnnr riscontra clamorosi ritardi
(un solo ospedale di comunità realizzato, gli altri sei sono fantasma).
E se un pezzo della partita è tra gli schieramenti, l’altro è tutto interno al campo largo.
Perché Elly Schlein, ha deciso di trasformare le regionali in una tappa fondamentale per presentarsi come l’anti-Meloni. Tutte le sue mosse raccontano questo: agganciare Conte, in chiave nazionale, e rafforzarsi come leadership nel Pd. Per poi contarsi alle primarie, dando per scontato che il leader pentastellato non potrà sottrarsi.
Per questo vuole dare la Campania a Roberto Fico, senza trattare con Vincenzo De Luca che minaccia il terzo polo se il candidato non è concordato. E per questo vorrebbe – anche se è molto complicato – sostituire l’uscente Eugenio Giani in Toscana, che non ha l’appoggio dei Cinque Stelle, candidando uno dei suoi, il segretario regionale e parlamentare Eugenio Fossi, mettendo poi Giani nel suo collegio.
E c’è un motivo se la segretaria del Pd vorrebbe dare il suo via libera in Puglia alle candidature, come capolista a sostegno di Antonio Decaro, di Michele Emiliano e Nichi Vendola, cosa che Decaro non gradisce. Diventerebbe, nell’immaginario, la regione dei “tre governatori” e di una vittoria non attribuibile solo all’ex sindaco di Bari, che nei desiderata di qualcuno è vissuto come un competitor alla guida del Pd. È così pimpante che, per tirare di qua Calenda, gli ha anche promesso che nel suo governo lo rifarà ministro perché lo considera molto competente.
(da agenzie)
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