ECCO LA PROPOSTA DI AUTOSTRADE PER TROVARE UN ACCORDO PER IL GOVERNO
3,4 MILIARDI COME RICHIESTI, RIMODULAZIONE DELLE TARIFFE E SOCIO DI MINORANZA AL 15%
La proposta di accordo con il governo per ripartire, a ormai due anni dalla tragedia del Ponte Morandi, è ora sul tavolo del governo dopo che un consiglio di amministrazione di Aspi in mattinata ne ha approvato i punti cardine.
Secondo indiscrezioni attendibili la società avrebbe accolto le richieste avanzate dai tecnici del governo nella riunione di mercoledì scorso e sarebbe disposta ad alzare l’ammontare del pacchetto di risarcimento da 3 a 3,4 miliardi.
Di questa cifra 700 milioni sono destinati alla ricostruzione del Ponte Morandi e a vari indennizzi per la città di Genova, 1,5 miliardi sono costituiti da opere di manutenzione straordinaria lungo tutta le rete autostradale in concessione, mentre la restante parte, cioè 1,2 miliardi, servirebbero a finanziare una corposa riduzione delle tariffe su uno schema preparato dall’Autorità dei Trasporti.
I tecnici dei ministeri del Mef e del Mit avevano infatti chiesto che lo sforzo sulle tafiffe fosse spalmato su tutto l’arco della concessione e non solo per i primi anni.
A questo pacchetto si aggiungono 14,5 miliardi di investimenti previsti fino al 2038 e 7 miliardi di manutenzioni.
Ma questo insieme di impegni per essere realizzabile richiede a monte una modifica del decreto Milleproroghe approvato a gennaio e che prevedeva un valore di indennizzo a favore di Aspi in caso di revoca della concessione di 7 miliardi, valore molto più basso dei 23 miliardi previsti dalla convenzione siglata nel 2008.
Questo è il punto più delicato di tutta la trattativa poichè in questo momento, essendo in vigore il Milleproproghe, le società di rating hanno declassato Aspi al livello di spazzatura con il conseguente blocco dei finanziamenti sul mercato dei capitali.
Ora si vedrà quale sarà l’atteggiamento a livello politico alla nuova proposta arrivata da Aspi. Lo scontro si è acceso nei giorni scorsi tra chi chiede la revoca della concessione a tutti i costi, in particolare molti esponenti dei 5 Stelle, e chi vorrebbe trattare una modifica della concessione con i Benetton.
Ma il tema è molto caldo come dimostra anche l’ultima minaccia – ribadita ancora dal premier Conte da Venezia – di arrivare alla revoca della concessione, se la nuova proposta non dovesse esser ritenuta sufficientemente positiva per l’interesse pubblico. L’esecutivo dovrebbe dare il suo verdetto nel Consiglio dei ministri in agenda per martediì.
Parallelamente dovrebbe svolgersi già oggi un cda di Atlantia in cui si dovrebbe formalizzare la volontà da parte del principale azionista di Aspi, con l’88%, di scendere al di sotto del 51% attraverso un aumento di capitale.
Questa disponibilità dovrà essere posta all’attenzione del governo anche se non fa parte del pacchetto proposto da Aspi, ma è un punto qualificante in quanto vorrebbe dire che la famiglia Benetton, attraverso Edizione Holdin e Atlantia, scenderebbe a una quota di circa il 15% di Aspi e permetterebbe al governo di assegnarsi una vittoria quasi piena, senza assegni a favore della famiglia veneta ma con soldi privati che rafforzano le società autostradali e permettono un forte sviluppo degli investimenti nei prossimi anni. A entrare nel capitale di Aspi, nel caso l’accordo tra società e governo andasse avanti, potrebbero essere sia la Cassa Depositi e Prestiti sia il fondo F2i e forse altri fondi infrastrutturali come l’australiano Macquaire.
Se l’indennizzo di legge tornasse ad elevarsi, oltre a riaprire il canale bancario di Aspi ci sarebbe un secondo risvolto: il valore della concessionaria salirebbe e Atlantia potrebbe più facilmente accettare un aumento di capitale per far entrare Cdp o F2i (con altri potenziali investitori), diluendosi dall’88 a sotto il 50%.
A quel punto, il governo non dovrebbe giustificare all’opinione pubblica un assegno alla famiglia Benetton per rilevarne le quote, mentre la holding dovrebbe rinunciare al controllo ma si ritroverebbe una partecipazione in una società rafforzata patrimonialmente (si parla di circa 3 miliardi) e dalle prospettive più solide.
Se le tessere di questo complicato puzzle non andassero a posto, la strada della revoca aprirebbe un contenzioso legale monstre, il problema di sostituire il gestore di 3 mila chilometri di strade e manderebbe all’aria la società .
(da “La Repubblica”)
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