ERA UN PARTITO, SARA’ UNA FAMIGLIA
ALLA SORELLA DELLA MELONI, E MOGLIE DEL MINISTRO LOLLOBRIGIDA, E’ STATO AFFIDATO L’INCARICO CHIAVE DEL TESSERAMENTO… IN VIA DELLA SCROFA “PASSAVANO 15 PERSONE AL GIORNO, ORA PIU’ DI 120”
È tempo di cantieri in via della Scrofa 39. Nello storico quartier generale della destra italiana si sta lavorando su due fronti: se gli operai sono impegnati ad ampliare la sede, i vertici di FdI hanno messo a punto la riorganizzazione della «macchina» del partito, che aveva bisogno di un radicale tagliando dopo la conquista di Palazzo Chigi.
Il primo nome che colpisce è quello di Arianna Meloni, sorella della premier Giorgia e moglie del ministro Francesco Lollobrigida, nominata ufficialmente nuova responsabile del tesseramento. Un ruolo chiave: lei è una dipendente del partito (a parte la parentesi alla Regione Lazio), conosce a menadito ogni equilibrio e meccanismo interno; inoltre, ça va sans dire, è fidatissima. Nel 2022, Fratelli d’Italia aveva 204.128 tesserati e nel 2023 c’è l’obiettivo di crescere ulteriormente: missione, appunto, affidata, alla «sorella d’Italia». Per avere un confronto: «Nel 2014 eravamo meno di 25 mila e fino al 2020 siamo sempre stati sotto le 50 mila tessere — spiegano dal partito —. Negli ultimi anni i tesseramenti sono più che quadruplicati».
La riorganizzazione è stata varata da Meloni in prima persona. Giovanni Donzelli è confermato capo dell’organizzazione (qui il ritratto) . Nell’organigramma del partito, tra le new entry, ci sono l’eurodeputato Nicola Procaccini (Ambiente); il sindaco de l’Aquila Pierluigi Biondi (Enti locali) e il senatore Alberto Balboni (Sicurezza). Confermati, tra gli altri: Andrea Delmastro, sottosegretario alla Giustizia, che continuerà a seguire la medesima materia al partito; la deputata Carolina Varchi (Mezzogiorno) e Federico Mollicone (Cultura).
Ma oltre alla riorganizzazione della «macchina», Fratelli d’Italia ha ora bisogno di una sede più grande. I vertici del fu «partitino», durante gli anni della dura ripartenza dopo l’addio al Pdl, qui hanno lavorato in maniera «comoda», raccontano. Ma oggi, diventato il primo partito d’Italia, la sede è presa praticamente d’assalto ogni giorno. E così i meloniani hanno dovuto varare il (quasi) raddoppio degli spazi, inglobando anche parte del piano terreno, pagando un affitto complessivo alla Fondazione An, proprietaria dell’immobile.
Qui, il 17 dicembre del 1984, Giorgio Almirante inaugurò la sede del Msi, pagata tre miliardi di lire: le stanze ricevettero anche la benedizione del parroco di Sant’Agostino. Oggi, sotto la sede incastonata tra Camera e Senato, il traffico è esponenzialmente più intenso di allora. I numeri, emblematici di questa crescita, nella mattinata che abbiamo passato in via della Scrofa, ce li racconta Alfonso, da una vita storico portiere e tuttofare del partito: «Da questo portone, fino a prima della vittoria alle ultime elezioni, passavano una ventina di persone al giorno. Oggi arriviamo a 100-120: ce vorebbe er viggile», scherza in romanesco. Le quattro sedie all’ingresso, che prima avanzavano, ora sono sempre occupate. Così la prima parte del cantiere meloniano partirà proprio dalla realizzazione di una sala d’aspetto molto più grande.
Poco più avanti c’è l’ufficio di Meloni, e che fu di Almirante, dove la premier, anche se raramente, continua a passare a tarda sera per incontri riservati. Qualche stanza dopo, in questo percorso a ferro di cavallo, tra gli scatoloni appare Giovanni Donzelli, soddisfatto per la netta vittoria alla Regionali in Molise. Nella sua stanza c’è un tavolo in radica: era di Fini. Il deputato, da qui, gestisce ogni movimento di FdI sul territorio. «Siamo un partito “pesante”, radicato in paesi e città, mantenendo la centralità del tesseramento, rimasto però sempre “leggero” — racconta —. Siamo sempre stati attenti alle spese: oggi abbiamo 8 dipendenti, magari ne assumeremo un paio in più dopo l’ampliamento della sede. Ma niente di più». Il Pd, per fare un paragone, oggi di dipendenti ne ha circa 130, nel tunnel di una lunga cassa integrazione.
(da Il Corriere della Sera)
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