FARO DEL QUIRINALE SULL’AUTONOMIA: SOTTO ATTENTO ESAME NORME E COPERTURE
IL COLLE SI PRENDE 30 GIORNI PER VAGLIARE LA RIFORMA
Viene definito un provvedimento «complesso» e per questo il Quirinale vuole fugare, prendendosi «il giusto tempo», qualsiasi dubbio costituzionale, inclusa la copertura di bilancio, del disegno di legge sull’Autonomia differenziata approvato dal Parlamento. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella si prenderà quindi, come fa di prassi, tutto il tempo necessario, nel limite dei trenta giorni previsti dalla legge, prima di promulgare la norma controfirmandola.
Il Quirinale nella sua storia ha rimandato al Parlamento solo due leggi per motivi Costituzionali: quella sul fine vita nei giorni del caso di Eluana Englaro, presidente Giorgio Napolitano, e quella sulle mine anti uomo, presidente Mattarella, che depenalizzava diverse condotte per i finanziatori di queste armi illegali.
In altri casi la promulgazione è stata accompagnata da lettere contenenti rilievi come la mancata copertura di bilancio. È a questi precedenti che si rifà chi provi a ipotizzare l’esito dell’esame del Colle. Il ddl sull’Autonomia, ad esempio, non prevede coperture rimandando ad accordi con lo Stato la cessione delle diverse materie alle Regioni: ma alcune di quelle materie, anche di tipo tributario con il trattenimento di risorse e imposte, sono subito trasferibili alle Regioni che ne fanno richiesta.
Il rispetto di tutti i principi costituzionali, inclusa la necessaria copertura finanziaria delle leggi, sarà attentamente valutato dal Quirinale, dove «l’esame è appena cominciato» e sarà certamente accurato: il presidente gli dedicherà «lo stesso scrupolo e la stessa attenzione che ha per ogni provvedimento».
Il ddl Calderoli prevede la possibilità di cedere 23 materie alle Regioni: per quattordici materie però, come Sanità e Scuola, occorre prima fissare i Livelli essenziali delle prestazioni e dare al Mezzogiorno le risorse per arrivare a questi livelli. Nove materie invece sono subito delegabili e alcune Regioni, come Veneto e Lombardia guidate dai governatori leghisti Luca Zaia e Attilio Fontana, sono pronte a chiederle non appena la legge sarà pubblicata in Gazzetta: entro i primi di agosto al massimo se il Capo dello Stato si prende tutti i 30 giorni.
L’opposizione è sulle barricate e c’è chi ha già tirato per la giacca Mattarella: il Movimento 5 stelle nei giorni scorsi, attraverso i capigruppo Francesco Silvestri e Stefano Patuanelli, ha chiesto al presidente di non firmare il provvedimento esercitando la prerogativa costituzionale di «rinvio presidenziale di cui all’articolo 74 della Costituzione».
Il Pd ha già annunciato un ricorso alla Consulta e l’avvio dell’iter per chiedere un referendum costituzionale contro «una riforma che dividerà ulteriormente il Paese, aumentando le distanze tra un Nord sempre più ricco e un Sud sempre più povero». Come conferma il capogruppo del Pd al Senato Francesco Boccia: «Il ddl Calderoli che spacca l’Italia non rispetta molti articoli della Costituzione. E, anziché attuare tutto il Titolo V», frutto della riforma costituzionale varata dal centrosinistra nel 2001, «attua solo il comma 3 dell’articolo 116», che prevede la possibilità con legge ordinaria di attribuire alle Regioni forme di autonomia. «È l’ossessione leghista per il portafoglio. Alla Lega interessavano solo soldi e stendardo». Critiche al ddl arrivano anche dal fondatore di Libera don Luigi Ciotti: «Non si può affrontare lo scandalo delle disuguaglianze e della povertà promuovendo strategie differenziate». E dal procuratore di Napoli Nicola Gratteri: «Abbiamo bisogno di un’Italia unita e più forte. Sarebbe anzi necessario, nazionalizzare la sanità».
Il ddl sta creando tensioni anche all’interno della maggioranza, che l’ha votata compatta ma con diverse assenze. In difficoltà è il segretario di Forza Italia, Antonio Tajani, alle prese con la rivolta dei suoi al Sud. «C’è un’esigenza di rassicurare — dice Tajani alla Stampa — capisco benissimo le preoccupazioni, ma FI, prima al Senato e poi con gli ordini del giorno approvati alla Camera, è intervenuta per migliorare la legge. Proporrò l’istituzione di un osservatorio delle Regioni sulla riforma».
Il tema dei divari di cittadinanza tra Nord e Sud resta sullo sfondo rispetto a una legge che per molti potrebbe acuire le diseguaglianze e di sicuro non si occupa di ridurle. Su questo aspetto, invece, il capo dello Stato è intervenuto più volte: «L’equilibrio territoriale è un fattore cruciale di equilibrio sociale», ha detto lo scorso 12 giugno, aggiungendo che «questo divario frena lo sviluppo nazionale nel suo insieme»
(da repubblica.it)
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