FIDUCIA O MUERTE: ANCHE SILVIO “TIENE FAMIGLIA”
VERTICE CON I FIGLI AD ARCORE, ALLA FINE BERLUSCONI NON MOLLA… OGGI VOTO SUL BILANCIO, LA LEGA AVVERTE: FATTI DA PARTE
La Famiglia, innanzitutto. Il partito e la maggioranza solo un zerbino per resistere e non mollare, andando allo scontro finale oggi alla Camera sul rendiconto di bilancio.
L’ultima parola, quella che conta, Silvio Berlusconi l’ha pronunciata davanti al vero gabinetto di guerra riunito ad Arcore: i figli Marina e Pier Silvio e l’amico di sempre Fedele Confalonieri.
Perchè la tutela di Fininvest e Mediaset vale più di un Paese in crisi. L’eterno conflitto d’interessi. Il Cavaliere ha visto i suoi all’ora di pranzo e ha “sputtanato” il pressing amico di Giuliano Ferrara (Il Foglio) e Franco Bechis (Libero) che davano per “imminenti” le dimissioni del capo del governo.
Invece, no.
In una telefonata allo stesso quotidiano diretto da Maurizio Belpietro, Libero, il Cavaliere si fa falco di se stesso e proclama: “Domani (oggi per chi legge, ndr) si vota il rendiconto alla Camera, quindi porrò la fiducia sulla lettera presentata a Ue e Bce. Voglio vedere in faccia chi prova a tradirmi. Non capisco come siano circolate le voci delle mie dimissioni, sono destituite di ogni fondamento”.
In pratica, è la liquidazione di un governo guidato dal suo braccio destro Gianni Letta (magari con Maroni e Alfano vicepremier), almeno per il momento.
Ipotesi che aveva come condizione indispensabile il fatidico “passo indietro” o “laterale”, e che ieri gli avrebbe chiesto pure la Lega di Bossi.
Piuttosto, B., preferisce andare in aula e guardare in faccia i “i traditori”.
L’ha ripetuto ai figli, a Confalonieri e anche all’avvocato-deputato Niccolò Ghedini che li raggiunti a Villa San Martino, la tenuta familiare di Arcore.
Un summit aziendale di Famiglia, senza dimenticare i guai giudiziari di Berlusconi.
A loro, il premier ha affidato la sua decisione dopo l’ennesimo vertice notturno del Pdl: “Io non cambio linea proprio ora, preferisco andare a sbattere piuttosto che darla vinta a quelli là ”.
Marina, la primogenita che siede nel cda di Mediobanca ed è a capo di Fininvest e Mondadori, sarebbe stata la più entusiasta: “Papà , fai benissimo, non devi assolutamente mollare”. Detto fatto.
Il momento della verità sarà oggi sul rendiconto già bocciato una volta e che ha portato alla verifica della maggioranza con la fiducia del 14 ottobre scorso. In quell’occasione il centrodestra toccò quota 316.
Un risultato impensabile per oggi.
Secondo le previsioni più ottimistiche che circolano tra i falchi del Pdl arrivare a 314 sarà già un miracolo. La forbice però è abbastanza larga, da 314 si potrebbe anche scendere sotto i 310.
Tutto dipenderà dai “frondisti” dichiarati o ancora in sonno del Pdl e dalle assenze strategiche in aula (tipo il segretario del Pri Nucara).
Il loro numero è la vera scommessa del voto di oggi.
Perchè se non si verificherà la tanto annunciata slavina del Pdl e la partita si giocherà sul filo di un voto, a favore o contro Berlusconi, allora il premier avrà altre ragioni per resistere un giorno o una settimana in più.
Ieri in un Transatlantico praticamente deserto, nonostante la seduta pomeridiana, alcuni calcoli dei peones finivano con un pareggio 313 sì e 313 astensioni.
Scenari teorici, che dovranno fare i conti con la notte di trattative che si è aperta ieri sera quando B. è ritornato a Palazzo Grazioli, la sua residenza privata nella Capitale.
L’agenda prevede incontri e telefonate con tutti i ribelli, da quelli della lettera dell’Hassler (in particolare Bertolini, Stracquadanio e Antonione) a quelli già usciti e passati con l’Udc (la Carlucci e la D’Ippolito).
In ogni caso, secondo la prima cerchia del premier , stasera dopo il voto B. andrà al Quirinale per annunciare la sua road map: presentarsi in Parlamento per chiedere la fiducia sui provvedimenti chiesti dalla Ue.
In ballo c’è il maxiemendamento alla legge di stabilità .
Ma la frase riferita a Libero, “porrò la fiducia sulla lettera a Ue e Bce”, ha fatto nascere un nuovo mistero che aumenta il caos di queste ore.
Berlusconi potrebbe andare in Parlamento con “la lettera” e non con il maxiemendamento e puntare sulle divisioni dell’opposizioni in nome dell’emergenza nazionale. Non solo.
Dove andrà prima? Al Senato o alla Camera?
A Palazzo Madama, dove il vantaggio del centrodestra non è in discussione, l’attività riprenderà la prossima settimana e immaginare altri sette giorni in balia dei mercati e dello spread è da folli.
Soprattutto se la maggioranza dovesse diventare minoranza nel voto di oggi sul rendiconto: cosa farebbe in questo caso il capo dello Stato?
La tesi di andare prima al Senato è propugnata da chi vorrebbe un B. dimissionario dopo la fiducia incassata a Palazzo Madama.
Una prova difficile da reggere. Più probabile, allora, che il governo vada al giudizio di Dio a Montecitorio già questa settimana: domani le comunicazioni del Cavaliere, giovedì la fiducia.
Il “non mollo” di B. non ha affatto diminuito la varietà di scenari alternativi. Liquidato il governo Letta, prende corpo la candidatura del presidente del Senato Schifani, in caso di “altra personalità del Pdl”.
Ma il vero obiettivo da contrastare, per il premier, è l’esecutivo tecnico di Mario Monti, economista della Bocconi ed ex eurocommissario.
Soltanto che il varo del governo Monti avverrebbe solo con un certo margine di vantaggio, grazie alla presunta fuga del Pdl.
Ma se questo non accade, a partire da oggi, Berlusconi dirà a Napolitano che nemmeno l’opposizione ha i numeri.
Un gioco allo sfascio per arrivare alle elezioni anticipate nel 2012.
Fabrizio d’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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