IL FORTINO DEL BISCIONE E L’INCUBO DELLA MANNAIA SUGLI SPOT
IL TITOLO BALLA IN BORSA, MARINA E PIER SILVIO IN TRINCEA PER EVITARE L’EMORRAGIA DI MILIONI IN CASO DI FINE DEL DUOPOLIO RAISET
Arcore chiama Cologno Monzese: il vertice della famiglia (allargata) telecomanda figli e fedeli alla corte del premier agonizzante.
L’arrivo di Pier Silvio, dopo Confalonieri e Marina, a Villa San Martino ieri in mattinata è, letteralmente, la “prova televisiva”.
Un summit che spiega come l’impero finanziario sia la prima preoccupazione del premier.
E la consueta confusione del conflitto d’interessi, in un giorno in cui la Borsa racconta l’altalena (anche) dei titoli di casa B., sballottati da annunci e smentite sulla fine dell’esecutivo.
Le azioni Mediaset ieri mattina perdevano circa il 2,6% per risalire poco dopo le 12 alla notizia sulle dimissioni ad horas, lanciata come una bomba da Giuliano Ferrara.
Ma Piazza Affari non dice tutta la verità , perchè la presenza a capo del governo dell’imprenditore Berlusconi ha fatto comodo, eccome, alle imprese domestiche.
Non solo per le leggi ad aziendam, come quella che l’estate dell’anno scorso consentì a Mondadori di ‘chiudere’ in via definitiva una vertenza con il Fisco, su un mancato pagamento di 173 milioni pretesi dall’Agenzia delle Entrate, con un esborso di soli 8,6 milioni.
Grazie papi, come al solito.
Anche se resta lo scotto del Lodo Mondadori, costato a B. un assegno da 560 milioni di euro e l’aggravarsi della sindrome dell’assedio.
Altri numeri fanno paura a Marina e Pier Silvio.
Quelli degli ascolti delle reti di casa, per esempio: domenica in prima serata, Canale 5, Rete4 e Italia1 hanno racimolato in tutto il 28,6% di audience.
La Rai il 44%: solo Report oltre il 14%.
Perde la tv generalista, in assoluto, ma Mediaset perde molto.
Soprattutto in termini di gradimento: in un giorno medio dell’ottobre 2005, le tre emittenti private raccoglievano in prima serata il 41% del pubblico; la tv pubblica il 46%.
Lo stesso dato oggi vale per Mediaset il 31%, per la Rai il 36.
Ormai il mercato tv si è aperto: lo dimostrano il Servizio Pubblico di Santoro e il telecomando libero di spettatori sfiancati dai Grandi Fratelli vari (che infatti registrano tracolli).
Con un paradosso in termini pubblicitari: la Rai ha una media share del 41% e incassa solo il 24% del capitale pubblicitario in circolazione, il Biscione con il 36% di share attrae il 56%, cioè 2 miliardi e 413 milioni.
Senza contare il business della pubblicità istituzionale che il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi indirizza sulle reti televisive di Silvio Berlusconi: 4,659 milioni di euro su 21,466 milioni stanziati nel 2010 per radio, giornali e tv, cioè il 21,70% del totale.
Sky e La7 raccolgono le briciole, e la Rai? La concessionaria Sipra ha portato pubblicità di ministeri vari per un valore di 890 mila euro, ma di fatto non ha incassato un euro: viale Mazzini è obbligata a concedere spazi gratuiti al governo.
La grande paura dei pargoli di B. oggi si chiama legge Gentiloni: una cosa che un nuovo esecutivo (più disinteressato del precedente) potrebbe rispolverare, riportando al 45% il tetto massimo di pubblicità .
A Cologno Monzese una cosa è certa: se cambia il governo, cambieranno anche le cose in Rai.
Saranno più difficili le larghe intese, la concorrenza troppo leale in casa Raiset, insomma il sostanziale controllo di un solo potere sul mercato della tv. Forse il premier teme la vendetta nel luogo che più gli sta a cuore: il portafoglio.
E in giro — almeno così sembra — ci sono meno amici pronti a dichiarare che “Mediaset è patrimonio culturale del Paese” (Massimo D’Alema).
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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