FIDUCIA SUL DECRETO SICUREZZA PER EVITARE IL VOTO A FAVORE DI TUTTO IL CENTRODESTRA
IL M5S SCEGLIE DI CONTENERE IL DANNO E DIVENTA COMPLICE DI UNA LEGGE INFAME … VIETATO DISCUTERE IN PARLAMENTO, ORMAI SVUOTATO DI CONFRONTO DIALETTICO
Anticipiamo la fine della storia: il governo, dopo lungo travaglio, metterà la fiducia sul decreto sicurezza. Almeno così assicurano fonti degne di questo nome.
Una forzatura che riduce, e non poco, la libera dialettica del Parlamento, in una delle rare volte in cui è chiamato ad operare, nella legislatura in cui, come qualcuno ha teorizzato, “il Parlamento non serve più a nulla”.
E infatti, dati alla mano, fa poco o niente, con settimane intere in cui si fa fatica anche a scrivere gli ordini del giorno.
Dicevamo della fiducia sul decreto sicurezza, uno dei pochi provvedimenti che rompe l’inoperosità dell’Aula nell’era sovranista, segnata dal progressivo svuotamento della democrazia che c’è, sempre in “nome del popolo”.
Per capire i termini della contesa odierna, immaginate questa scena: il provvedimento cruciale, simbolo della svolta securitaria targata Salvini, passa a voto segreto, anche con i voti di Forza Italia, Fratelli d’Italia, praticamente il 70 per cento del Parlamento. Magari con qualche defezione che sarebbe attribuita alla “fronda dei Cinque Stelle”. Praticamente un trionfo per Matteo Salvini e la consacrazione del suo protagonismo politico e del ruolo da gregari dei Cinque Stelle.
È più annacquato rispetto ai desiderata originari, ma di questi tempi conta il titolo.
Adesso immaginate quest’altra scena.
Il decreto sicurezza passa col voto di fiducia, con i soli voti della maggioranza, perchè a quel punto – visto che con la fiducia si vota sul governo più che sul provvedimento – le opposizioni sono “costrette” a votare contro.
Ed evidentemente, proprio perchè si vota sul governo, si riduce – o quantomeno non si allarga – la fronda dei Cinque stelle.
Che riguarda il decreto sicurezza, ma non solo. Perchè il provvedimento è diventato il detonatore di un malcontento più vasto, sedimentato in questi mesi di subalternità a Salvini.
Ecco i termini del più classico dei tira e molla che dura tutto il giorno. Fiducia sì, fiducia no, Di Maio la vuole, Salvini non la vuole, Conte aggiorna tutto a domani, in attesa che gli comunichino la decisione i due dominus della maggioranza che sono all’estero.
È una questione tutta politica, non un dettaglio tecnico. Che rivela anche una certa tensione all’interno della maggioranza. Lo ammette, sia pur indirettamente proprio Luigi Di Maio: “Se ci sono opinioni contrastanti nella maggioranza è giusto che il governo faccia una ricognizione della fiducia”.
Alle cinque di pomeriggio, a Palazzo Madama, la scena è surreale. Il governo chiede una “sospensione” dei lavori, per “approfondimenti”.
Dopo che, nei giorni scorsi, in nome dell’urgenza (e dell’importanza) del decreto erano state ipotizzate anche sedute notturne, senza soste. Aula aggiornata a martedì mattina. Nel frattempo gli uffici del Senato sono stati allertati sulla fiducia perchè è lì che si andrà a parare.
Altrimenti, spiegano nel Movimento, “i Cinque stelle non la reggono”. Già c’è una fronda all’interno, votare lo stesso provvedimento con Berlusconi sarebbe un terremoto.
In una nota, Forza Italia fa sapere che “noi voteremmo sì, ma il governo non ponga la questione di fiducia”. Stessa posizione espressa da Fratelli d’Italia.
Non ci vuole Cassandra per prevedere ciò che accadrebbe il minuto dopo il voto. Il centrodestra rivendicherebbe che è passato un punto qualificante del suo programma, l’immagine complessiva sarebbe quasi di un cambio di maggioranza con i Cinque Stelle che appoggiano un provvedimento di Salvini, Berlusconi e Meloni.
Con Salvini, dominus assoluto, che ha una maggioranza ufficiale e una di riserva: “È chiaro – spiegano nel Movimento – che tutte le defezioni rispetto ai numeri sulla carta verrebbero conteggiare come nostri dissidenti, amplificando l’immagine delle nostre divisioni”.
Alla fine, anticipavamo, Di Maio riuscirà a ridurre i danni, perchè si voterà la fiducia. In ogni caso, passerà il provvedimento bandiera di Salvini, senza avere un accordo in tasca sulla prescrizione (provvedimento simbolo per i Cinque Stelle), con un pattuglia di dissidenti nel Movimento.
Che non saranno nemmeno espulsi perchè i numeri al Senato non consentono neanche il lusso delle epurazioni di un tempo. Più che una manovra politica è un contenimento del danno.
(da “Huffingtonpost”)
Leave a Reply