SONO INSICURI SUL DECRETO SICUREZZA: AVANTI CON IL VOTO DI FIDUCIA, SI EVITANO SETTANTA VOTI SEGRETI
NUGNES, FATTORI E MANTERO SI ASTERRANNO… CONTRO DI FALCO: “SUPERFICIALITA’ CRIMINALE”… LA MELONI HA OFFERTO I VOTI PER NULLA
È mattina in un Palazzo Madama che fatica a carburare quando arriva la notizia: il governo con tutta probabilità metterà la fiducia sul decreto sicurezza.
Una mossa che ha tre ricadute immediate: annulla con un colpo di spugna il rischio dei numeri negli oltre settanta voti segreti; sterilizza il soccorso nero da parte di Fratelli d’Italia; mette in un angolo i senatori pentastellati con i mal di pancia, impedendo che il dissenso si allarghi.
E infatti un’insofferentissima Paola Nugnes dice subito che non parteciperà al voto, ma non si esprimerà contro l’esecutivo scandendo il suo no sotto i banchi della presidenza.
Stessa linea seguita da Elena Fattori. La senatrice solca la galleria antistante l’aula del Senato e spiega: “Se non ci saranno le modifiche minime richieste non voterò il provvedimento. Ma non posso votare contro la fiducia”.
Si avvia verso una soluzione simile anche Matteo Mantero, che al momento si trincera ancora dietro un “sto valutando”.
Sulla ridotta rimane solamente Gregorio De Falco. Anche se molti suoi colleghi dicono che difficilmente rimarrà l’unico a impugnare la bandiera dell’intransigenza. L’ex comandante si è reso protagonista di un violentissimo scontro a distanza con Stefano Buffagni.
Il sottosegretario si è detto certo che il collega si sarebbe dimesso in caso di non voto alla fiducia. “Parla con superficialità criminale”, la replica dai toni ipersaturi.
Il voto di fiducia, che viene espresso pubblicamente pronunciando un sì o un no davanti l’emiciclo intero, riduce la possibilità che la fronda si allarghi.
Perchè gli stessi vertici del M5s, parlando con Huffpost, illustravano la convinzione che “non sarebbero stati più di dieci”. Confermando implicitamente di non avere il pieno controllo del gruppo parlamentare.
Ma soprattutto gli eterodossi sanno quello che una fonte vicinissima a Luigi Di Maio spiega anche a noi: “Non ci saranno espulsioni, non conviene a nessuno. Se qualcuno vota contro è un tipo di storia. Se invece gli viene un improvviso mal di testa e non può essere in aula…”.
La convinzione è che privarsi di truppe con una maggioranza così risicata avrebbe sicuramente una sua valenza tattica, ma strategicamente sarebbe come infilarsi un chiodo in un piede.
E che, visto il warning ricevuto, i riottosi possano in futuro ricompattarsi in funzione dello scampato pericolo.
Ma questo è un altro film, un’altra bolla pronta a gonfiarsi nel gazometro del dissenso grillesco che sembrava essere ormai fuori uso. E che invece si è rivelato ancora essere pienamente in funzione.
(da “Huffingtonpost”)
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