FINANZIAMENTI E PONTE SULLO STRETTO: SPRECHI E IPOCRISIE
ALTRI 61 MILIONI DESTINATI A RICAPITALIZZARE LA SOCIETA’ STRETTO DI MESSINA PER UN PONTE CHE NON SI FARA’
Ecco l’ennesimo spreco, potrà commentare qualcuno di fronte alla notizia, pubblicata ieri dal quotidiano Mf con il titolo: «Altri 61 milioni al Ponte che non si farà ».
La vicenda a cui si riferisce l’autrice dell’articolo, Luisa Leone, riguarda la ricapitalizzazione della società Stretto di Messina, concessionaria pubblica dell’opera, effettuata lo scorso dicembre da parte dei suoi azionisti Anas e Ferrovie dello Stato.
Più che uno spreco, tuttavia, non è altro che l’emblema dell’enorme ipocrisia che ha sempre avvolto questa infrastruttura, fin dal suo concepimento.
Basta ricordare la sequenza di docce calde e fredde a cui abbiamo assistito da 11 anni a questa parte.
Nel 2001, con l’arrivo di Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi, sembrava cosa fatta. «Poseremo la prima pietra alla fine del 2004 e l’opera sarà completata in cinque-sei anni», annunciò il ministro Pietro Lunardi.
Ma nel 2006 non era stata posata alcuna pietra.
Anzi: con il ritorno di Romano Prodi il progetto del Ponte finiva nel cassetto.
Logica avrebbe voluto che fosse tumulata insieme anche la concessionaria Stretto di Messina. Inaspettatamente, però, il ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro la salvò dalla tomba.
Così nel 2008, con il rientro del Cavaliere a Palazzo Chigi, il Ponte ripartì in pompa magna. Ma era tutta un’apparenza.
Mentre il progetto definitivo tagliava (evento storico) il filo di lana, la tensione politica scemava.
Finchè un giorno di ottobre del 2011, approfittando di una presa di posizione di Bruxelles che aveva giudicato l’opera non più prioritaria, lo stesso governo Berlusconi accettò che venisse nei fatti accantonata con un ordine del giorno parlamentare dell’Italia dei Valori.
E Mario Monti, arrivato a novembre, non ha potuto far altro che prenderne atto.
Ma anche se tutti sono ormai coscienti che il Ponte, a meno di un miracolo, non si farà , nessuno ha il coraggio di dirlo apertamente.
E si continua nell’ipocrisia.
Chissà ancora per quanto tempo…
Sergio Rizzo
(da “Corriere della Sera”)
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