FINIANI DI LOTTA E DI GOVERNO: VOTO DI FIDUCIA E NUOVO PARTITO
IL PRESIDENTE DELLA CAMERA: “MAI PIU’ CON BERLUSCONI”….L’ANALISI DE “LA STAMPA” DI TORINO
Fli di lotta e di governo. I finiani da una parte votano la fiducia a Berlusconi, dall’altra accelerano nella formazione del partito (o «soggetto politico», come Gianfranco Fini preferisce chiamarlo ancora oggi).
Per loro il Cavaliere ha perso la sua partita: dimostrare l’irrilevanza dei “futuristi” e l’autosufficienza della maggioranza senza la “terza gamba” di “Futuro e Liberta”. Loro, al contrario, hanno dimostrato di essere «indispensabili», chiosa a sera il capogruppo dei deputati Italo Bocchino.
La sorpresa del giorno è l’accelerazione sul nuovo partito di Fini, che convoca i gruppi per un frugale pranzo a base di pizza nella sede di FareFuturo, tra il discorso di Berlusconi e la replica. «Notoriamente l’indole di Berlusconi è incline al confronto», esordisce il Presidente della Camera tra le risate dei suoi, parafrasando il Cavaliere in Aula.
Poi l’annuncio: «Martedì sono convocati i gruppi parlamentari che costituiranno il comitato promotore per avviare il processo politico verso il nuovo soggetto politico».
Scoppia l’applauso e, in pochi minuti, si liquida quindi la questione del voto di fiducia. «Il nostro sì è inevitabile», dà la rotta Fini, aggiungendo che sui diversi capitoli di programma si valuterà di volta in volta, lasciando ai capigruppo in commissione il compito di incalzare il governo.
Sulla giustizia in particolare. «Le parole di Berlusconi non sono particolarmente nuove, si tratta ora di verificare come concretamente verranno tradotte in iniziative legislative» non firma in bianco Fini.
Nel discorso del premier non c’erano attacchi a Fini o particolari accuse ai finiani, ma neppure l’esplicito riconoscimento di Fli come ‘terza gambà della coalizione.
Lo sottolinea velenoso Ignazio La Russa, un attimo dopo la fine del discorso del premier.«Non si tiri per la giacchetta il Presidente – afferma La Russa – ufficialmente e da coordinatore dico che quando Berlusconi parla di una maggioranza che si riarticola, fa riferimento a forze politiche come l’Udc. I finiani non li rigetta nè li riconosce. In natura non esistono animali a tre gambe. E se avessimo voluto riconoscere loro di essere la terza gamba della maggioranza lo avremmo fatto accettando la loro firma sotto la risoluzione o concedendogli il vertice che ci chiedevano».
Forse è anche questo che spinge Fini a bruciarsi i ponti alle spalle, strattonando le colombe che avrebbero preferito far passare ancora del tempo prima dell’annuncio del partito, lasciando risaltare oggi solo il sì dei finiani al governo e la confermata lealtà a programma ed elettori. L’annuncio del comitato costituente non è che un primo passo, ma è un segnale preciso al territorio, dove c’è parecchia effervescenza.
Poi ci sarà la mega-convention del 6-7 novembre a Perugia e l’Assemblea Costituente, probabilmente non prima di Gennaio.
Nulla che abbia a che fare con imminenti dimissioni di Fini dalla Presidenza della Camera (ipotesi che circola e che Bocchino smentisce seccamente: «Lunare»).
Ma il dado è tratto, e Fini lo dice esplicitamente ad un parlamentare d’opposizione che oggi va a parlare con lui sul da farsi sul voto di sfiducia a Bossi. «Che si voti tra sei mesi o tra sei anni – confida il Presidente della Camera – io non potrò mai più andare alle elezioni insieme a Berlusconi».
Del resto, anche il Cavaliere in Aula dice chiaro che le strade sono ormai divaricate, che il Pdl è vivo e vegeto pur senza i finiani (e non morto come aveva invece affermato Fini a Mirabello).
Poi il voto di fiducia (con il no di Mirko Tremaglia e quello a sorpresa di Fabio Granata, che fa infuriare Fini ed i suoi). «Senza Fli il governo non esiste», chiosa Carmelo Briguglio.
Intanto Bocchino – nell’annunciare il sì di Fli sulla fiducia al governo – sottolinea non a caso l’asse con i «colleghi dell’Mpa», con i quali i finiani si muovono di concerto.
Un pacchetto di 40 voti che peseranno di volta in volta e fin dai prossimi delicati appuntamenti, a partire dalla sfiducia a Umberto Bossi.
da La Stampa
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