GELO DI BERLUSCONI, MA SCATTA LA TREGUA
BERLUSCONI NON VUOLE CHE IL PARTITO SI SFALDI
Non una parola in pubblico, non un commento.
Per Silvio Berlusconi, la Sicilia è affare loro.
Di un Pdl che ha sbagliato le mosse, che così com’è certo non può vincere, che rischia di questo passo di «sparire».
Non ci ha voluto mettere la faccia in tutti questi mesi, non lo ha fatto neanche ieri.
Al telefono con Angelino Alfano, ha ascoltato la dettagliata relazione su un voto che «non è stato così negativo come sembra», sulla inevitabilità della sconfitta «se si va divisi», e ha freddamente preso atto.
D’altra parte, che il segretario avesse tentato l’accordo con Miccichè in tutti i modi lo sapeva bene il Cavaliere che – raccontano – non si è speso granchè neanche per ricucire.
E però, nemmeno ha approfittato dell’occasione per liberarsi del suo – almeno un tempo – delfino. «Vuole farsi le primarie, e si faccia le primarie… D’altra parte, a questo punto, se le primarie si bloccano Angelino è finito e il partito si sfalda, e io non voglio questo», il commento affidato a uno dei tanti interlocutori da un Berlusconi che, al telefono col segretario, ha in effetti dato il via libera al rilancio dell’appuntamento sul quale Alfano punta tutto: la sua sopravvivenza e quella del partito.
Non si opporrà dunque Berlusconi, non si metterà di traverso.
Lo confermano anche le parole di Daniela Santanchè, che dà atto ad Alfano di aver avuto «coraggio» stavolta, e che si candida per sfidarlo su una linea spiccatamente antimontiana.
«La verità – dice un ex ministro – è che Berlusconi sta pensando davvero di farsi un suo partito, ma a tempo debito. Ha bisogno ancora di organizzarsi e intanto non può permettersi lo sfaldamento del Pdl, per questo lascia che Angelino organizzi le primarie, vadano come vadano, poi si vedrà ».
Insomma, non è guerra nè pace, ma una tregua che serve a far riprendere fiato a tutti i contendenti nel Pdl.
Che non sono solo Berlusconi con eventuale contorno di amazzoni e pasdaran e Alfano con lo stato maggiore del partito, che pure ancora lo sostiene ma non in maniera compatta come prima.
Ieri, nella lunga riunione in via dell’Umiltà , è stato Denis Verdini a suggerire ad Alfano di valutare se davvero valga «la pena di andare avanti», se a questo punto non è meglio «puntare sul ritorno di Berlusconi» e farla finita.
Perchè l’ipotesi di dimissioni Alfano l’ha considerata seriamente, ma con la gran parte dei vertici del Pdl d’accordo l’ha poi accantonata, dopo le rassicurazioni di Berlusconi e il suo invito ad «andare avanti».
E però si naviga sempre più a vista, tutti.
Lo dimostrano le uscite contraddittorie di una Meloni che chiede l’immediato «azzeramento dei vertici», di Bondi che smitizza le primarie perchè «contano più i programmi», di Dell’Utri, che invoca «candidature di giovani, solo loro possono salvarci» e una «rivoluzione, fatta da chiunque, anche dai grillini se serve, per salvare questo Paese», di La Russa e Corsaro che, a nome della destra più agguerrita, pur sostenendo formalmente Alfano avvertono che «se non ci sarà una dichiarazione formale e decisa che non ci alleeremo mai più con la sinistra, che le nostre bandiere e i nostri valori saranno tenuti alti» sono pronti a lanciare una lista di destra per poi arrivare «magari a una federazione del centrodestra».
Un quadro di enorme fibrillazione, al quale si sommano le mosse sempre più imprevedibili di Berlusconi, che cambiano di ora in ora come i suoi appuntamenti. Ieri sono stati ben due i gialli su suoi possibili incontri. Il primo, il più delicato, riguarda un colloquio al Quirinale che, giurano fonti autorevoli del Pdl, sarebbe stato fissato da tempo per stamattina.
In mattinata Berlusconi è in effetti atteso a Roma, e la sua agenda – assicurano – prevede proprio un faccia a faccia con Napolitano.
Che però dal Colle smentiscono seccamente: incomprensione, voci dal sen fuggite o cancellazione dell’incontro da parte di Napolitano, che certo non ha gradito l’uscita anti Monti del premier da Villa Gernetto? Non è dato saperlo, ma certo l’episodio la dice lunga sulla confusione che domina la scena politica.
Altro incontro che sembrava dovesse avvenire ieri sera ad Arcore era quello di Berlusconi con Bossi, Calderoli e Tremonti.
Una «rimpatriata», così la definiscono, che però è saltata sembra per l’irritazione di Maroni che, dopo aver dato il via libera, avrebbe fatto trapelare il suo niet visto che la notizia della cena, che doveva restare riservata, è stata diffusa da fonti pidielline. Resta dunque apertissimo lo scenario del futuro del centrodestra, dalla leadership alla sopravvivenza del Pdl fino alla durata del governo Monti.
Al premier sono arrivate le rassicurazioni di un Alfano convinto di avere gran parte del partito dalla sua parte.
Ma il punto interrogativo sulle reali intenzioni del Cavaliere è, allo stato, l’unica delle certezze.
Paola Di Caro
(da “il Corriere della Sera“)
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