GIORGIA MELONI VUOLE I PIENI POTERI SULLA RAI: CON LA RIFORMA DEL CENTRODESTRA, IL PRESIDENTE PUO’ ESSERE ELETTO CON I SOLI VOTI DELLA MAGGIORANZA (CHE AVENDO GIÀ L’AD, SI IMPOSSESSEREBBE DELL’INTERA TOLDA DI COMANDO)
L’OBIETTIVO E’ QUELLO DI EVITARE UN NUOVO CASO AGNES, LA CONSIGLIERA VICINA A GIANNI LETTA CHE, SENZA IL CONTRIBUTO DEL CENTROSINISTRA, NON HA I NUMERI NECESSARI IN PARLAMENTO PER GUIDARE LA TV PUBBLICA
Nel giorno in cui Sergio Mattarella definisce «sconfortante» lo stallo in commissione di Vigilanza sulla nomina del presidente
Rai, richiamando i partiti a uscire dall’impasse perché «la libertà vive del funzionamento delle istituzioni, non della loro paralisi», la maggioranza a trazione meloniana presenta la “sua” riforma della tv pubblica. Subito contestata dalla minoranza. E perciò pronta a trasformarsi nell’ennesimo muro contro muro.
Il testo base depositato ieri dal centrodestra sembra infatti studiato apposta per spuntare gli artigli alle opposizioni, evitare un nuovo caso Agnes (la consigliera di rito forzista che, senza il contributo del centrosinistra, non ha i numeri necessari in Parlamento per guidare l’azienda di Stato), scongiurare la procedura di infrazione nei confronti dell’Italia per il mancato adeguamento al Media Freedom Act, la direttiva europea che impone ai Paesi membri di liberare il servizio pubblico dalle influenze governative.
La proposta di legge prevede l’allungamento del mandato del cda da tre a cinque anni; l’elezione di sei membri (su sette, l’altro è il rappresentante dei dipendenti) nelle Camere a maggioranza assoluta, e pazienza se chi ha vinto le Politiche può in teoria “prenderseli” tutti; ma soprattutto l’abolizione del quorum qualificato dei due terzi per ratificare la nomina del presidente Rai nella Bicamerale di controllo. Soglia stabilita dall’attuale normativa per preservare il pluralismo e assicurare alla tv pubblica un vertice di garanzia, non espressione diretta delle forze di governo.
Se il testo della destra passasse, infatti, il presidente potrà essere incoronato in Vigilanza coi soli voti della maggioranza. Che in questo modo, avendo già l’amministratore delegato, si impossesserebbe dell’intera cloche di comando. Un’innovazione
voluta proprio per aggirare il blocco che da più di otto mesi tiene in ostaggio l’organismo parlamentare. Con la destra che, determinata a imporre Simona Agnes, diserta i lavori, impedendone il funzionamento.
«Vogliono i pieni poteri», l’attacco a testa bassa del capogruppo pd in commissione Stefano Graziano. «Una riforma con molte più ombre che luci», rincara la presidente grillina Barbara Floridia. «Un testo irricevibile, mira a un’occupazione politica, altro che indipendenza», la sintesi di tutti i partiti d’opposizione riuniti d’urgenza per analizzare la proposta della destra.
Polemica che il monito del Capo dello Stato tramuta presto in uno scambio reciproco di accuse e veleni. La renziana Maria Elena Boschi punta il dito contro una «maggioranza pigliatutto» che «pur di occupare ogni spazio del servizio pubblico presenta un testo che punta a occupare la Rai invece di riformarla. E lo fa dopo che da mesi tiene bloccata la Vigilanza».
Sconsolato l’ex presidente Roberto Zaccaria: «Non era mai successo, dai tempi dell’Eiar (1924), che la Rai si trovasse per quasi un anno senza presidente. La più importante azienda culturale del Paese è letteralmente senza volto».
(da agenzie)
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