GLI EUROPEISTI A SCOPPIO RITARDATO SONO GLI ANTI-EUROPEISTI DI SEMPRE
I SOVRANISTI ITALIANI HANNO ATTACCATO L’EUROPA PER ANNI, ORA PER CONVENIENZA SVENTOLANO LA BANDIERA DELL’EUROPEISMO PER PRENDERSI I SOLDI DI QUEL PNRR CHE HANNO AVVERSATO
In campagna elettorale, purtroppo, si rischia di incappare in clamorose bugie professate da politici che si intestano battaglie di ogni genere e vendono fumo al miglior offerente.
In questi giorni stiamo assistendo ad uno spettacolo che, se non ci fossero di mezzo le sorti del Paese, farebbe quasi sorridere per quanto sfiori il ridicolo.
Il centrodestra, infatti, si è affezionato all’idea di farsi promotore di un progetto politico che vuole “più Italia in Europa e più Europa nel mondo”.
Peccato che coloro i quali oggi amano professarsi ferventi europeisti siano gli stessi che negli anni hanno tenuto un atteggiamento coerentemente antieuropeista. E gli va dato atto di questa linearità.
I sovranisti italiani hanno avuto sempre, costantemente, posizioni di attacco e conflitto con l’UE, per compiacere gli amici sovranisti a Bruxelles.
E a parlare sono i fatti, anche quelli recenti. Dopo essersi opposti per ben 5 volte in Parlamento europeo alla creazione di misure di sostegno finanziate dall’Europa come Recovery Plan nazionali, il 15 luglio 2020 Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia hanno votato compatti contro la Risoluzione per l’adozione a Bruxelles del Next Generation EU e per la creazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, il famoso Pnrr.
In ballo oltre 200 miliardi all’Italia per affrontare al meglio, insieme alle risorse del Bilancio pluriennale europeo, le problematiche e le sfide del nostro Paese.
Sfide che, la pandemia prima e la crisi economica dopo, hanno reso ancora più urgenti per il sostegno alle fasce più deboli, per sanare ferite, anche sociali, acuitesi negli ultimi due anni.
E sfide necessarie per il rilancio del Paese in chiave di sostenibilità, per il mondo del lavoro, dell’istruzione, della cultura e ricerca, per sbloccare infrastrutture essenziali a rendere competitiva l’Italia a livello internazionale.
Fondi accessibili se, e solo se, si approvano una serie di riforme che l’Unione europea si aspetta dall’Italia e senza le quali perderemmo una occasione storica.
Fondi, invece, che rischiamo di perdere a causa della irresponsabilità delle stesse forze politiche che hanno fatto cadere il Governo Draghi, il quale stava procedendo a tappe forzate per realizzare le azioni del Pnrr.
Al riguardo, ricordiamo infatti, che entro la fine di dicembre 2022, l’Italia deve rispettare 55 impegni complessivi, legati in gran parte all’approvazione di deleghe legislative o atti amministrativi complessi con numerosi concerti e pareri.
Se saranno conseguiti, potrà chiedere, e nel caso ricevere, una terza rata da 21,8 miliardi, che – al netto del prefinanziamento iniziale – porterà nelle casse circa 19 miliardi di euro.
Se non saranno raggiunti non otterremo nulla. E le conseguenze negative ricadranno sui nostri cittadini.
Pensiamo al capitolo lavoro: c’è in ballo il potenziamento di almeno 250 centri per l’impiego, nonché l’avvio delle procedure di assunzione e l’entrata in servizio di quasi 8.800 dipendenti per gli uffici di processo dei tribunali penali e civili.
Nel settore ambientale basta ricordare l’aggiudicazione dei progetti presentati dalle nove autorità del sistema portuale nell’ambito del programma Green Ports, o il rimboschimento di aree verdi urbane ed extraurbane, attraverso la piantagione di 1.650.000 alberi.
Senza considerare, poi, la concessione di almeno 300 nuove borse di ricerca agli studenti e la realizzazione di circa 7.500 posti letto aggiuntivi negli alloggi per gli studenti.
E ancora: entro la fine dell’anno dovrà essere completato il Polo Strategico Nazionale, un’infrastruttura che dovrà ospitare dati e servizi pubblici considerati critici o strategici.
Ci sono poi i traguardi legati all’aggiudicazione dei progetti per aumentare la resilienza delle reti del sistema elettrico e l’appalto (o gli appalti) per la messa in opera della ferrovia ad alta velocità sulle linee Napoli-Bari e Palermo-Catania.
Quelli per le aree interne, volti a migliorare i servizi e le infrastrutture sociali di comunità; l’adozione del Piano di investimenti per la rigenerazione urbana nelle aree metropolitane; la riforma del sistema di istruzione primaria e secondaria e quella della giustizia tributaria, che mira alla professionalizzazione dei componenti delle Commissioni tributarie e a ridurre il contenzioso e gli arretrati. Così come i decreti attuativi delle riforme della giustizia civile e penale.
Misure indispensabili per rilanciare l’Italia dopo anni di grandi sacrifici e anche per colmare quel divario, ormai atavico, tra il Nord e il Sud del Paese.
Un’occasione storica che ogni classe politica responsabile non avrebbe mai messo a rischio. Il Pnrr destina, infatti, almeno il 40% delle risorse al Sud. QuestOo è il centrodestra in Italia, teniamolo a mente.
Questo è il vero programma di governo dei sovranisti all’amatriciana nemici del Pnrr. Questa è la credibilità di cui godono in Europa: pari a zero.
(da Huffpost)
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