GREENPEACE ACCUSA: “SENZA CONTROLLO 100 PIATTAFORME PETROLIFERE”
L’ENI REPLICA: “QUELLE NON EMETTONO SCARICHI, LE ANALISI NON SERVONO”… L’ASSOCIAZIONE AMBIENTALISTA: “E’ FALSO, SIAMO AL FAR WEST: SI CONTROLLANO I MOTORINI E NON LE TRIVELLE”
Oltre cento piattaforme petrolifere senza controllo nei mari italiani.
La denuncia viene da Greenpeace, in un botta e risposta con l’Eni che sta diventando sempre più acceso man mano che si avvicina il referendum del 17 aprile in cui gli italiani saranno chiamati a dire se vogliono fermare le trivelle entro le 12 miglia dalla costa (votando sì), o se vogliono che lo sfruttamento degli idrocarburi vada avanti senza una data di scadenza delle licenze (votando no).
La querelle tra ambientalisti ed Eni parte dal momento in cui Greenpeace chiede al ministero dell’Ambiente i piani di monitoraggio di tutte le piattaforme e strutture assimilabili operanti nei mari italiani, che secondo il ministero dello Sviluppo Economico sono 135.
Arrivano solo quelli delle 34 piattaforme dell’Eni.
E dai dati Ispra risultano contaminati più di due campioni su tre.
Tra le sostanze che nei sedimenti attorno alle piattaforme e sui mitili superano con maggiore frequenza i valori definiti dagli standard di qualità ambientale troviamo metalli pesanti (cromo, nichel, piombo e talvolta anche mercurio, cadmio e arsenico), idrocarburi (fluorantene, benzofluorantene, enzofluorantene, enzoapirene) e idrocarburi policiclici aromatici.
L’Eni ribatte sostenendo che i valori a cui fa riferimento il rapporto di Greenpeace valgono per le acque interne, cioè quelle più vicino alle coste.
“I valori di riferimento citati nel rapporto sono stati scelti non da noi ma dal ministero e comunque è bizzarro supporre che al largo le acque dovrebbero essere meno pulite di quelle sotto costa, quando si fa il bagno non ci si regola così”, replica Alessandro Giannì, di Greenpeace.
Ora arriva il secondo atto della polemica.
L’Eni in una nota precisa: “Relativamente alle ‘100 piattaforme mancanti’, per le quali secondo Greenpeace non sarebbero stati forniti i piani di monitoraggio, Eni spiega che quelle di propria pertinenza non emettono scarichi a mare, nè effettuano re-iniezione di acque di produzione in giacimento, pertanto non ci sono piani di monitoraggio prescritti e nessun dato da fornire”.
“L’ammissione di una totale assenza di controlli su questi impianti è un fatto gravissimo, siamo al Far West”, risponde Giannì.
“Da notizie di stampa risulta che una piattaforma non nell’elenco delle 34 e quindi non monitorata avrebbe fatto danni ambientali per 70 milioni di euro. Si parla di 500 mila metri cubi di acque di strato, di lavaggio e di sentina che sarebbero state iniettate illegalmente nel pozzo Vega 6, del campo oli Vega della Edison, al largo delle coste di Pozzallo. I dati relativi a questo disastro ambientale verrebbero da un dossier di Ispra, al centro di un procedimento penale della Procura di Ragusa. Gli inquirenti ipotizzano “gravi e reiterati attentati alla salubrità dell’ambiente e dell’ecosistema marino attuando, per pura finalità di contenimento dei costi e quindi di redditività aziendale, modalità criminali di smaltimento dei rifiuti e dei rifiuti pericolosi“. Non ho visto personalmente il rapporto Ispra a cui l’articolo fa riferimento ma mi chiedo: è possibile che in Italia si controllino i motorini e non le piattaforme petrolifere?”
Antonio Cianciullo
(da “La Repubblica”)
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