I PEONES SPERANO NEL MIRACOLO PER NON PERDERE IL SEGGIO
PER MOLTI DI LORO, ALLA PRIMA LEGISLATURA, SI CHIUDEREBBE UNA ESPERIENZA POLITICA PRIMA ANCORA DI AVER CAPITO IN COSA CONSISTA
“Serve un miracolo di San Mattarella”. L’esclamazione in Transatlantico di un deputato di M5s che chiede l’anonimato può essere presa come indicativa dei sentimenti e delle perplessità dei parlamentari di tutti i gruppi davanti all’ipotesi di un voto a luglio.
Per molti di loro, alla prima legislatura, si chiuderebbe una esperienza politica prima ancora aver capito in cosa consista.
I più abbottonati sono i pentastellati che avranno in serata una assemblea congiunta di senatori e deputati e che a taccuini aperti non parlano.
Andrea Cecconi, eletto nell’uninominale a Pesaro con il M5s ma espulso per la questione dei rimborsi nella precedente legislatura, spiega: “Nel centro Italia molti degli eletti nell’uninominale, che sono stati presi tra i non iscritti al Movimento, non verranno rieletti: quei collegi sono stati vinti per 250-500 voti e il centrodestra in quelle regioni è in ascesa”.
C’è poi la questione della regola che impone di non superare le due legislatura, che bloccherebbe la ricandidatura di oltre metà dei pentastellati: “Questa legislatura non è nemmeno partita, sono sicuro che ci sarà la deroga per tutti” dice Lorenzo Fioramonti. Ma il nervosismo è palpabile nel silenzio di chi ha fatto due legislature.
Smarrimento anche nelle file del Pd, dove ancora non si sa chi sarà il nuovo segretario, che in caso di elezioni dovrà farà le liste.
La prima preoccupazione, spiega Enrico Borghi, eletto in alto Piemonte, è legata ai tempi del voto: “Con urne a luglio la gente non andrà a votare ed è difficile fare previsioni su chi potrà vincere, anche nei singoli collegi”. “Uno scenario da Weimar” dice Borghi.
Stessa preoccupazione in Leu, che a marzo ha superato di poco la soglia del 3%: “Se si vuol far aumentare l’astensionismo allora si voti a luglio” osserva amaro il capogruppo Federico Fornaro. Per i parlamentari di Liberi e Uguali il problema il rischio grosso è quello di non superare la soglia e restare tutti a casa.
In casa Dem c’è poi il tema di chi farà le liste. L’Assemblea nazionale eleggerà un segretario, conviene Emanuele Fiano, ma non si sa ancora se ci sarà una soluzione unitaria che garantisce tutti, o meno.
In Forza Italia si spera che le liste dell’8 luglio siano la fotocopia di quelle del 4 marzo, ma il tema è un eventuale “effetto Friuli”, cioè un aumento dei voti della Lega rispetto a Fi.
“A Nord la Lega ha già fatto il pieno – dice Marco Marin – eventualmente Salvini può crescere più al Sud: ma poi il Rosatellum ha delle strane compensazioni e potremmo perdere i seggi in qualche altra Regione”.
Di qui il sospetto sussurrato di diversi “azzurri” che il precipitare verso le urne a luglio sia frutto di un accordo segreto Salvini-Di Maio, “un biscotto” a danno dell’alleato Fi e del Pd.
(da “Huffingtonpost“)
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