IL BONUS DA 80 EURO RIMANE NEL PORTAFOGLIO: IMPATTO ZERO SUI CONSUMI
LE GRANDI CATENE DELLA DISTRIBUZIONE CONCORDI: I CONSUMI SONO RIMASTI FERMI ANCHE DOPO IL PRIMO BONUS DI GIUGNO
In questi giorni per la seconda volta dieci milioni di italiani trovano sui conti bancari, nelle buste paga e nei cedolini della pensione, gli 80 euro (circa) del bonus Irpef.
Giugno è stato il primo mese nel quale il loro potere d’acquisto è aumentato con lo sgravio concesso dal governo.
Per tirare le somme è presto. Impossibile capire se davvero si sia innescato il circolo virtuoso sperato: una spinta ai consumi e uno stimolo alla domanda di beni e servizi, tale da far ripartire le vendite e dunque anche la produzione delle imprese rivolte al mercato italiano.
Non è presto però per cercare di misurare se i primi 80 euro in busta paga (o nel cedolino previdenziale), quelli versati un mese fa, abbiano provocato un primo risveglio delle vendite al dettaglio.
La risposta, per il momento, è no. Non sembra sia successo.
Nè la ristorazione a basso costo, nè la grande distribuzione organizzata sembrano aver registrato il benchè minimo incremento dell’attività in giugno rispetto a maggio.
Nè Esselunga, nè la rete dei punti vendita Coop riferiscono di aver notato un’inversione, soprattutto non in senso positivo.
Sommate, le due grandi concorrenti italiane pesano per quasi un terzo della rete di supermercati e ipermercati sul territorio nazionale, con un fatturato annuo cumulato di quasi venti miliardi.
Ma per nessuna delle due, per il momento, il bonus da 80 euro sembra aver fatto alcuna differenza.
Francesco Cecere, direttore del marketing Coop, in giugno non ha notato svolte nella capacità di spesa degli italiani.
Però ha trovato la conferma di un nuovo fenomeno: «Le famiglie di età medio-alta stanno incrementando i consumi, mentre quelle giovani continuano nella tendenza alla contrazione». Secondo le analisi svolte a Coop, molti giovani con figli mangiano sempre meno spesso a casa propria e preferiscono andare dai genitori, per risparmiare.
Tocca a questi ultimi, spesso pensionati, magari beneficiari del bonus Irpef a differenza dei figli che non guadagnano abbastanza per avervi diritto, a fare più spesa: devono mettere a tavola anche figli e nipoti.
Roberto Masi, amministratore delegato di McDonald’s Italia, conferma le stesse tendenze.
Il fatturato in Italia della catena americana è in calo del 3% rispetto a un anno fa e in lievissima flessione, decisamente meno dell’1%, in giugno rispetto a maggio.
Gli italiani non hanno speso i loro 80 euro di bonus andando più spesso a mangiare un hamburger con una bibita. Masi osserva che possono esserci spiegazioni episodiche: «Nel mese dei mondiali, le famiglie preferiscono restare a casa a guardare le partite — dice — Gli italiani escono meno spesso».
Soprattutto, il mancato aumento dei consumi nel primo mese del bonus può avere motivazioni più generali.
In una parte dei Comuni a metà giugno i proprietari di casa hanno dovuto pagare la Tasi, la nuova tassa sui servizi urbani. Per le imprese, anche quelle a conduzione familiare, sono arrivate poi le scadenze Iva.
Serviranno dunque alcuni mesi per valutare se il bonus possa avere un impatto al netto degli impegni fiscali.
Un sondaggio dell’Istat pubblicato giovedì segnala però che potrebbero esserci altre forze a frenare. In giugno il clima di fiducia dei consumatori è sceso, così come i giudizi sulla situazione economica della famiglia e sulle prospettive familiari future. Non tutto è negativo.
Segnala Cecere, di Coop, che le risposte ai sondaggi dei loro consumatori mostrano «un ritorno di speranza nel futuro, se non proprio di fiducia».
Certo in Italia il clima sull’economia rilevato dalla Commissione Ue è ancora in calo, mentre in Spagna è ai massimi dal 2007.
E il motivo è facile da capire: secondo l’Istat, in giugno sono aumentate le persone che prevedono o temono la disoccupazione.
I big della grande distribuzione: giugno magro nonostante gli aiuti Scadenze fiscali e disoccupazione allontanano la gente dai negozi Un bilancio sull’impatto degli 80 euro è dunque prematuro.
Ma non lo è per azzardare una previsione: non aiuteranno a far ripartire i consumi, fino a quando le imprese non saranno in condizioni di riprendere a creare posti di lavoro.
Ma per quello, forse, serve qualcosa più di uno sgravio da 80 euro sull’Irpef.
Federico Fubini
(da “La Repubblica“)
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