IL BUG CARIGE FA INCEPPARE LA NARRAZIONE GRILLINA
L’AIUTO ALLA BANCA DIFFICILE DA FAR DIGERIRE NON SOLO AGLI ELETTORI, MA PERSINO AI PARLAMENTARI GRILLINI
Perchè i gilet gialli non vanno in banca, se non per appiccare il fuoco, come accaduto a Parigi a inizio dicembre. E comunque non le “salvano” per decreto, utilizzando le risorse inutilizzate dal “fondo salva-banche” varato dal governo Gentiloni.
Come dice Gianluigi Paragone: “Questo caso di Carige non può finire come tutti i casi trattati dai governi precedenti, con una soluzione abbastanza simile. I gilet grigi delle banche non diventino i nostri amici”.
Parole che rivelano un inceppo “sistemico”. Più complicato da affrontare rispetto ai vari “tradimenti” inflitti dall’M5s al proprio elettorato, in particolare nel sud, dal Tap alle trivelle nello Ionio, gestiti con l’arma della spesa pubblica sul reddito di cittadinanza, almeno questo l’auspicio, e con quella della narrazione, altro auspicio, che recuperi lo spirito di lotta evocando, appunto, il modello francese, sia pur con la maldestra superficialità di un vicepremier che espunge dal suo ragionamento il tema della violenza politica e delle pratiche illegali.
È il software stesso del grillismo ad incepparsi sulla vicenda del “salva-Carige”, quel meccanismo politico, ideologico, culturale, per cui ogni provvedimento in materia di banche è un “regalo”, chiunque lo vari è un “amico” di banche e banchieri e per cui la necessità politica rivela sempre una certa opacità morale e una “connivenza” del Sistema, politico e finanziario, come è stato detto in questi anni sui salvataggi di Mps e delle Venete.
Basta leggere il profluvio di commenti al post di Luigi Di Maio, sulla sua pagina facebook, o le dichiarazioni di Lannutti o toccare con mano il disagio dei parlamentari per avere un esempio adamantino di una politica vittima delle proprie macchinazioni. E di un meccanismo infernale.
Perchè l’intervento del governo Conte è sacrosanto, imposto da un “principio di realtà ” di cui avrebbe tenuto conto qualunque governo “responsabile”: predisporre un ombrello più ampio di quello ipotizzato per evitare il collasso, proprio come fu fatto per Mps e le Venete, e prevenire una emergenza sistemica.
Non è un regalo ora, come non era un regalo allora il decreto “Salva-risparmio”‘ che nel dicembre 2016 creò lo scudo da 20 miliardi di euro per gestire le crisi bancarie nazionali come questa.
Entrambi rappresentano atti dovuti per la stabilità del sistema creditizio.
Il problema è che il provvedimento di ora entra in cortocircuito con l’impostazione e i proclami di allora, quando sulle banche veniva fatta di tutt’erba un fascio, senza distinzioni tra Mps ed Etruria, su cui non c’era questa procedura di salvataggio ma, in compenso, aleggiava il sospetto del conflitto di interessi.
E non è un caso che proprio la foto di Renzi e della Boschi, con alle spalle banca Etruria campeggi sulla pagina facebook contrapposta al caso Carige, nel tentativo di coprire nel “fascio di allora”, anche l’erba di oggi, perchè “loro salvano le banche, noi tuteliamo in risparmiatori”, ignorando che la procedura di burden sharing utilizzata dal governo Conte è la stessa di Mps, ma non si può dire.
E, al tempo stesso, annacquare l’accusa, sollevata dal Pd, di un conflitto di interessi dell’attuale premier, tutto da dimostrare, con quello su Etruria, scolpito nell’immaginario collettivo.
Tutto il post di Luigi Di Maio, molto difensivo, rivela il primo vero inciampo di governo su una questione, diciamo così, esistenziale, con un linguaggio sopra le righe che a stento compre l’imbarazzo su un provvedimento varato in modo quasi clandestino, in un consiglio dei ministri notturno di pochi minuti.
Perchè una svolta realistica sul tema non è stata adeguatamente preparata e, semmai, l’ultima trovata sui gilet gialli ha contribuito ad allontanarla.
Tracce di una critica, in questo senso, sia pur criptica e prudente, compaiono in un post di Stefano Buffagni, la cui fedeltà all’attuale leadership pentastellata non è in discussione, ma nemmeno il suo pragmatismo nella gestione dei dossier di governo: “Un po’ amareggiato — scrive Buffagni — ma sempre carico e con un concetto in testa. Va combattuto l’azzardo morale di cui copio a seguire la definizione della Treccani… Condizione in cui un soggetto, esentato dalle eventuali conseguenze economiche negative di un rischio, si comporta in modo diverso da come farebbe se invece dovesse subirle”.
Insomma, va evitata l’improvvisazione che può diventare un “azzardo morale”, sennò le conseguenze le paghi.
Sarebbe stato prudente immaginare, con uno spread stabile attorno a quota 250 da mesi, una sofferenza del sistema della banche, i cui bilanci sono zeppi di titoli pubblici. E, di conseguenza, preparare “politicamente” un provvedimento che i più avveduti consideravano annunciato.
Perchè è dura dire oggi che il governo ha indossato i gilet gialli o tenere una linea di coerenza con le parole d’ordine di allora, quando si denunciavano i regali alle banche. C’è un inceppo nel software.
(da “Huffingtonpost”)
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