IL CAVALIERE: “I TRADITORI FINIRANNO COME FINI”, MA LUI FINIRA’ IN GALERA
COM’E’ NATO IL BLITZ DI ARCORE, LA LITE CON ALFANO, LE PREOCCUPAZIONI DI GHEDINI
«Vediamo adesso se avranno il coraggio di arrestare il capo dell’opposizione». Alle 18 il braccio di ferro con i ministri Pdl è concluso con un mezzo strappo.
Loro che si rifiutano di firmare il documento durissimo confezionato ad Arcore contro Letta.
Berrlusconi che infine sigla la dichiarazione di guerra al governo e la rende pubblica a loro insaputa. È il game over, il Cavaliere si regala così per il settantasettesimo compleanno di oggi una crisi che sa di vendetta. Ma ora punta dritto al voto anticipato: «Non avranno maggioranza senza di noi e i traditori finiranno come Gianfranco Fini»
In una Villa San Martino che mai quanto ieri è stata bunker sotto assedio, la decisione suprema viene presa in assenza del vicepremier Alfano e dei ministri.
Col padrone di casa, solo Sandro Bondi, Denis Verdini, Daniela Santanchè e l’avvocato Ghedini, per un po’ anche Annamaria Bernini.
Ma soprattutto c’è Marina, la primogenita, ormai sempre al suo fianco nei momenti cruciali che investono il futuro politico, e non solo imprenditoriale, della famiglia Berlusconi.
A ora di pranzo la situazione appare tesa ma non critica, tra colombe e ministri corre con un certo sollievo perfino la voce che il capo stia lavorando a una nota per dichiararsi «responsabile per il bene supremo del Paese» e chiudere con la storia della crisi.
È un bluff. Verdini e Santanchè sono lì col pretesto della manifestazione del 5 ottobre.
Tornano alla carica sulla necessità di aprire la crisi. Lo fa ancor più Ghedini, che tocca di nuovo il tasto delle procure al lavoro, di ipotetici arresti imminenti.
Berlusconi si era illuso che l’apertura del presidente Napolitano sull’amnistia, in mattinata, fosse un segnale. «Non lo è affatto – gli spiega il legale – È una scatola vuota. Occorrono i due terzi in Parlamento e il Pd già è contrario». Il Cavaliere perde le staffe.
Da quel momento, spiegano i pochi presenti, sarà una valanga. Che si abbatte su Napolitano «inerte» e insensibile al suo dramma, ma anche sul premier Letta, che «doveva fare un governo di pacificazione e non ha fatto un bel nulla: mai espressa una parola di solidarietà , sempre lì a schierarsi col Colle contro di me».
C’è la decadenza e l’interdizione in cima ai pensieri, una tragedia tutta personale: «Non avrei avuto via di scampo, ma non mi fanno fuori così».
Il mancato stop all’aumento dell’Iva, fatto ricadere dal presidente del Consiglio su di loro, diventa solo l’ultimo pretesto per stendere il comunicato contro il governo.
Viene messo nero su bianco da Sandro Bondi.
E i cinque ministri? Angelino Alfano con Quagliariello e Lorenzin sono riuniti a casa di Alfano dalle 15. Lupi e De Girolamo in contatto con loro al telefono. Sono stati informati del precipitare degli eventi a cose già fatte, quando Verdini e Santanchè e Ghedini avevano già lavorato ai fianchi Berlusconi per ore.
Berlusconi stesso chiama il vicepremier nel primo pomeriggio per comunicargli la decisione già presa, saranno tutti dimissionati.
Questa volta, raccontano, Alfano si inalbera, alza perfino la voce. «È un errore madornale, presidente. Si può esprimere dissenso ma questa mossa è sbagliata, noi non faremo la figura dei traditori, ci adegueremo, ma lo ripeto: è un grande errore ». Come lui la pensano tutti gli altri ministri. Il tira e molla durerà quasi tre ore, dalle 15 alle 18.
Poi il Cavaliere chiude a suo modo la faccenda, a muso duro. Alfano si vede recapitare la nota che annuncia la crisi mentre ancora è lì a battagliare. Uno smacco che è costretto a ingoiare
Uno strappo comunque si consuma.
Ai cinque in quelle ore cruciali viene per giunta inviata una nota di fuoco che avrebbero dovuto firmare per annunciare le loro dimissioni: in poche righe, un attacco frontale al governo del quale hanno fatto parte finora, alla sinistra, alla magistratura che perseguita il leader.
Loro si rifiutano. «Questo è troppo ».
Una nota per comunicare la rinuncia alla carica la stilano loro, molto più diplomatica, comunque aperta a un residuo confronto. I veleni interni fanno circolare la notizia che il testo ben più pesante fosse stato scritto da Daniele Capezzone. Lui smentisce: «Pura fiction».
Detto questo, da falco, approva anche lui la scelta del capo: «Nella testa di Berlusconi il governo non c’era più da tempo, decidere quando farlo cadere era un dettaglio tattico». Gongolano, i nemici dell’esecutivo di larghe intese in casa forzista
Ma il leader sa che la partita più delicata comincia adesso. Che una frangia dei ministri non si è rassegnata, che parecchi esponenti di spicco nel partito non sono d’accordo.
Cicchitto è solo uno dei più coraggiosi a dirlo pubblicamente. Ma al Senato il solco è segnato, tutto è in movimento dentro il gruppo. Bondi e gli altri fedelissimi insistono: «Al voto sfiduciamo Letta».
Molti altri non la pensano così. «Ci provino, faranno la fine di Gianfranco » si dice sicuro Berlusconi. Marina annuisce, abbandona ogni resistenza.
«Il paese vive una crisi molto importante» dirà poi lei la sera dal Teatro La Scala. I falchi adesso guardano a lei, ultima speranza per tenere unito un partito che già non c’è più.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)
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