IL COPIONE SUL CASO SIRI E’ GIA’ SCRITTO: SALVINI LO SACRIFICHERA’ E NON FARA’ SALTARE IL GOVERNO
AL NETTO DEL GIOCO MEDIATICO SALVINI NON PUO’ PERMETTERSI UNA CAMPAGNA ELETTORALE DOVE I GRILLINI POSSANO ACCUSARLO DI ESSERE AMICO DI CORROTTI E MAFIOSI
Al netto degli schiamazzi, al netto del gioco mediatico dell’unica campagna per le europee al mondo in cui non si parla d’Europa, e dell’unica campagna in cui il governo fa due parti in commedia — maggioranza, appunto, e opposizione — al netto di tutto questo, dicevamo, il copione sul caso Siri è già scritto.
E potrebbe essere titolato, senza grande fantasia, “una Diciotti rovesciata”, con la Lega costretta a bere l’amaro calice, come accadde allora per i Cinque Stelle perchè altro non si poteva fare, altrimenti sarebbe venuto giù tutto, governo o teatro che sia di questa sceneggiata.
Allora, al bivio tra perdere l’anima entrando in conflitto con i principi costitutivi e perdere il governo, Di Maio e soci scelsero di perdere l’anima consentendo a Salvini, indagato, di fuggire “dal” processo. E non inchiodandolo, a una difesa “nel” processo.
In questo caso, è Salvini al bivio.
E, di fronte alla scelta se tra difendere Siri fino alla morte (del governo), ovvero trasformando le sue dimissioni nella pistola di Sarajevo dell’era gialloverde, o difenderlo fino al minuto prima, sceglie la seconda, ovvero sparare a salve.
Sparare tanto, come è accaduto finora e come accadrà fino a lunedì, utilizzando ogni circostanza, come l’articolo della Verità in cui si sostiene che l’intercettazione che riguarda Siri non esisterebbe, ma a salve.
Senza dire, cose che parecchi, nel suo partito, vorrebbero ascoltare: signori cari, io mi fermo qui, altro che contratto e chiacchiere, perchè non potete cacciare uno dei miei, appena indagato, per rifarvi una verginità e qualche punto nei sondaggi, peraltro uno che ha chiesto di essere ascoltato dai giudici perchè non c’è nulla da nascondere. Ma non accadrà .
Il che è la conferma che, in questo governo che molto cede alla spettacolarizzazione, non c’è nulla di non negoziabile, inteso come principio di fondo in nome del quale rinunciare al tutto.
Perchè come andranno le cose, di qui a lunedì, è ormai abbastanza chiaro.
Lo spiega Luigi Di Maio, tornato allo spirito delle origini dopo la fase garantista sulla Diciotti e la fase ancor più garantista sulle inchieste che riguardano la Raggi: “Siri — dice il vicepremier — si deve dimettere da sottosegretario e se non lo fa chiederemo a nome del governo che lo faccia, anche al presidente del Consiglio, perchè noi lo abbiamo disinnescato togliendogli le deleghe, ma quella è un’indagine di corruzione che riguarda anche i fatti di mafia”.
E dunque, se dopo il colloquio guardandosi negli occhi con Conte, Siri non si dimetterà , la revoca del sottosegretario sarà proposta da Conte al consiglio dei ministri secondo la procedura prevista all’articolo 10.1 della legge 400 del 1988 e, in caso di disaccordo, messa ai voti del cdm.
Perchè i Cinque Stelle hanno bisogno dello scalpo di Siri in questa campagna elettorale basata tutta sulla contrapposizione alla Lega.
È una decisione già presa, irrinunciabile, in cui i tempi sono tutto. Perchè se lo scalpo sarà esibito la prossima settimana, Di Maio potrà rivendicarlo come un suo successo, se invece si arriverà a ridosso
della mozione di sfiducia del Pd inevitabilmente rischia di essere un successo di Zingaretti.
E a quel punto Salvini, al bivio, metterà l’episodio nel suo cahiers de dolèances in vista del dopo voto, ma non farà saltare il tavolo.
Anche se Siri rappresenta il cuore pulsante della sua Lega sovranista, l’uomo dell’incontro con Bannon, l’ideologo della flat tax, insomma un simbolo del nuovo corso salviniano. E anche se in parecchi lo sollecitano a rompere perchè, come tutti amano ripetere “così non si va avanti”.
Più di una fonte degna di questo nome vicina a Salvini spiega che “non ci sarà alcun fallo di reazione” che metta in discussione il governo.
Certo, toni e modalità saranno di chi non porge l’altra guancia e l’episodio è destinato a segnare un ulteriore inasprimento dei rapporti, ma, il vicepremier leghista ha già spiegato ai suoi che non è il terreno adatto per andare fino in fondo, perchè consegnerebbe ai Cinque Stelle un tema perfetto per la campagna elettorale: “quelli dei 49 milioni”, “gli amici dei corrotti”, “quelli che sono stati 20 anni con Berlusconi”. Insomma, di tutti i terreni, è il peggiore perchè è il più favorevole all’avversario. Sia come sia, al netto delle chiacchiere, una “Diciotti rovesciata” ¸ con il Capitano, per una volta, costretto a subire, sia pur schiumante di rabbia.
Rovesciata nelle parti, ma anche nell’approccio dei Cinque Stelle, tornati ad agitare la forca per cui, alla notizia dell’indagine, hanno immediatamente chiesto le dimissioni di Siri a favor di telecamera, senza leggere un solo atto e senza un solo approfondimento.
Plastico esempio di una doppia morale o di un doppio standard, per cui nessuno sollevò problemi di etica pubblica quando Siri entrò al governo, pur avendo patteggiato una condanna a un anno e otto mesi per bancarotta, anzi di quel governo è diventato uno degli uomini chiave.
Per non parlare, per carità di patria, delle indagini sulla Raggi, rimasta al suo posto quando fu indagata per abuso, imputata per falso e poi assolta.
E adesso indagata sempre per abuso di ufficio, nell’ambito dell’inchiesta sulla costruzione dello stadio della Roma a Tor di Valle.
E invece la moralità pubblica è a la carte, come il goffo recupero dell’antifascismo il 25 aprile, dopo aver votato i provvedimenti della più grande svolta reazionaria degli ultimi decenni sul terreno dell’immigrazione e della sicurezza.
Ma questo è un altro discorso.
(da “Huffingtonpost”)
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