IL CORONAVIRUS E’ PERICOLOSO ANCHE A 20 ANNI E SENZA SINTOMI
“COLPISCE MOLTI ORGANI E NON SAPPIAMO ANCORA QUALE EREDITA’ LASCI”
Anche a 20 anni ci si può ammalare di Covid. Perchè il virus non conosce età e infetta chi può. Quindi anche a 20 anni bisogna fare attenzione.
Da settimane ormai, Massimo Ciccozzi, responsabile dell’Unità di ricerca in Statistica medica ed Epidemiologia dell’Università Campus Biomedico di Roma, si sgola per mettere in guardia i più giovani.
Parecchi dei quali — non tutti, è chiaro – col coronavirus hanno un rapporto per così dire disinvolto. Soprattutto nei luoghi di vacanza e di movida, e in particolare in queste settimane di piena estate. Per tornare poi a casa qualche volta positivi, spesso asintomatici, e diffondere il virus in famiglia.
Abbiamo visto i nostri ragazzi fare lezione e sostenere esami universitari davanti a uno schermo. Fare la maturità in casa, laurearsi in casa. Poi la voglia di divertirsi è esplosa. E almeno inizialmente, i comportamenti a rischio dei giovani e degli adolescenti di fatto sono stati tollerati. Un errore?
“La voglia di divertirsi si può capire, ma ci si deve divertire con criterio e buon senso, sempre osservando le tre regole fondamentali: mascherina, adeguato distanziamento, lavaggio frequente e accurato delle mani. Si tratta di tre comportamenti in fondo banali e semplici da mettere in atto, ma che salvano tutti dall’infezione. Bisogna ricordare che questo virus è molto contagioso, bastano 10-15 minuti di contatto con un infetto a una distanza che non sia di sicurezza o senza mascherina per infettarsi a propria volta.
Ma se questo virus è contagioso e bastano pochi minuti di contatto con un positivo per infettarsi, perchè all’interno di uno stesso gruppo di amici che si comportano allo stesso modo e frequentano gli stessi luoghi c’è chi si ammala e chi no?
“Perchè si ammala chi ha un sistema immunitario che in quel momento non è capace di produrre anticorpi a sufficienza. O chi ha il diabete, o chi poco prima del contatto con un positivo ha sostenuto uno sforzo fisico importante, anche solo una partita di calcio, e il suo sistema immunitario non ha ancora recuperato”.
Anche ballare richiede un certo impegno fisico…
“Ballare richiede sforzo fisico, e aumentando lo sforzo aumenta la frequenza del respiro, e quindi anche l’emissione delle particelle che veicolano il virus. Per questo il rischio di contagio in discoteca è alto. E poi c’è la questione della distanza: ballare a distanza di sicurezza, come ballare con la mascherina, è praticamente impossibile. E comunque di fatto non accade, stando ai filmati e alle immagini che tutti abbiamo visto. Anche fuori dalle discoteche, nei luoghi di aggregazione e movida, mascherine e distanza non sono stati e non sono comportamenti diffusi. Avrebbero dovuto esserlo, dovrebbero esserlo”.
Chi deve fare il tampone?
“Chiunque sia stato a contatto con una persona risultata positiva, anche se la persona positiva è asintomatica e si è asintomatici a propria volta. E naturalmente chi sa di aver avuto comportamenti a rischio e presenta sintomi “strani”, che sono perdita del senso dell’olfatto e del gusto, febbre anche più bassa di 38 gradi, un po’ di tosse”.
Sebbene meno che nelle settimane passate, ancora oggi molti ragazzi dicono “tanto, pure se mi prendo il coronavirus, non mi succede niente”. Ma non è così…
“No, non è così. Un’infezione virale di questo tipo può lasciare strascichi per diverse settimane: per esempio una miastenia, ovvero un senso di intensa e costante stanchezza. Una infiammazione a livello cardiologico. Può durare a lungo anche l’assenza del senso di gusto e olfatto, che secondo uno studio irlandese è frequente soprattutto nei giovani. Parliamo di effetti transitori, ma comunque di disagi. E di disagi evitabili. Noi non sappiamo cosa questo virus lascia in eredità una volta passata l’infezione, anche se lo si incontra a 20 anni”.
Quindi le regole di comportamento vanno rispettate non soltanto per un senso di altruismo nei confronti di genitori e nonni (il che sarebbe per altro giusto, e anche sufficiente). Ma pure, più egoisticamente, per se stessi
“Mettere in atto i comportamenti adeguati di protezione dall’infezione da coronavirus significa proteggere anche se stessi. Certamente. In ogni caso essere davvero maturi vuol dire tenere in conto la propria salute e quella delle persone a cui si vuole bene: genitori, nonni, parenti anziani. Che col Sars-cov-2 rischiano di più”.
Torniamo al tampone: cosa fare in caso di sintomi o di contatto con un positivo al Covid, o se si ritorna da zone ritenute pericolose?
“Bisogna avvisare la Asl di competenza che indirizza al centro o al drive in dove recarsi per sottoporsi al test. Chi torna in aereo da zone a rischio può trovare in aeroporto personale che effettua il test, ma oggi non tutti gli aeroporti sono attrezzati per questo. Va detto che molti ragazzi stanno chiedendo il test, c’è una consapevolezza e maturità , anche se acquisita in ritardo”
Infine, cose fare se il tampone è positivo?
“Mettersi in quarantena per 14 giorni. Quarantena non significa prigione: non necessariamente bisogna stare chiusi in una stanza, ma indossare sempre la mascherina e naturalmente mettere in atto tutte le altre misure di protezione dal virus. Dopo due settimane si ripete il tampone: se è negativo si ripete dopo 48 ore, e se anche il secondo tampone è negativo si è liberi. Oggi ancora non sappiamo quanto dura l’immunità , ma certamente possiamo contare su uno-due mesi di mesi protezione”.
Se dovesse rivolgersi ai ragazzi direttamente cosa direbbe?
“Dimostrate di essere maturi, se a 18 anni si può votare e decidere chi ci governerà e amministrerà , anche voi direttamente potete decidere il vostro futuro e quello di chi avete intorno”.
(da “La Repubblica“)
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