IL GENEROSO BRIATORE E LA RAZZA CAFONA
MENTRE NOI BESTIE ARRANCAVAMO TRA LAVORI PRECARI E SOTTOPAGATI E FACEVAMO LA FILA ALLA ASL, LUI CREAVA POSTI DI LAVORO… E ORA CI SA’ LEZIONI
Flavio Briatore, l’anello di congiunzione tra il Suv e l’uomo, si confida a Libero per consegnare ai posteri il manifesto della Weltanschauung che condivide con la razza padrona e cafona di cui è prototipo quasi didascalico.
L’intervista è affidata alla prestigiosa penna di Hoara Borselli, già concorrente di Miss Estate Festivalbar, perché nemmeno una goccia vada sprecata della saggezza emunta da questo gigante del pensiero contemporaneo, e comincia così: “Dottor Briatore”, col vocativo. In realtà Briatore è al massimo geometra, diploma peraltro conseguito con fatica (siamo andati a controllare che non avesse lauree honoris causa, in Italia tutto può essere: l’unica occorrenza “Briatore + laurea” è una sua uscita del 2015: “Mio figlio Nathan all’università? No, ad aiutarti nella vita oggi è soprattutto la rete di conoscenze che sai costruirti sul campo, quello che io chiamo connecting people”, perbacco), ma in effetti ultimamente è uso presso ricconi e liberali (vedi il signor Carlo Bonomi, ragioniere, o il ministro Guido Crosetto, diplomato classico) farsi chiamare “dottore” pure se l’università la si è vista tutt’al più dai finestrini dell’auto blu.
Comunque: il colloquio è un atto di bullismo ai danni di Angelo Bonelli, segretario dei Verdi, colpevole di sospettare che il governo Meloni faciliti Briatore sulle concessioni balneari. Un pensiero bislacco, venuto a Bonelli solo perché la storica socia balneare di Briatore è quella Daniela Santanchè ministra del Turismo che non si è mai vergognata (al contrario di Briatore, che è tutto dire), del fatto che il Twiga, stabilimento dei vip in Versilia dove una experience in “tenda araba” costa 700 euro al giorno, fattura 7 milioni l’anno e paga allo Stato 17 mila euro di canone.
È chiaro che attraverso Bonelli, per metonimia, si intende picchiare duro su quella parte di società che ostacola Briatore e quelli della sua schiatta: “la sinistra” (è dimostrato che più sale l’Isee, più si hanno allucinazioni circa la presenza di una sinistra in Italia), i sindacalisti, gli ecologisti, i disoccupati e in generale i poveri, questi mantenuti dallo Stato o, quando gli va bene, dai magnanimi imprenditori che li fanno lavorare.
Come disse l’economista e imprenditore americano Warren Buffett, la lotta di classe esiste e l’hanno vinta i ricchi; pertanto anche a un epigono come Briatore il capitalismo marcescente impone di pensare l’umanità divisa in due: da una parte i perdenti, che rompono le palle a chi “fa”; dall’altra i vincenti, “chi vuol dare lavoro, chi investe, chi produce ricchezza e contribuisce al Pil del Paese”, questo è il verbo briatoriano. “C’è un odio sociale dilagante a sinistra”, denuncia Flavio alla giornalista del Bagaglino, “il vero problema è che nel nostro Paese ci sono ancora i 5Stelle, i comunisti, le sinistre che odiano gli imprenditori e cercano in tutti i modi di affossarli”: non si potrebbe arrestarli? Deportarli? Rinchiuderli in campi di concentramento? Ma no, Flavio non vuole gasarli, vuole solo che lo amino. Come?
Lo rivela implicitamente l’intervistatrice: “Forse perché perseguono il paradosso che per arricchire il povero la strada giusta sia impoverire il ricco?”. È come se avesse bestemmiato in chiesa, infatti tutti sanno che per arricchire il povero bisogna arricchire vieppiù il ricco, meglio ancora se evasore, cosa che peraltro la Meloni sta diligentemente facendo. Briatore scolpisce la Verità: “Solo l’imprenditore può creare posti di lavoro. Un povero può diventare ricco se trova un imprenditore che gli offre delle possibilità. In tutta la mia vita non ho mai visto persone senza capitali creare posti di lavoro”.
È vero. Mentre noi bestie arrancavamo tra lavori precari e sottopagati, facevamo la fila alla Asl e andavamo in pensione con la flebo al braccio, lui creava posti di lavoro per i poveri (e al Billionaire, sotto Covid, li faceva infettare in massa perché, come da prescrizione del dott. Zangrillo, l’Italia ne aveva “le palle piene” degli allarmisti e bisognava tornare “al ristorante, in discoteca”, sugli yacht ormeggiati a Porto Cervo, salvo poi infettarsi pure lui, Briatore, finendo ricoverato al San Raffaele da Zangrillo, con l’amica Santanchè che andava in Tv a negare il virus e a diagnosticare una prostatite).
Ma come è nato il suo mito? Le cronache narrano di un giovane Briatore galoppino di un imprenditore di vernici del Cuneese che ha rilevato un’azienda di Michele Sindona e che poi salterà in aria con la sua auto, costringendo Flavio a emigrare a Milano dove si reinventa broker, maestro di sci, discografico di Iva Zanicchi e co-gestore di bische clandestine, con polli da spennare ogni sera (nella rete pure Emilio Fede e il cantante Pupo).
Così, mentre la gente normale lavorava, i giudici di Bergamo e Milano spiccavano due mandati di cattura per associazione a delinquere finalizzata alla truffa contro Flavio e la sua “banda dei bari”.
Flavio si becca 3 anni più 1 anno e mezzo, ma essendo un vincente scappa alle Isole Vergini, dove apre negozi Benetton, famiglia che lo ripagherà affidandogli la Formula 1 (eccoli, gli “imprenditori che offrono una possibilità” ai poveri). Intanto un’amnistia lo salva e l’Italia riaccoglie uno dei suoi figli più meritevoli.
Il resto è cronaca: il sodalizio con Santanchè, una che secondo le accuse traffica coi bilanci della sua azienda, non paga dipendenti e fornitori, intasca i Tfr, mette gente in finta cassa integrazione, incassa i bonus pandemia, sfreccia in Maserati, non paga le multe e sta con un tizio che millanta titoli nobiliari (la Casa d’Asburgo-Lorena lo ha diffidato su Facebook), e per tutto ciò è ministra della Repubblica; gli yacht; le tasse a Montecarlo; le top model; le starlette; l’amicizia con Renzi.
Sul finale l’intervistatrice chiede a Flavio: “La sinistra che per definizione dovrebbe difendere i lavoratori ha abdicato alla destra le sue battaglie?”; lasciate stare che non sa l’italiano e pensa che “abdicare” voglia dire “delegare”, il concetto è giusto. Perciò quando Flavio dice senza alcun dubbio: “Per abolire la povertà l’unica strada possibile è creare posti di lavoro”, a noi ne vengono in mente altre due o tre, ma bisogna aver letto Marx o, a mali estremi, saper maneggiare il bastone.
(da ilfattoquotidiano.it)
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