IL GIGLIO MAGICO RESTA A PALAZZO CHIGI: RENZI PIAZZA LOTTI E BOSCHI IN RUOLI CHIAVE
SARANNO LE SENTINELLE DELL’EX PREMIER CHE ORA POTRA’ DEDICARSI AL CONGRESSO E ALLE PRIMARIE PER RITORNARE PREMIER A GIUGNO
Matteo Renzi lascia Palazzo Chigi ma i suoi restano lì. Al termine di trattative veloci ma frenetiche per il nuovo governo Gentiloni, il giglio magico resta, creatura ormai incistata nell’esecutivo.
Arrivati quasi 4 anni fa con il premier toscano, Luca Lotti e Maria Elena Boschi non fanno gli scatoloni per sloggiare da Palazzo Chigi.
Lui voleva la delega ai servizi segreti, un vecchio sogno del ‘Lotti’. Non ci è riuscito, la delega ai servizi se la prende Gentiloni stesso, ma intanto Lotti diventa ministro con delega allo Sport, Cipe ed Editoria.
Lei, il ministro della riforma sconfitta dalle urne di domenica 4 dicembre, diventa invece sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ruolo potentissimo.
Lotti esce sconfitto dal braccio di ferro sui servizi. Alla fine del giro di giostra, le deleghe ai servizi le assume il neo-premier, Minniti è promosso al Viminale, Angelino Alfano trasloca agli Esteri.
Nel tardo pomeriggio si completano poi le ultime tessere del puzzle. Al posto di Stefania Giannini, all’Istruzione ci va Valeria Fedeli, senatrice che viene dalla Cgil, animatrice dell’appello degli ex sessantottini per il sì al referendum.
Altra tessera che si compone all’ultimo minuto è la permanenza di Marianna Madia alla Pubblica Amministrazione: fino all’ultimo pareva sostituita dal franceschiniano Gianclaudio Bressa, ma poi c’era un problema di presenza femminile nel nuovo governo. Madia resta, Bressa dovrebbe restare sottosegretario.
E fino all’ultimo avevano comunicato a Franceschini un trasloco agli Esteri o agli Interni. Resta ai Beni Culturali.
Lotti mantiene la posizione a Palazzo Chigi e avanza di un bel gradino. Diventa ministro senza portafoglio ma con le stesse deleghe che aveva da sottosegretario alla presidenza: Sport, Cipe, Editoria. Esce insomma dall’ombra, da ministro avrà un ruolo più pubblico, per forza di cose.
Quanto a Boschi, ha tentennato dall’inizio di questa settimana. Combattuta sui pro e i contro della scelta, che Renzi formalmente ha lasciato a lei.
Sperando che accettasse di restare nel governo. E infatti, ‘simul stabunt, simul cadent’. Se resta Lotti, resta anche Boschi.
Voleva restare. E ha ottenuto anche un ruolo di prim’ordine.
Come sottosegretario alla presidenza del consiglio, deciderà gli ordini del giorno del consiglio dei ministri, ogni modifica normativa passa dalla sua scrivania, tutti i ministeri sono obbligati a riferire a lei.
E a sera, soddisfatta, si presenta al Quirinale per giurare davanti a Sergio Mattarella: tailleur nero molto formale, lontanissimi i tempi dell’eccentrico completo blu elettrico indossato 4 anni fa nella cerimonia con Giorgio Napolitano.
E Renzi? Lotti e Boschi sono le sue sentinelle dentro Palazzo Chigi.
Un modo per rafforzare la corrente renziana dentro il Pd, alla vigilia del congresso.
E un modo per controllare ciò che avviene nelle stanze di un potere che fino a una settimana fa Renzi gestiva in prima persona.
I due renziani potranno avere un occhio, anzi quattro, sulla partita importante delle nomine in primavera.
Schema perfetto per il segretario del Pd.
Ma non c’è solo questo.
In questa fase “il segretario si apre ad una nuova vita politica, il più possibile distaccata da un governo che formalmente sostiene”, notano fonti di maggioranza Pd. Per dire che sarà suo interesse prendere le distanze anche dai suoi in questo governo, dai volti di una passata stagione che Renzi non vuole e non può rinnegare ma che si trova costretto a rinnovare per ri-vincere il congresso del Pd e candidarsi al prossimo giro che, scommette lui, arriverà entro giugno.
E il fatto che Denis Verdini non abbia garantito appoggio al Senato va bene soprattutto a Renzi, che ha vinto anche in questo: maggioranza fragile, voto anticipato più certo.
(da “Huffingtonpost”)
Leave a Reply