IL PIANO DI RENZI: RIFORME SUBITO CON FORZA ITALIA O CON I DELUSI M5S
LA CATTIVA PERFORMANCE DI BERLUSCONI E NCD METTE A RISCHIO L’ITALICUM? LA SOLUZIONE È IN PARLAMENTO
“Questo paese è migliore di come ce lo raccontiamo. L’Italia è più forte delle nostre paure”. Abito scuro, camicia bianca, cravatta grigia, Matteo Renzi per la conferenza stampa convocata a Palazzo Chigi, è così istituzionale che più istituzionale non si potrebbe.
A commentare i risultati elettorali, si presenta da premier nella pienezza dei suoi poteri. Anzi, con i super poteri.
Nonostante il risultato “tecnicamente straordinario”, particolarmente per “un partito del centrosinistra e in questo momento storico”(e quando lo dice gli brillano gli occhi), nonostante quella “#febbre a 40” che spopola su Twitter, i toni sono sobri, non c’è nessun festeggiamento.
“Responsabilità ” e “umiltà ” le parole che ricorrono di più.
Sul tavolo davanti a lui, Renzi giocherella con il cellulare, in mano ha un fogliettino su cui si è appuntato poche frasi, a penna.
Le linee guida di quello che farà da adesso in poi. Perchè ha un bel dire che “questo non è un voto su di me, ma sull’Italia”. Da subito lui e tutti i suoi hanno chiarito che l’azione di governo ne esce rafforzata.
È arrivata la legittimazione popolare che era mancata al momento della “defenestrazione” di Letta.
Atteggiamento da statista, il primo obiettivo del premier erano e restano le riforme.
“I palazzi del potere non hanno più nessun alibi per non farle”, chiarisce.
Di prima mattina ha parlato con Giorgio Napolitano e a chi glielo chiede la risposta sulle elezioni è netta: “So che vi piacciono tanto, ma ne avrete solo la vostra razione istituzionale”.
Obiettivo dichiarato: fine legislatura, nel 2018. Tutto sta a capire come.
Alla luce del 40% del Pd, c’è il rischio che sia Forza Italia sia Ncd possano mettersi di traverso .
Un pericolo che, però, il premier (che ieri ha sentito Berlusconi al telefono) non teme. “Matteo – spiegano i renziani — non ha ostacoli: la minoranza interna non ha la forza per obiettare e se gli alleati minacciano hanno le armi spuntate visto che un voto anticipato adesso punirebbe chi ha fermato Renzi”.
Sul piatto, la legge elettorale, e soprattutto la riforma del Senato.
E allora, ecco la prima battaglia da combattere: “Mi auguro che nei Cinque stelle ci sia una riflessione. Se questi parlamentari continuano ad utilizzare il Parlamento come luogo di show perderanno i loro elettori. Al tavolo delle riforme nessuno gioca a far confusione o all’inciucio, quindi se volessero portare il loro contributo sarebbero ascoltati”.
E poi, l’appello, quasi evangelico “agli uomini e alle donne di buona volontà ”.
Nella convinzione che si può aprire una “terza via” tra “populismo” e “restaurazione”. Non sono solo parole.
Già a febbraio, all’inizio dell’operazione che avrebbe portato Renzi al governo, alcuni uomini del Pd avevano cercato di portare dalla loro i dissidenti grillini, con l’obiettivo di arrivare a una maggioranza diversa da quella che sosteneva Letta.
Allora non c’erano riusciti. Adesso, l’operazione è ricominciata.
Ad esserne incaricato, tra gli altri, è il vice segretario, Lorenzo Guerini. Ma poi, in molti stanno dando il loro contributo allo “scouting”. E poi ci sarebbe sempre pronto un gruppetto filo governativo di Sel.
“È ripartito il piano inclinato”, spiega un renziano. In una prospettiva di lungo percorso vuol dire arrivare al 2018 con una nuova coalizione, che inglobi quel che resta di Scelta Civica e dei Popolari italiani, Sel e un pezzo di M5S.
Nel frattempo, però, l’asse con Berlusconi resta.
Anche se “Forza Italia ha sbagliato: si sarebbe potuta intestare di più le riforme”.
Un messaggio.
Il sobrio-Renzi-trionfatore ha tutte le intenzioni di imprimere “un’accelerazione” all’azione dell’esecutivo.
Riforme costituzionali e legge elettorale, prima dell’estate. E poi il programma annunciato per la prima volta nella sala al Quirinale, con qualche aggiunta: delega fiscale, probabilmente già giovedì, riforma della Pa, per la quale si pensa a un decreto legge per creare una corsia preferenziale in Parlamento, riforma della giustizia.
E velocizzazione della legge delega sul lavoro.
Poi, c’è il fronte europeo. Al tavolo dei grandi, Renzi a questo punto siederà a capotavola.
E la questione partito. Giovedì ci sarà una direzione con l’analisi del voto, tra due settimane un’assemblea per la nuova segreteria.
I posti vacanti sono molti, a cominciare dal responsabile Organizzazione. Che il partito vada ripensato è chiaro sia a Renzi che ai suoi uomini al Nazareno.
Come, è ancora da vedere. In segreteria dovrebbero entrare le minoranze.
Alle condizioni del segretario, ovviamente.
Il nome ricorrente per il posto da Presidente, lasciato vacante da mesi da Gianni Cuperlo, dovrebbe andare a Paola De Micheli, lettiana.
Dato in entrata anche Matteo Orfini.
Altro equilibrio da ridefinire, quello dei gruppi parlamentari. Alla Camera la guida è affidata a Roberto Speranza, che fu scelto da Bersani. Lui in questi mesi si è affermato come uno degli interlocutori del segretario nella minoranza dem e dunque dovrebbe rimanere al suo posto (a meno che non gli venga offerto un posto non rifiutabile in segreteria).
Alla vicepresidenza, al posto della De Micheli, dovrebbe andare, come vice-capogruppo vicario, Matteo Richetti, renziano della prima ora, che già in questi mesi ha fatto un lavoro di raccordo tra i deputati.
Quel che è certo, è che “la rottamazione comincia ora”.
Wanda Marra
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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