IL PRESIDENTE DELLA FONDAZIONE GIMBE: “ECCO COSA NON TORNA NEI DATI DELLA REGIONE LOMBARDIA”
“SBAGLIATO METTERE ASSIEME DIMESSI E GUARITI E INDICARE IL NUMERO DEI TAMPONI SENZA SPECIFICARE QUANTI SONO DI CONTROLLO. LA REGIONE METTA A DISPOSIZIONE I DATI COMPLETI”
Nino Cartabellotta è il presidente della Fondazione Gimbe e in questi giorni è al centro di un duro scontro con la Regione Lombardia sull’affidabilità dei dati che vengono comunicati quotidianamente dal Pirellone sui pazienti positivi al Covid.
Professore, lei ha parlato di “magheggi”, Fontana ha minacciato querele. Che sta succedendo?
“La Fondazione Gimbe è un ente indipendente che da dieci anni monitora tutte le attività del Sistema sanitario Nazionale, valuta le differenze regionali di qualità di servizi, ticket, mobilità sanitaria, oltre che finanziamento pubblico, livelli essenziali di assistenza, sprechi e altro. In totale indipendenza, la Lombardia si è trovata sul podio quando lo meritava. Ma se ora rileviamo che ci sono delle criticità , la nostra obiettività di ente terzo non ci permette di occultarle “.
Quali sono i problemi?
“Prima di tutto il numero dei dimessi e dei guariti. Rispetto a altre regioni la Lombardia mette tutti in un contenitore unico. Ci sono soggetti che vengono dimessi dall’ospedale, ma non sono guariti e dovrebbero andare in isolamento domiciliare. Finiscono però nella stessa casella verde. Capirà che se metto nello stesso contenitore i dimessi, casi ancora “aperti”, con quelli “chiusi”, il quadro epidemiologico è distorto”.
E’ questo che lei chiama ‘magheggio’?
“Questo nel linguaggio della ricerca si chiama “gaming”, un’operazione non necessariamente volontaria o fraudolenta: ma il risultato è che enfatizza i dati positivi e sottostima quelli negativi”.
Perchè è così importante oggi?
“Perchè la Lombardia, avendo contato in alcuni momenti oltre il 55% dei guariti, ha inevitabilmente influenzato il dato nazionale. Quando ascoltavo la Protezione Civile che diceva “partiamo dalle buone notizie: oggi 3 mila guariti di cui metà in Lombardia”, dei 1.500 non potevamo sapere se erano persone guarite o semplicemente dimesse senza notizia sul loro status di guarigione. Con il virus ancora circolante mettere insieme questi numeri è molto rischioso”.
Ma la questione riguarda solo i dati o anche le decisioni operative che sono state prese sul trattamento di questi positivi dimessi dagli ospedali? I positivi dimessi in teoria dovrebbero rimanere isolati finchè non si negativizzano.
“Noi ci limitiamo a monitorare i dati, perchè non è possibile verificare le decisioni. Il principio è che secondo le indicazioni del Ministero la definizione di guarigione clinica o virologica non presta adito ad interpretazioni. I dimessi comunicati dalla Lombardia non necessariamente sono guariti, ma finiscono sempre nella colonnina verde influenzando il tasso di guarigione nazionale. Inoltre, incrementando il numero dei guariti si ridimensiona anche l’indice Rt che tiene conto della popolazione suscettibile al virus e dei casi chiusi, ovvero i morti e, appunto, i guariti”.
Lei ha parlato anche di una percentuale di tamponi positivi sottostimata. Ce lo spieghi meglio.
“La percentuale dei positivi giornaliera è calcolata sulla base di tutti i tamponi effettuati, anche quelli di controllo, ovvero il famoso doppio tampone che viene fatto per assicurarsi che il paziente si sia negativizzato. Tuttavia, il calcolo corretto deve essere effettuato solo sui tamponi diagnostici, ovvero quelli utilizzati per identificare i nuovi casi. Tenendo conto che in Lombardia circa la metà dei tamponi è di controllo, il conto è presto fatto. La percentuale di tamponi positivi si dimezza”.
Sostiene anche che c’è un problema di ritardo nella comunicazione dei dati. Cosa intende?
“Sono gli asterischi che vediamo nelle infografiche della Regione Lombardia, dati sui positivi e sui morti che vengono comunicati con ritardi anche settimanali, alterando l’indice Rt e altri parametri, perchè la valutazione viene fatta su dati incompleti. Ma il vero “peccato originale” è la mancata disponibilità pubblica dei dati completi”.
Le infografiche non bastano?
“Assolutamente no. Numerose regioni mettono a disposizione sui loro siti istituzionali tutti i dati dettagliati in formato open. Perchè la Lombardia non lo fa? Perchè comunica pochi dati e per giunta parziali? Ho chiesto poco fa in diretta all’assessore regionale al Welfare Gallera di mettere a disposizione di tutti questi dati”.
Fontana dice che quelli veri li manda all’Istituto superiore di Sanità e che li validano loro.
“Non mi risulta che l’Istituto certifichi la validità dei dati. Li aggrega su una piattaforma comune e li analizza, ma la responsabilità della qualità e tempestività dei dati è delle Regioni”.
(da “la Repubblica”)
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