IL RETROSCENA: LE LITI DA BALLATOIO DIETRO LA SCELTA DI GINO STRADA
OGNI PARTITO HA IL SUO CAVALLO E GIRA LA GIOSTRA, CON IL VOTO ALLE PORTE… L’UNICO CHE NE ESCE BENE E’ IL FONDATORE DI EMERGENCY
L’assunto da cui bisogna partire per raccontare la pasticciata storia che ha coinvolto Gino Strada e la sanità calabrese è semplice: nonostante la studiata ambiguità e i pasticci comunicativi del Governo, nessuno ha mai chiesto al fondatore di Emergency di assumere il ruolo di commissario in Calabria.
Fatta questa doverosa premessa, ricostruire la vicenda degli ultimi giorni è utile per raccontare il livello di improvvisazione, se non di schizofrenia, con il quale il Governo gestisce dossier spesso vitali per il futuro del Paese, in una situazione di piena emergenza come quella determinata dal Covid.
Il nome di Strada associato alla difficile situazione della Regione punta dello Stivale viene da lontano. Bisogna risalire a marzo, quando nel pieno deflagrare della prima ondata del virus viene fatto a Jole Santelli. È un dettaglio fondamentale per un motivo: erano mesi che l’esecutivo sapeva che la situazione in Calabria era grave, ed era da almeno sei mesi che i segnali che il commissariamento della sanità locale non stava funzionando. Per questo inizia a girare il nome del medico, nome avanzato da una parte della sinistra locale come suggestione, per sparigliare il campo in un quadro che già allora faceva segnalare immobilismo e affanno.
Non se ne fece nulla, e non solo perchè la compianta governatrice di centrodestra non trovò utile percorrere quella strada, ma soprattutto per un veto che veniva da Roma. Saverio Cotticelli, il primo dei tre commissari che si sono schiantati su questa vicenda, era sì stato nominato dall’allora ministro dell’Economia Giovanni Tria, ma su suggerimento di Giulia Grillo e di Pierpaolo Sileri, all’epoca rispettivamente ministra della Salute e influente senatore del Movimento 5 stelle, con grande apprezzamento di Nicola Morra, l’uomo forte del grillismo in una Regione in cui forte non è mai stato. Porte chiuse a Strada, difesa del proprio uomo nel suo lavoro di risanamento del deficit della sanità regionale e contropotere di fatto in una Regione tra quelle che storicamente meno hanno accolto a braccia aperte il grillismo fra le grandi del Sud.
Cotticelli sbatte sull’ormai famigerata intervista a Titolo V, trasmissione di RaiTre, e Giuseppe Conte ne chiede stentoreamente le dimissioni, che puntualmente arrivano nel giro di ventiquattro ore. Quello che sembrava un pasticcio non era altro che un antipasto del caos che ne è seguito. I 5 stelle iniziano a fare a gara per scaricare il malcapitato, Sileri arriva a dire che la Calabria è stata dimenticata dal Governo, da un pulpito dal quale forse sarebbe stato meglio sentire il silenzio, e Cotticelli va in Parlamento a essere audito per levarsi un paio di macigni dalle scarpe: “Ho lavorato in profonda solitudine, le interlocuzioni con il Ministero sono state un punto dolente”.
La politica, quella che il Governo vuole fuori dalle nomine della sanità , si rimette in moto. Nella prossima primavera ci sono le elezioni, Covid permettendo, e nessuno vuole rimanere fuori dalla partita di potere che si gioca sull’imminente voto. Ovviamente della scelta del successore si interessa il ministro competente, Roberto Speranza. Che individua in Giuseppe Zuccatelli l’uomo giusto. Il curriculum gli dà ragione: già presidente dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas), nel corso degli anni ha avuto diversi incarichi manageriali oltre che nella sua Regione di origine, l’Emilia Romagna, anche in Abruzzo, in Campania e nelle Marche fino ad arrivare lo scorso anno proprio in Calabria per guidare da commissario straordinario l’azienda ospedaliera Pugliese Ciaccio e l’azienda ospedaliera universitaria Mater Domini di Catanzaro, incarichi che lo hanno messo a contatto con Cotticelli. A Catanzaro raccontano che Zuccatelli e l’ex commissario non si sono mai presi, e che il manager ne abbia spesso criticato l’azione, o meglio l’inazione. Quale sostituto migliore per il posto che si era appena liberato?
Abbastanza sorprendentemente, Pier Luigi Bersani è intervenuto martedì sera sulla vicenda calabrese in questi termini: “La persona giusta era Zuccatelli, ma ha pagato per una sciocchezza detta mesi fa e che è saltata fuori al momento giusto”. L’ex segretario del Pd si riferisce ovviamente allo sgangherato video sulle mascherine che ha fatto durare l’incarico del manager poco più che una manciata di ore. Ma perchè la difesa d’ufficio di Bersani? Perchè, e non è un mistero, Zuccatelli è un tecnico d’area che ha sempre orbitato nel bagaglio di relazioni di Liberi e Uguali, il partito in cui milita l’ex segretario del Pd come anche il ministro della Salute, che lo aveva scelto quale uomo di fiducia con una certa esperienza del territorio, sperando di uscire dal pantano.
In molti, a sinistra, vedono nel timing dell’uscita del filmato, risalente allo scorso marzo, una manina politica. La manina dei 5 stelle. I quali, quando è stato nominato Zuccatelli, sono andati su tutte le furie, inchiodando lo stesso Sileri a una lunga videoconferenza dalla quale solo con difficoltà il viceministro si è liberato dal fuoco di fila dei parlamentari calabresi con il più classico dei “vi farò sapere”.
Ecco che a Palazzo incomincia a riaffiorare il nome di Strada. Lo iniziano a pronunciare alcuni parlamentari pentastellati, proprio quelli che a marzo l’avevano osteggiato, come l’uovo di Colombo per risolvere la situazione. La storia dei rapporti tra il fondatore di Emergency e i 5 stelle è turbolenta. All’inizio è un grande amore, più che altro unilaterale, allorchè nel 2013 i grillini appena sbarcati a Roma dovettero costruire in tutta fretta un rabberciato pantheon di viventi da far votare agli attivisti come presidente della Repubblica, personalità con una storia profonda e disparata, infilati a forza in un guazzabuglio online dove figuravano Romano Prodi, Milena Gabanelli e Stefano Rodotà . La spuntò quest’ultimo, calabrese anch’egli, ma in pochi ricordano che in quelle consultazioni online il giurista arrivò terzo, e ottenne quell’ormai mitologica candidatura per il rifiuto prima della Gabanelli, quindi di Strada, che si cavò d’impaccio con un garbato “dopo di me c’è una persona che stimo”. Passano sei anni, ed ecco che il fondatore di Emergency venne scaraventato fuori da quel pantheon dopo che attaccò con un certo garbo il Governo gialloverde: “Quando si è governati da una banda dove la metà sono fascisti e l’altra metà sono coglioni non c’è una grande prospettiva per il Paese”. Carlo Sibilia, attuale viceministro M5s dell’Interno, non la prese benissimo: “Un grazie infinito a Gino Strada per il rispetto mostrato nei confronti di milioni di italiani che hanno votato per le forze politiche che ora governano l’Italia. Ringrazio tutti quelli che aiutano le persone in difficoltà senza mai cercare la visibilità ”.
Allora era ironia, oggi proprio a quella visibilità il Governo, e i 5 stelle in particolare, si sono attaccati come ultima spiaggia nel casino calabrese. I 5 stelle iniziano a far circolare il nome per stoppare le mire di Pd e Leu su quella casella, Giuseppe Conte vede una possibilità di uscire con un colpo di teatro dal pantano. Domenica scorsa la prima telefonata, una richiesta di disponibilità per dare una mano sul versante dei tendoni del triage, dei Covid hotel, degli ospedali da campo. Strada non chiude, risponde con un “parliamone”, si avvia il filo di un discorso che non decolla. Passano i giorni e l’accordo non si concretizza, raccontano che dalle parti di Strada si registra un sostanziale silenzio radio da parte dell’esecutivo per giorni.
Si diffonde la voce di un “tandem”, una formula dai contorni indefiniti, ma che sostanzialmente prevederebbe un tecnico quale commissario ad acta per il risanamento del deficit, a occuparsi di conti e burocrazia, e Strada con un ruolo para-commissariale ad operare sul campo. La voce non viene smentita, anzi, il ministro degli Affari regionali Francesco Boccia lo scorso 12 novembre va a Porta a Porta e spiega che “Strada è già in Calabria”. Il fondatore di Emergency non la prende bene, intuisce che magari l’idea iniziale di un suo coinvolgimento era sincera, ma si sente usato come foglia di fico, come grande nome da spendere per coprire il caos sulla Calabria, che nel frattempo è quasi una settimana che non ha un commissario. Fatto di non trascurabile importanza, perchè il reggente Nino Spirlì, leghista, è in carica per gli affari correnti, è politicamente debole, e per la gestione di una situazione ospedaliera al collasso da quella figura non si può prescindere. Fonti a lui vicine spiegano che decide di non intervenire sulla speculazione mediatica nei suoi confronti, per non alimentare la più classica delle situazioni gravi ma non serie su cui si sta speculando, anche a suo danno. “Un atto di generosità ”, lo definiscono. E spiegano anche che in quei giorni una sua risposta non arrivava non per titubanze o incertezze, ma perchè la domanda non era stata posta. Tradotto: dal Governo non era arrivata alcuna proposta.
“È colpa mia, ma i ministri sapevano”. Partiamo dalla fine nel raccontare l’ultimo capitolo di questa incredibile storia: il mea culpa del premier sulla scelta di Eugenio Gaudio come commissario in Calabria e sulla sua rinuncia lampo. L’ex rettore della Sapienza parla di fuga di notizie, di una moglie che non voleva trasferirsi a Catanzaro, insomma prova a rabberciare una spiegazione per essere stato l’ennesimo che nel giro di ventiquattr’ore prima diventa il salvatore della patria per poi essere scaricato, o ritirarsi, vedete voi.
Appena arrivata la notizia della nomina parte la girandola di articoli: Gaudio è indagato a Catania in un’inchiesta sui concorsi in università . Palazzo Chigi si affretta a mettere una toppa, spiega che la Procura propende per l’archiviazione, fa filtrare un garantismo inconsueto per coloro che hanno fatto del tintinnio delle manette una cifra qualificante del proprio agire politico. Nel Palazzo esplodono i veleni. E sono ancora una volta i 5 stelle a mettersi di traverso, pensando di averla scampata dopo la giubilazione di Zuccatelli, considerando Gaudio una figura ingombrante, con una lunga e solida ramificazione di contatti, ma non con loro. È una fonte pentastellata a far notare un dato curioso. Appena tre giorni prima l’individuazione del magnifico rettore uscente, il fratello, Carlo, era stato designato dal Consiglio dei ministri su indicazione di Teresa Bellanova quale Presidente del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria. Un incarico che dovrà passare per il parere obbligatorio ma non vincolante delle competenti commissioni parlamentari. Parere sul quale sono immediatamente partite speculazioni nei corridoi di Palazzo, così come è iniziato ad affiorare nelle chat pentastellate un vecchio articolo dell’Espresso di sei anni fa: “La Sapienza, lo strano caso del dottorato vinto dal figlio del Rettore. Con il bianchetto”, testatina scandali.
In concomitanza con l’uscita del nome di Gaudio, Strada, che in quel momento non aveva ancora ricevuto alcuna proposta da parte dell’esecutivo, rompe il silenzio. E lo fa in modo tranciante: “Apprendo dai media che ci sarebbe un tandem Gaudio-Strada a guidare la sanità in Calabria. Questo tandem semplicemente non esiste”. Lasciando quantomeno intuire che essere accomunato all’ex rettore era una cosa che non lo aggradava, così come confermano alcune fonti ad Huffpost. Gaudio, accerchiato, molla, Conte fa mea culpa, chiamando i ministri a una corresponsabilità su tutta la vicenda.
L’esecutivo si orienta sul quarto nome, sperando che sia quello giusto. Federico D’Andrea è uno stimato manager che da anni lavora a Milano e dintorni, con buona considerazione bipartisan, un passato nella Guardia di Finanza, anni nei quali è stato tra gli investigatori di punta del pool Mani pulite, stimato da Francesco Saverio Borrelli e Gherardo Colombo. Un profilo radicalmente diverso da quelli che lo hanno preceduto, forse la volta buona in questa disastrata vicenda.
Il Governo, ieri, infine convoca Strada, in videoconferenza, dall’altra parte dello schermo Boccia e il capo della Protezione civile Angelo Borrelli. L’accordo si chiude in fretta, triage, Covid hotel e ospedali da campo la mission di Emergency in Calabria. Strada, d’altronde, ha sempre avuto le idee chiare: “Il mio compito è quello di assistere italiani e stranieri che oggi si trovano in difficoltà perchè lo Stato non garantisce a tutti il diritto alla cura come pure è sancito dalla Costituzione. Il mio lavoro, il lavoro di Emergency, è questo. E penso che il modo in cui possiamo essere più utili a questo Paese, oggi, sia continuare a farlo”. Con queste parole disse no grazie ai 5 stelle che gli offrivano il Quirinale, con parole che immaginiamo simili ha detto sì al governo, mettendo un punto a questa assurda telenovela.
(da “Huffingtonpost”)
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