‘NDRANGHETA, RETATA IN CALABRIA, AI DOMICILIARI IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO REGIONALE TALLINI (FORZA ITALIA)
“HA LAVORATO PER LE DITTE DEL CLAN E IMPOSE L’ASSUNZIONE DEL FIGLIO”…ARRESTATE 19 PERSONE DELLA COSCA GRANDE ARACRI
Anche farmacie e parafarmacie per il clan Grande Aracri erano un business. E nel settore il potente casato mafioso di Cutro, nel crotonese, ha potuto contare anche sul supporto dell’attuale presidente del Consiglio regionale, Domenico Tallini, finito ai domiciliari per concorso esterno in associazione mafiosa e scambio elettorale politico mafioso.
Un problema politico per il centrodestra, che rischia di diventare anche istituzionale e gestionale.
In piena seconda ondata, la Calabria è rimasta senza una guida per la morte improvvisa della governatrice Jole Santelli. A prenderne le redini è stato il suo numero 2, Nino Spirlì, che insieme a Tallini avrebbe dovuto accompagnare la regione a nuove elezioni, con data ancora da fissare a causa del progressivo e apparentemente inarrestabile aumento dei contagi in regione.
Materia – anche questa – che potrebbe finire sul tavolo del governo, ancora impantanato sulla scelta del commissario alla sanità .
Insieme a Tallini, su richiesta della procura antimafia di Catanzaro, guidata da Nicola Gratteri, e per ordine del giudice, i carabinieri hanno arrestato altre 19 persone, tutte a vario titolo accusate di associazione di tipo mafioso, scambio elettorale politico-mafioso, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, detenzione illegale di armi, trasferimento fraudolento di valori, tentata estorsione, ricettazione e violenza o minaccia a un pubblico ufficiale.
Tutti quanti sono a vario titolo considerati affiliati o vicini allo storico casato mafioso di Crotone, che usava una società di distribuzione all’ingrosso di medicinali in una rete di 23 punti vendita fra Calabria, Puglia ed Emilia Romagna, per riciclare denaro sporco.
Un settore nuovo per il clan, in cui i Grande Aracri sono riusciti a farsi strada anche grazie all’aiuto del politico.
Nella fase iniziale del progetto, l’attuale presidente del Consiglio regionale Domenico Tallini, prima come assessore regionale fino al 2014 e poi come candidato alle elezioni per il rinnovo del consiglio regionale dello stesso anno, e ancora successivamente come consigliere regionale, per i magistrati avrebbe fornito al clan un supporto importante. Se non fondamentale.
L’inchiesta “Farmabusiness”
A portarlo alla corte dei Grande Aracri, si legge nelle carte, un suo storico grande elettore, Domenico Scozzafava, anche lui arrestato oggi. Per la procura antimafia, tanto vicino al clan da andare a piazzare su commissione bottigliette incendiarie, ma non nascondeva ambizioni politiche che proprio grazie a Tallini sperava di concretizzare. E che l’uomo avesse un profilo quanto meno ambiguo, l’attuale presidente del Consiglio regionale lo sapeva, così come, si legge nelle carte, “era ben consapevole dì prestare un rilevante contributo all’associazione criminale e che il lusinghiero “ritorno” elettorale provenutogli dai luoghi di elezione di quella cosca era riconducibile al patrimonio dì intimidazione che la cosca stessa indubbiamente detiene”. Ma per anni non gli è importato. Anzi, si è messo consapevolmente a disposizione dei progetti imprenditoriali dei Grande Aracri.
Secondo quanto emerso dall’inchiesta coordinata dal procuratore capo Nicola Gratteri, dall’aggiunto Vincenzo Capomolla e dai pm Paolo Sirleo e Domenico Guarascio, il politico si sarebbe reso disponibile e decisivo su più fronti.
In primo luogo, per eliminare ogni ostacolo burocratico – amministrativo che rallentasse la nascita del “Consorzio Farma Italia” e della società “Farmaeko”, entrambe attive nel settore della distribuzione dei medicinali da banco sul territorio nazionale.
Per questo da assessore al personale della Giunta Scopelliti avrebbe scelto personalmente il responsabile del settore in ambito regionale, ma in più per i magistrati avrebbe anche “concorso a indurre i soggetti preposti a rilasciare la necessaria documentazione amministrativa e certificazione”.
Che in quelle società ci fossero capitali di ‘Ndrangheta – afferma la procura – Tallini lo sapeva perfettamente. Eppure non avrebbe esitato ad entrare nei progetti commerciali relativi alla distribuzione dei farmaci e avrebbe persino imposto l’assunzione alla Farmeko del figlio Giuseppe, entrato in società come consigliere. Quando, spaventato, il ragazzo vuole mollare, è proprio il politico a fare di tutto perchè non succeda.
Tallini padre si sente garantito, sicuro. Nell’affare c’è anche il suo grande elettore e “ambasciatore” presso i Grande Aracri, Scozzafava, che si impegnava “a tenerlo al corrente di tutto ciò che accadesse, minuto per minuto”.
Ecco perchè per la procura non ci sono dubbi che il politico avesse “chiaramente contezza che nell’affare era presente (e non certo come legale) il fratello del boss di Cutro”. A confermarlo, anche la prudenza sempre dimostrata nei contatti con gli uomini del clan. Salvo una volta. È il 5 ottobre del 2014 e una “delegazione” dei cutresi si presenta da lui in assessorato a promettergli appoggi e voti alle imminenti elezioni, come raccontano le conversazioni intercettate qualche tempo dopo. “Te li raccolgo (i voti ndr), non ti preoccupare, e vedi tu che è sempre grazie a lui se partiamo… dobbiamo ringraziare… al momento è forte e probabilmente sarà sempre il numero uno a Catanzaro Mimmo… e non c’è niente… pure che non sale… ma sempre la minoranza”.
E come promesso, alle regionali del 2014 per Tallini arriva una valanga di consensi. Con quasi 10mila voti, all’epoca Tallini è risultato primo degli eletti di Forza Italia nel collegio di Catanzaro.
Quarant’anni in politica dal Msi a Forza Italia
Da oltre 40 anni, con esordio tra gli arrabbiati dell’estrema destra – nella sua città era noto come picchiatore- è entrato in Consiglio comunale per il Msi, per poi scoprirsi più moderato ai tempi di “Calabria libera”, una delle tante leghe regionali che all’alba degli anni Novanta sono diventate casa politica di mafiosi di ogni risma, ex piduisti e chi sognava di spezzare l’Italia per regalare ai clan una nazione.
Un progetto sfumato, con transumanza di molti in Forza Italia. Fra loro, anche Tallini che non ha mai rinnegato il passato ma per il partito di Silvio Berlusconi viene più volte eletto in consiglio comunale, provinciale e alla Regione. All’ultima tornata elettorale, nel gennaio scorso, il suo nome è finito fra gli “impresentabili” individuati dalla commissione antimafia, perchè rinviato a giudizio per corruzione.
Non gli ha impedito di essere eletto, nè di essere scelto dalla governatrice Jole Santelli, di recente scomparsa, come presidente del Consiglio.
Una nomina per nulla condivisa anche all’interno della stessa maggioranza. poi digerita per amor di pace, ma che si è trascinata dietro una serie di polemiche. Nel ruolo ha esordito con il goffo tentativo di far approvare una legge che consentisse di percepire il vitalizio anche ai consiglieri regionali impossibilitati ad arrivare a fine mandato.
La proposta era nascosta in un ordine del giorno monstre e variegato e solo quando lo scandalo è esploso si è deciso di fare un passo indietro.
Non è stato l’unico episodio, al contrario più volte l’opposizione di centrosinistra è stata costretta a lasciare l’aula per protesta. L’ultima in occasione dell’ultima riunione convocata per “congedare” il Consiglio e preparare la Regione per il ritorno alle urne, dettato dalla morte improvvisa della governatrice Santelli. Anche in quell’occasione, l’ordine del giorno – ha denunciato il centrosinistra – era infarcito di nomine, leggi e norme che nulla avevano di “indifferibile e urgente”, unico criterio che consente ad una Regione rimasta acefala di continuare a legiferare.
La questione è finita sul tavolo del ministro Boccia, che adesso potrebbe doversi occupare anche di una Calabria, che dopo essere rimasta senza governatore, continua a perdere pezzi.
(da agenzie)
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