IL SISTEMA BANCARIO TRAVOLTO DALLE SOFFERENZE
FAMIGLIE E IMPRESE NON RIMBORSANO PIÙ I PRESTITI… E I NOSTRI ISTITUTI DIVENTANO SEMPRE PIÙ FRAGILI
Basterebbe ascoltare il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco nei suoi frequenti richiami, ma la politica italiana preferisce far finta di nulla. E anche i risparmiatori, che di cattive notizie in questi anni ne hanno ricevute fin troppe.
Ma il problema c’è, anche se tutti preferiscono non vederlo: le banche italiane non se la passano bene. E cominciano a preoccupare.
I numeri raccontano una storia sempre più inquietante.
Secondo l’ultimo rapporto mensile dell’Abi, l’associazione di categoria del settore del credito, a maggio 2013 le sofferenze lorde sono arrivate a 135,7 miliardi di euro.
Significa che nei loro bilanci le banche italiane hanno crediti verso soggetti in stato di insolvenza, quindi probabilmente non in grado di ripagare il dovuto, per quella somma.
Una cifra colossale. E che è destinata a crescere, perchè anche se la seconda metà del 2013 registrerà una lieve ripresa del-l’economia reale, gli effetti sulle imprese si vedranno con un certo ritardo, e molte aziende ormai soffocate dai debiti probabilmente ormai sono spacciate.
Il ritorno della crescita aiuterà soprattutto quelle appena nate e ancora sane.
Più lunga la recessione, peggiore diventa la qualità dei bilanci delle banche, perchè sale il numero dei soggetti che non riesce a rimborsare i prestiti.
Ma guardiamo le sofferenze sul capitale e le riserve, un indicatore che misura quanto i crediti deteriorati pesino sul patrimonio delle banche e dunque sulla solidità : a gennaio 2013 il sistema italiano aveva un rapporto del 16,95 per cento, a maggio del 17,91.
Un Paese comincia a essere a rischio crisi bancaria quando la percentuale tra sofferenze nette, capitale e riserve arriva al 15 per cento.
Giusto per dare un’idea: la Grecia ha un tasso di sofferenze al 25 per cento, l’Irlanda, che ha già attraversato una crisi bancaria e un disastroso salvataggio a spese dello Stato, al 19.
Le banche sono in grado di affrontare l’emergere di tutti questi buchi nei loro attivi? Non ci sarebbero grossi problemi se gli istituti avessero solide garanzie su cui rifarsi: se l’imprenditore non rimborsa il finanziamento, gli si pignora il capannone, i macchinari e così via.
Ma se le garanzie perdono di valore, come gli immobili che si stanno svalutando pesantemente , allora il problema è più grave, perchè il peso delle sofferenze rischia di essere ben più alto di quello che dicono i bilanci.
Qualcuno — anche alla Banca d’Italia — comincia a preoccuparsi. Come ha scritto su lavoce.info l’economista Carlo Milani, “il tasso di copertura dei crediti deteriorati è collocato su un livello inferiore a quello osservabile prima dello scoppio della crisi”. Nel 2007 per ogni euro di finanziamento deteriorato, le banche avevano fondi per copertura di perdite su crediti di 50 centesimi, nel 2011 ne avevano solo 40 e nel 2012 è sceso ancora.
E la percentuale delle sofferenze coperta da garanzie è salita di poco, dal 32 al 34 per cento a metà 2012.
Il guaio è che è sceso il valore di quelle garanzie, e nessuno sa bene di quanto perchè le banche sono parecchio restie a fare questo genere di conti.
Ma i mercati sanno fare le somme.
Hanno notato, per esempio, che dei 300 miliardi restituiti alla Bce sui 1.000, prestati a tasso agevolato al sistema creditizio, neppure uno arriva dalle banche italiane.
Che, finchè possono, si tengono ben stretti i quattrini (il prestito scade l’anno prossimo). Mediobanca ha annunciato — ma è solo un annuncio — che li restituirà . Altri istituti tacciono.
E c’è chi scommette che alla fine la Bce di Mario Draghi sarà costretta a prorogare i prestiti d’emergenza.
La sfiducia, nella finanza, si paga: perfino Unicredit, che è la banca italiana più grossa, ha emesso pochi giorni fa obbligazioni a due anni per 750 milioni con un tasso di interesse pari all’Euribor più uno spread, cioè una differenza, dell’1,55 per cento. Un po’ alto per una banca così grande e solida, segno che i mercati stanno alzando il prezzo per finanziare le banche.
Anche perchè con le nuove regole europee, in caso di salvataggio il conto non viene più presentato allo Stato in cui la banca ha sede, ma agli azionisti della banca, ai creditori e, se necessario, perfino ai risparmiatori che hanno sul conto corrente una somma superiore a quella garantita in tutta Europa, 100 mila euro.
L’unica notizia positiva per le banche potrebbe arrivare dal ministero del Tesoro: da anni l’Abi chiede un aumento della deducibilità fiscale per le perdite su crediti.
Il ministro Fabrizio Saccomanni ha promesso che, nonostante le ristrettezze del bilancio, un aiutino arriverà .
Ma non può certo risolvere tutti i problemi.
Stefano Feltri
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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