IN CAMPANIA RACCOLTE GIA’ 100.000 FIRME CONTRO L’AUTONOMIA
MA C’E’ ANCHE UN VENTO DEL NORD CHE SOFFIA A FAVORE DEL REFERENDUM
Il vento del Sud a sostegno della campagna referendaria per l’abrogazione della legge sull’autonomia differenziata spira forte. Eccome. Ma questo, a ben pensare, poteva essere finanche scontato. Come era prevedibile che la Campania, terra più popolosa del Mezzogiorno, dove peraltro il centrosinistra governa quasi dappertutto, risultasse (saldamente) in testa nella classifica delle regioni in cui ad oggi sono state raccolte più firme
Quello che, forse, nessuno tra gli stessi promotori poteva immaginare (o sperare) era la portata dei riscontri finora messi in cascina per la campagna avviata con l’obiettivo dichiarato di cancellare un provvedimento — la legge 26 giugno 2024, n. 86: “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione” — voluta fortemente dalla Lega di Salvini e Calderoli e appoggiata non senza qualche maldipancia meridionale dalle altre forze della coalizione di maggioranza. Un testo, per dirla con chi ha lanciato la rincorsa al referendum, che «divide l’Italia e danneggia sia il Sud che il Nord». Proprio dal Settentrione, infatti, e qui sta la vera novità, da qualche giorno ha cominciato a soffiare una brezza, via via più insistente, pro-consultazione abrogativa.
I numeri nazionali
Fatto sta che opposizioni parlamentari e sindacati hanno annunciato di aver praticamente già raggiunto, più o meno in una settimana, quota cinquecentomila firme nell’intera Penisola tra «digitali» e ai banchetti.
Il boom
La Campania, dal canto suo, come spiegano al Corriere del Mezzogiorno i segretari generali di Cgil e Uil, Nicola Ricci e Giovanni Sgambati, particolarmente attivi nel promuovere il sostegno al quesito anti-autonomia, «ha ormai superato quota centomila adesioni»: quasi 88 mila, a ieri pomeriggio, soltanto quelle affidate alla piattaforma online attivata dal 26 luglio.
Nel Settentrione
Ma torniamo al caso Nord. La Lombardia, sempre a ieri, e sempre stando ai numeri forniti dal comitato promotore, viaggiava sopra le 45 mila firme online, l’Emilia intorno alle 25 mila, il Piemonte a quota 20 mila, il Veneto poco sotto le 15 mila e la Liguria poco sopra le 7 mila. Centomila e passa totali, dato peraltro in continua evoluzione, al quale bisogna aggiungere quelli di Friuli, Valle d’Aosta e Trentino e le adesioni racimolate nei punti raccolta «fisici». Numeri che probabilmente devono iniziare a far riflettere (anche politicamente) chi aveva dato per scontato che l’argomento fosse troppo ostico per incontrare l’interesse e l’attenzione dei cittadini da un capo all’altro della Penisola. Tanto più visto che i dati appena citati sono da inquadrare in un contesto aggiornato a circa 420 mila firme digitali.
Il Centro
Il Lazio, con le sue quasi 49 mila firme (sempre online, dato aggiornato al pomeriggio di ieri) guida il gruppo delle regioni del Centro Italia. Seguito da Toscana (23.500 circa), Marche (7 mila) e Umbria (oltre 5 mila).
Mezzogiorno di fuoco
Nel Sud, dopo la Campania, stando ancora ai numeri forniti dai promotori del referendum, ci sono le 37 mila firme digitali raccolte in Puglia, le 22.500 circa della Calabria, le oltre 8 mila dell’Abruzzo e le 6 mila della Basilicata.
Le Isole
Tra Sicilia e Sardegna, a ieri pomeriggio, la raccolta digitale faceva segnare oltre 50 mila adesioni.
Governatori contro
«Si sono raggiunte 500.000 firme, siccome questa è una materia complicata io credo che si stia esprimendo, in questa valanga di cittadini che sono andati a firmare, un doppio sentimento. Uno è un inizio di critica politica seria al governo nazionale. E, poi, credo anche che sia vero che probabilmente questa riforma arriva fuori tempo massimo». Lo ha detto, intervenendo l’altra sera alla Festa dell’Unità di Mantova, il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, affrontando il tema del referendum sull’autonomia differenziata. Il collega Vito Bardi, che guida la coalizione di centrodestra in Basilicata, la pensa diversamente: «L’attuale modello di distribuzione delle funzioni decisionali della Repubblica — ha detto durante un intervento in consiglio regionale — non riesce a produrre che risultati insufficienti per superare i divari territoriali e unificare l’Italia anche dal punto di vista economico». E ancora: «Come tutte le riforme, anche questa ha necessità di essere monitorata con continuità per verificarne la coerenza, per analizzare nel concreto costi-opportunità, per discernere su quali materie è opportuno o meno avvalersene. È di questo che dovremmo occuparci, con serenità, rigore e passione, accettando la sfida del cambiamento».
(da agenzie)
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