INTERCETTAZIONI, VINCONO I FINIANI: SI RITORNA AL TESTO MORBIDO APPROVATO ALLA CAMERA
VINCE LA LINEA DI FINI ANCHE SUI TAGLI AGLI STIPENDI DEI PARLAMENTARI: SI PASSA DAI 300 EURO PROPOSTI DA TREMONTI A 1.400 EURO AL MESE PER DEPUTATI E SENATORI….I FALCHI DI BERLUSCONI E I LEGHISTI COSTRETTI ALLA RESA DI FRONTE AL PERICOLO DELL’ABBANDONO DELL’AULA AL SENATO
Giornata convulsa ieri per il mondo politico, dopo che i direttori dei principali quotidiani
italiani, senza distinzione di opinione o di schieramento, hanno chiesto al centrodestra di fermare la legge sulle intercettazioni in quanto “penalizza il diritto di cronaca, impedisce di dare notizie, viola il diritto dei cittadini ad essere informati, tocca il principio della libertà di stampa, intacca gli stessi principi base della democrazia”.
Prima che il centrodestra commettesse un errore gravissimo, insistendo su una legge bavaglio che tutto è, salvo conforme ai principi liberali spesso richiamati dal governo, i finiani hanno costretto i falchi alla retromarcia: a metà pomeriggio è arrivato l’aut aut di Bocchino che invitava la maggioranza a ripristinare il testo approvato alla Camera, dove era salvaguardato il diritto di cronaca almeno “per riassunto”.
La minaccia era che almeno 12 finiani non si sarebbero presentati al voto al Senato, aprendo di fatto una crisi interna.
E alla Camera sarebbe in seguito andata anche peggio.
I punti “irrinunciabili” dei finiani erano: la possibilità di estendere le intercettazioni ai reati “connessi”, la facoltà di accedere anche alle intercettazioni ambientali, l’autorizzazione ai giornalisti di pubblicare gli atti giudiziari per riassunto, anche senza utilizzare eventuali trascrizioni.
Ora Alfano ha già scaricato sul relatore Centaro le responsabilità di aver voluto giungere al limite della rottura e di aver cambiato le carte in tavola.
Il “salva cronaca” proposto alla Camera dalla finiana Bongiorno sarebbe stato sparire al Senato per colpa insomma di mano ignota.
Se non lo avessero denunciato i finiani per giorni però, mentre la marea della contestazione montava, il governo sarebbe andato avanti con queste norme vessatorie.
Il colmo della situazione venutasi a creare sta nel fatto che stavolta non c’entra nemmeno Berlusconi: fosse per lui la norma andrebbe ritirata per un semplice motivo. E’ inutile, così com’è diventata, solo un compromesso al ribasso. “L’avevo detto io: le interecettazioni si devono poter fare solo per mafia e terrorismo, e voi ci avete messo pure la corruzione, a questo punto a che serve?”.
Insomma avrebbe dovuto servire al premier, ma a questo punto è inutile e se ne può fare a meno.
Ma i finiani hanno colpito anche sulla manovra economica: mentre Tremonti avrebbe tagliato solo il 10% degli stipendi dei parlamentari e oltre la soglia di franchigia di 80.000 euro, con una riduzione di fatto di 302 euro al mese per chi ne guadagna oltre 15.000, è sceso in campo Fini in persona.
Che è successo?
In pratica Fini ha avocato a a sè, in qualità di presidente della Camera, la gestione dei tagli e ha notificato le sue intenzioni: taglio del 15% non sullo stipendio base di 5.486,58 euro come volevano i furbetti, ma su 9.489 euro, compresa qundi anche la diaria.
E inoltre tagli del10% alla retribuzione dei funzionari che superano il tetto dei 90.000 euro lordi l’anno, congelamento degli esodi anticipati, cancellazione delle baby pensioni, misure per dimezzare in tre anni la spesa per gli affitti (35,3 milioni attualmente).
Certamente si può fare anche molto di più, ma senza l’intervento dei finiani ieri sarebbe andata peggio per la libertà del nostro Paese.
Chi sostiene che una minoranza interna non serve al Pdl, ieri è stato servito.
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