INTERVISTA A GIOVANNI MARIA FLICK: “I CARTELLI E LE MANETTE? CONDOTTA INDECOROSA. NO ALLA PRESCRIZIONE DI BONAFEDE”
“E’ TEMPO DI UNA RIFORMA ORGANICA DELLA GIUSTIZIA”
“Se in principio c’è stata perplessità per il metodo in cui è stato dato il via libera alla riforma della prescrizione di Bonafede e, subito dopo, c’è stato sconcerto per il compromesso che il governo pretendeva di raggiungere distinguendo condannati e assolti in primo grado, oggi posso dire che da parte mia c’è amarezza”.
E l’amarezza di cui parla Giovanni Maria Flick riguarda la “profonda crisi”, per usare parole sue, della giustizia.
All’indomani dell’inaugurazione dell’anno giudiziario e delle cerimonie fatte in corte di Cassazione prima e nelle corti d’Appello poi, resta l’allarme lanciato dal primo Presidente della Suprema corte sul “carico insostenibile” che nei prossimi anni potrebbe gravare sulle sezioni penali della Cassazione se alla riforma entrata in vigore il primo gennaio non dovesse aggiungersi un intervento più organico in materia. E restano due immagini: la prima arriva da Milano, la seconda da Napoli.
Nel capoluogo lombardo gli avvocati, in polemica con la presenza di Piercamillo Davigo, chiamato a rappresentare il Csm, sono usciti dall’aula portando dei cartelli in mano. Sui fogli i richiami a tre articoli della Costituzione. A Napoli, invece, i legali hanno sfilato con la toga sulle spalle e le manette ai polsi, in polemica con la ‘nuova’ prescrizione voluta dai 5 stelle. Sono immagini che per il professor Flick, già Guardasigilli, presidente emerito della Corte costituzionale, restituiscono l’idea di un “battibecco un po’ indecoroso”. Lo scontro tra magistrati e avvocati per Flick è che la conseguenza dell’attitudine a “non affrontare i temi della giustizia in maniera globale, limitandosi a interventi singoli o, addirittura, a lavorare sulle questioni partendo non dalla testa ma dalla coda”.
Professore, il primo presidente della Corte di Cassazione, Giovanni Mammone, ha lanciato un allarme: senza correttivi, la riforma della prescrizione metterà in crisi la Suprema Corte, perchè la graverà di carichi di lavoro insostenibili. Cosa ne pensa?
Il presidente ha espresso una serie di critiche di merito molto articolate sulla nuova legge. E, soprattutto, ha ribadito un concetto mai abbastanza sottolineato: è dalla fine degli anni ’90 che non sono state fatte riforme di carattere organico della giustizia. Ci sono stati solo interventi settoriali, frammentari, che lasciano permanere le criticità . Il presidente ha lanciato un segnale estremamente serio. Non è più la solita lamentela che eravamo abituati a sentire in passato. Non si dice più soltanto “dateci più soldi, dateci più magistrati” ma “dateci più riforme, fate interventi legislativi che affrontino tutte le criticità della materia”. Io condivido il suo ragionamento perchè, come ho detto in altre occasioni, il metodo di partire dalla coda è sbagliato. C’è poi un altro aspetto rilevante nel discorso del presidente, riguarda la scopertura dell’organico: quella dei magistrati è del 9,83% e quella del personale amministrativo è del 22,82%. Un fattore tutt’altro che irrilevante, che richiederebbe quantomeno una valutazione approfondita. C’è, però, un altro messaggio importante che è stato lanciato nell’Aula magna della Cassazione. L’ho ascoltato nel discorso del procuratore generale, Giovanni Salvi.
Quale?
La richiesta della sobrietà nella comunicazione. Esattamente il contrario (mi sembra) di quanto avvenuto ieri, 1 febbraio. Mi riferisco al comportamento avuto da alcuni avvocati nell’inaugurazione dell’anno giudiziario in alcune corti d’Appello. E di quello avuto, in precedenza, da alcuni magistrati, che è stato la premessa di quanto accaduto ieri. Il pubblico ministero non deve cercare consenso nell’opinione pubblica, deve semmai cercare di dare e di riscuotere fiducia. Una comunicazione enfatizzata rischia di sovrapporre i valori che il pm ritiene di dover far valere, e che sono proposti dall’opinione pubblica, ai valori fondamentali della Costituzione. Ecco, tutto ciò provoca quel ‘battibecco indecoroso’ a cui stiamo assistendo da qualche tempo.
Si riferisce ai cartelli contro Davigo a Milano e alle manette che gli avvocati hanno messo a Napoli, in dissenso con la riforma Bonafede. Gesti forti ma un po’ eccentrici, non trova?
Uno stile che non condivido, che ho contestato anche in passato. Non mi piacque quando, nel 2002, i magistrati sfilarono, a Milano, il giorno dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, alzando la Costituzione contro ‘le leggi di Berlusconi’. E, a maggior ragione, non mi piace quello che è successo ieri. Io credo che, soprattutto in un momento come questo, sia necessario un minimo di rispetto delle istituzioni. Capisco la risposta alle reciproche provocazioni, ma non mi pare il caso di tenere comportamenti del genere che mi sembrano lontani dalla professionalità , come ha detto il procuratore generale in Cassazione. Penso che lo scontro cui abbiamo assistito sia la conseguenza di un metodo sbagliato e dell’assenza di un intervento legislativo organico. È come dire che alla signora la quale chiede se è incinta, il medico risponda “un poco”. In principio, da parte mia, c’è stata perplessità per il modo cui è stato dato il via libera alla riforma di Bonafede. Dopo c’è stato sconcerto per il compromesso che il governo Conte bis proponeva di raggiungere al suo interno distinguendo condannati e assolti in primo grado. Oggi posso dire che c’è amarezza.
Amarezza per cosa?
Per la situazione che si è nuovamente creata tra magistratura e avvocatura. Sembrava si fosse aperto un dialogo tra le due categorie. I recenti fatti, invece, dimostrano come ci la contrapposizione si stia via via inasprendo. E tutto ciò fa male alla giustizia. Una giustizia che, peraltro, già esce con le ossa un po’ rotte dallo scandalo che ha investito il Csm nella primavera scorsa.
Lei prima faceva riferimento ai pm che “cercano il consenso nell’opinione pubblica”. Ci spiega meglio?
Non è più tempo del pubblico ministero che propone la sua posizione come quella del ‘cavaliere senza macchia e senza paura, portatore di valori suoi’, come mi sembra abbia indicato il procuratore generale in Cassazione. Sono i valori della Costituzione che contano; e uno dei primi tra quei valori è il dialogo, il confronto continuo. Non il proposito di ‘rivoltare l’Italia come un calzino’. Anche se naturalmente chiunque ha la libertà di manifestazione del pensiero.
A proposito di questo, gli avvocati che hanno sfilato a Milano contestavano a Davigo le sue opinioni sulla prescrizione e alcune sue esternazioni sul ruolo della difesa. La colpisce il fatto che si arrivi a definire sgradita la presenza di un rappresentante del Csm per un pensiero che ha espresso?
Io mi auguro preliminarmente che le opinioni dei magistrati, come quelle degli avvocati, abbiano una certa sobrietà . E mi sembra che questa non ci sia nè da una nè dall’altra parte. Certamente ognuno ha diritto ad avere la propria opinione, ma non si può negare che si sia creato un corto circuito dannoso; ferma restando la perplessità di fronte a chi contesta e rifiuta la presenza di una persona che rappresenta il Csm. Chi ha a cuore le sorti della giustizia non può che essere rammaricato.
(da “Huffingtonpost“)
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