INTERVISTA ALL’ECONOMISTA BOERI: “QUESTO DECRETO LAVORO AGGIUNGE ANCORA PIU’ PRECARIETA'”
IL DOCENTE DELLA BOCCONI: “IN LINEA CON LE POLITICHE DEL LAVORO DI SACCONI: SCARSA FORMAZIONE E MODESTI SALARI”
«È un decreto in continuità con le politiche del lavoro degli ultimi anni che portano la firma dell’ex ministro Maurizio Sacconi: lavoro con scarsa formazione, produttività e remunerazione piuttosto basse».
Tito Boeri, economista alla Bocconi, fondatore del sito lavoce.info, commenta il decreto Lavoro approvato con voto di fiducia a Montecitorio, che modifica l’attuale normativa sull’apprendistato e sui contratti a termine.
Decreto rispetto al quale non ha mai nascosto il suo dissenso, immutato anche dopo le modifiche parlamentari
Un decreto che risponde alle esigenze di chi, secondo lei?
«È chiaro che l’idea di base è condivisibile, ed è quella di stimolare la creazione di posti di lavoro, contando sul fatto che la ripresa sia alle porte. Il punto è che ci sarebbero state altre strade, a mio avviso più utili, per raggiungere l’obiettivo: un contratto a tutele progressive avrebbe avuto il senso, pur a fronte di una maggiore flessibilità in ingresso, di puntare effettivamente alla stabilizzazione. I contratti a termine e di apprendistato così come ci vengono proposti, invece, finiranno per rafforzare il dualismo contrattuale già in essere. Si sarebbe dovuto spingere le imprese a ridurre le distinzioni, invece che ad accentuarle».
Secondo lei, dunque, i passaggi parlamentari, con relative modifiche, non hanno cambiato granchè del decreto.
«Non è cambiato molto, in effetti. La riduzione del numero di proroghe (da 8 a 5, ndr) è positiva, ma la previsione di una sanzione pecuniaria al posto dell’obbligo di assunzione nel caso di sforamento del tetto del 20%nel ricorso a contratti a termine è una sostanziale ipocrisia. Ora si pagherà di più, ma non è comunque molto e, peraltro, non si tratta nemmeno di soldi dovuti ai lavoratori. Aggiungo che questo tetto del 20% rischia anche di aprire controversie giuridiche, perchè già oggi esistono settori, come ad esempio quello del legno, in cui la soglia è fissata al 35%. Credo che, abbastanza rapidamente, il peso dei contratti a termine nel panorama complessivo salirà dal 12-13% attuale al 20%, e per quanto riguarda le nuove assunzioni arriverà pressochè al 100%, eccezion fatta per qualche figura particolarmente specializzata. Il problema è anche che la trasformazione in contratti a tempo indeterminato sarà più difficile, perchè è aumentata la distanza tra le due tipologie».
Il governo potrebbe replicare: meglio essere assunti a tempo determinato che non essere assunti affatto.
«Certamente. Ma ancora meglio sarebbe avere un contratto a tutele progressive, che vada nella direzione di ridurre l’attuale dicotomia del mercato del lavoro».
Questo dovrebbe essere solo un primo intervento in materia.
«Intervento che però si pone in aperto conflitto con una possibile seconda fase. Per la quale, comunque, non mi pare ci sia l’intenzione di procedere. Aver liberalizzato così tanto il contratto a termine con il decreto approvato, mi sembra ponga di fatto, al di là delle formalità , la parola fine all’ipotesi di contratto a tutele progressive».
Lei prima ha accennato alla ripresa, ma sembra che il suo ritmo in Europa continui a divaricarsi: nel primo trimestre dell’anno il Pil italiano ha ripreso a scendere.
«Non è un dato sorprendente, visto che già quello sulla produzione industriale era stato negativo. È chiaro che la ripresa italiana si preannuncia asfittica. Puntare sulla crescita oggi significa anzitutto, oltre a ridurre le tasse sul lavoro come in effetti è stato fatto, anche se si sarebbe potuto operare sui contributi sociali, accelerare davvero i pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione».
(da “La Repubblica”)
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