“JOBS ACT ENTRO 30 OTTOBRE, SENZA RIFORME SI VOTA”: COSI’ PARLO’ IL LEADER DELLA DESTRA ECONOMICA RENZI
IL PREMIER SCATTA SULL’ATTENTI DI FRONTE ALLE RICHIESTE DEI POTERI FORTI EUROPEI … CRITICO FASSINO: “QUESTO E’ IL PROGRAMMA DELLA DESTRA”
Matteo Renzi lo ripete anche all’uscita dall’Aula, scherzando con i cronisti: “Il titolo di domani è il lavoro. Che altro vi devo dire?”. Già , il titolo.
Segno che è questo il messaggio che il premier vuole recapitare non tanto alla sua maggioranza, ma innanzitutto all’Europa che chiede riforme strutturali e che considera quella sul mercato del lavoro la madre di tutte le riforme.
Il titolo è che il governo è pronto a varare un decreto, se la discussione andrà per le lunghe: “Se saremo nelle condizioni di avere dei tempi certi e serrati per la riforma del lavoro — dice Renzi in Aula – allora rispetteremo il lavoro del Parlamento e ci attrezzeremo per la delega altrimenti siamo pronti a intervenire con provvedimenti d’urgenza, perchè non possiamo perdere un secondo di più”.
La data cerchiata in rosso è il 30 ottobre. Se entro quel giorno il jobs act sarà legge dello Stato, bene, altrimenti via libera al decreto.
Proprio di questa road map il premier ha parlato in mattinata con i capigruppo del Pd di Camera e Senato Roberto Speranza e Luigi Zanda.
E ne ha parlato nei giorni scorsi col ministro Poletti. Il lavoro è in fase avanzata se è vero, come raccontano fonti informate, che sulla scrivania del responsabile economico del Pd, Filippo Taddei, si sono già i “testi”, frutto già di un confronto con i gruppi e i tecnici del ministero.
Nel momento cioè in cui in Parlamento è in discussione la legge delega, il governo ha già pronti i decreti legislativi. È chiaro che, di fronte a un qualunque intoppo parlamentare, basta un copia incolla per trasformare il decreto legislativo in decreto legge.
Stefano Fassina, un critico loquace, spiega così l’accelerazione: “Al di là della retorica contro l’establishment italiano e europeo, è evidente l’adesione di Renzi all’agenda europea della destra e della Merkel”.
E si spiega all’interno di questa trama il motivo per cui, al termine della discussione parlamentare Angelino Alfano diffonde una nota particolarmente morbida, “sdraiata” dicono i critici di Ncd, dopo che la sua capogruppo Nunzia De Girolamo aveva fatto un intervento critico: “Su giustizia e lavoro — dice Alfano – Renzi coraggioso e riformatore. Solo un governo con dentro il Nuovo Centrodestra può e potrà realizzare queste svolte”.
Sono le parole di chi teme il voto anticipato. E vuole evitare finchè si può, diversamente dalla sua capogruppo, di costruire alleanze con Forza Italia e Berlusconi. Perchè voto e riforme viaggiano in parallelo.
Nel senso che in molti hanno letto nel discorso di Renzi il tema delle elezioni anticipate: “Ci ha detto — spiega un Pd di rango — ecco quello che ci chiede l’Europa e quello che si deve fare. Se non me lo fate fare, si vota”.
E non sarebbe un caso che, se per la riforma del lavoro la dead line è il 30 ottobre, sulla legge elettorale ha usato l’aggettivo “subito”. Subito, in modo da avere una pistola sul tavolo in vista della complicata trattativa autunnale.
Non è un caso che, nel discorso pomeridiano a palazzo Madama, il premier evoca la minaccia: “Andare a votare dal punto di vista utilitaristico potrebbe essere una buona idea, ma prima delle esigenze particolari di un partito politico e di un gruppo dirigente viene l’interesse del paese”.
Ed è proprio attorno a questa minaccia che si è accesa l’attenzione di Silvio Berlusconi. La parole di fuoco pronunciate da Brunetta non corrispondono al suo pensiero, come non corrisponde al suo pensiero la proposta, comparsa sul Mattinale, di un governo di salute pubblica.
Però il Cavaliere vuole capire meglio che orizzonte vuole dare Renzi alla legislatura, visto che il Patto del Nazareno si fonda sulla rinuncia a elezioni anticipate, per le quali, evidentemente, Forza Italia non è pronta.
E sebbene Verdini vada ripetendo che quella di Renzi è solo tattica per “spaventare i suoi e non avere problemi interni sulla riforma del lavoro e su quella elettorale”, l’ex premier non ha capito l’accelerazione.
E non è un caso che l’incontro con Renzi non è ancora in agenda.
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